Il post di Enrico Galmozzi, fondatore di Prima Linea, contro Salvini: «Una volta consegnavamo i proiettili di persona»

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L'uso disinvolto di Facebook

Un post su Facebook arriva in pieno pomeriggio. Contiene una minaccia a Matteo Salvini, ma non è una busta accompagnata da un proiettile. Paradossalmente, quelle parole fanno più male. A scriverle è Enrico Galmozzi, fondatore di Prima Linea, giudicato colpevole degli omicidi di Enrico Pedenovi e di Giuseppe Ciotta. Alla fine, la condanna a 27 anni. Nel 2019, utilizza Facebook in maniera sistematica, per scrivere post come questo.



Il post di Enrico Galmozzi che inneggia agli anni di piombo

«I proiettili in busta non mi fermeranno – Enrico Galmozzi cita Matteo Salvini -. Giù la testa coglione, non fare il cinema che ti va di culo: una volta, invece di spedirli, li consegnavamo di persona». È un chiaro riferimento agli anni di piombo, alle azioni politiche con cui – terroristi di sinistra e di destra – ammazzavano bersagli ritenuti in qualche modo parte di un sistema che volevano combattere. Gli omicidi per cui Galmozzi è stato condannato risalgono al 1976 e al 1977. La sua storia successiva è nota al grande pubblico anche per i suoi legami con la compagna Giulia Borrelli nelle aule bunker dei processi istruiti per quelle azioni.



Chi è Enrico Galmozzi

Oggi, oltre a rilasciare interviste su blog di informazione alternativa e oltre a pubblicare libri che fanno una sorta di resoconto della propria militanza, Enrico Galmozzi – oggi grossista di scatole per gioielli a Milano – utilizza attivamente Facebook, soprattutto per attaccare Matteo Salvini e per scagliarsi contro ogni forma di politica di destra. Lo fa tuttavia con un atteggiamento di sfida costante, quasi a voler riproporre la propria vicenda personale davanti agli occhi di tutti. E anche se il suo profilo – pubblico – in realtà conta poco più di 200 followers, il post su Salvini ha ottenuto un numero incredibile di condivisioni e di interazioni in generale.

Prima Linea, l’organizzazione fondata da Enrico Galmozzi, è stata seconda in Italia solo alle Brigate Rosse per numero di persone colpite (39 di cui 16 uccise), di azioni armate (101 attentati rivendicati) e per numero di aderenti. Diversi esponenti di quel gruppo terroristico hanno avuto una vita successiva improntata all’impegno politico e alla riabilitazione. Ma raramente qualcuno ha fatto delle minacce e dei riferimenti così espliciti e pubblici a un’istituzione italiana.