Con un referendum abrogativo del 1993 promosso dai Radicali, il 90,3% degli elettori votanti (77%) ha deciso di abrogare il finanziamento pubblico dei partiti. Partiti che non si sono dati per vinti, e hanno in breve tempo rimediato al brutto colpo subito.
Già nel 1996, tre anni dopo la consultazione referendaria, si è subdolamente reintrodotto un meccanismo di finanziamento pubblico. Nel 1999 arriva la famigerata legge sul “rimborso elettorale” (chè chiamarlo di nuovo “finanziamento pubblico” non si può), che viene quantificato in 800 Lire per ogni voto.
STRANI RIMBORSI – Ho scritto “rimborsi” perché in realtà questo è puro e semplice (ampio, amplissimo) finanziamento pubblico ai partiti dato che, come attesta la Corte dei conti, per le politiche del 2006 i partiti hanno speso un quarto di quello che è stato rimborsato loro: 117,3 milioni contro 498,5 milioni. I partiti quindi si trovano le casse piene di denaro generosamente versato loro dallo Stato. Ricordatevelo la prossima volta che, per esempio, sentirete parlare di loft o vedrete le città innondate di cartelloni immensi con faccioni di politici; è tutto denaro nostro con il quale i partiti e i politici fanno gli splendidi. Splendidi con i soldi altrui. Denaro che è alla portata anche dei partiti più minuscoli. Infatti, altra porcata parassitaria, non è necessario avere eletti in parlamento per spartirsi il denaro: basta superare l’1%. Praticamente un incentivo all’accattonaggio. L’Udeur di Mastella non si è presentato alle elezioni del 2008, nessun problema perché potrà usufruire fino al 2011 dei fondi della scorsa legislatura. Stesso discorso per i socialisti di Boselli, i quali per soli 8942 voti non hanno raggiunto l’1% utile per far scattare i rimborsi; tranquilli, ci sono sempre quelli della scorsa legislatura validi fino al 2011.
VOLONTARIETA’ vs. COSTRIZIONE – Si sente spesso dire che dobbiamo combattere la degenerazione dei soldi pubblici dati ai partiti ma che in linea di principio il finanziamento pubblico alla politica è una cosa buona, serve solo più moderazione. Chi scrive invece pensa che non esista un solo motivo valido per il quale una parte dei nostri soldi venga devoluta obtorto collo a quelle entità chiamate partiti. Non è vero che il finanziamento pubblico stronca la corruzione, non è vero che aiuta a far fare carriera politica a chi non è ricco, non è vero che in definitiva favorisce il processo democratico di un Paese. Questo “rimborso elettorale” assomiglia molto ad un’altra truffa italiana, quella dell’otto per mille. Truffa nella quale la Chiesa Cattolica si mangia ingiustamente la grandissima parte della torta a disposizione. Il meccanismo è sempre quello: non esiste la volontarietà dell’offerta, esiste solo la costrizione in nome di un fantomatico “bene comune superiore”. I partiti non devono guadagnarsi le nostre donazioni, non devono chiedere nulla, a loro tutto è dovuto e fanno gli offesi e gridano al “rischio per la democrazia” se sei stanco di essere costretto a dare loro soldi. Se vogliamo che l’Italia diventi un Paese più civile, più vivo e più dinamico dobbiamo far sì che la volontarietà diventi la regola comune, altrimenti rimarremo per sempre dei sudditi ai quali viene sempre detto da terzi cosa è meglio per loro. Si limitassero a cacciare i soldi e stare zitti, pensiamo a tutti noi, grazie.