Vittorio Feltri dice che dare la cittadinanza onoraria a Liliana Segre è una «moda scema»

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Il direttore di Libero contro le iniziative per onorare la senatrice a vita sopravvissuta ai lager nazisti

Con qualche giorno di ritardo sulla tabella di marcia (e della cronaca nazionale), il direttore di Libero parla delle varie cittadinanze onorarie proposte in onore della senatrice a vita sopravvissuta all’orrore dei lager nazisti. Le parole di Feltri su Segre sono tra il dolce e l’amaro: da una parte esalta la figura della donna che deve essere necessariamente rispettata per la sua storia; dall’altra critica la corsa di diverse amministrazioni comunali per insignire la senatrice della propria cittadinanza.



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E i casi più recenti sono quelli di Sesto San Giovanni e Biella, ma in passato c’è stata anche Pescara, prima del dietrofront. Il rifiuto delle maggioranze (tutte di centrodestra) di insignire questo riconoscimento simbolico a Liliana Segre ha provocato molta indignazione, soprattutto nel mondo della sinistra. Secondo Vittorio Feltri, però, il tutto assume contorni poco lucidi trasformando queste cittadinanze onorarie in una vera e propria moda.



Feltri su Segre e le cittadinanze onorarie

«Trovo ridicolo e perfino assurdo che si sia scatenata la corsa a conferire la cittadinanza onoraria alla senatrice da parte di molti Comuni – scrive Vittorio Feltri su Segre nel suo editoriale pubblicato martedì 26 novembre su Libero -. Molti dei quali fanno a gara ad attribuirgliela, una sorta di competizione insensata tesa a garantire pubblicità a gente che non mira ad altro che farsi bella». In sintesi: secondo il direttore di Libero Quotidiano, l’onorificenza alla senatrice a vita nasconde, spesso e volentieri, la voglia di apparire di alcune amministrazioni.

Tirata per la giacchetta dalla Sinistra

L’editoriale di Feltri si conclude spiegando che, secondo lui, la stessa Liliana Segre si sia stufata di essere tirata in ballo quotidianamente dalla sinistra, finendo nel mirino delle polemiche proprio per via di questa esposizione mediatica senza precedenti. Il tutto però, spiega il direttore di Libero, sempre rispettando la sua storia che non può essere negata.



(foto di copertina: ANSA / MATTEO BAZZI)