La richiesta della famiglia di El Mimo: “Non diffondete notizie false, mai avviata una raccolta fondi”

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L'associazione Abogadas Feministas Chile invita a un maggiore controllo della veridicità delle informazioni divulgate sulla morte di El Mimo

Ha generato profonda tristezza e indignazione la storia di Daniela “El Mimo” Carrasco, la giovane artista di strada cilena che aveva preso parte alle proteste contro il Governo. La 36enne è stata ritrovata morta circa un mese fa, impiccata per la precisione. Il suo corpo senza vita si trovava nella periferia di Santiago, città in piena protesta civile contro la presidenza di Sebastián Piñera.



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La dichiarazione della famiglia di El Mimo

Dallo scorso 20 ottobre, data in cui il corpo di El Mimo è stato ritrovato appeso a una recinzione di ferro nel parco André Jarlan a Pedro Aguirre Cerda (comune vicino Santiago del Cile), le notizie sono state tante e spesso contraddittorie. Si è parlato di suicidio, ma anche di ripetute torture e violenze da parte delle forze dell’ordine e dunque di omicidio. Addirittura, un atto dimostrativo, proprio a sfondo politico: un monito, insomma, per placare le mobilitazioni.



Le indagini sono ancora in corso e in queste ultime ore l’ipotesi dell’omicidio si è affievolita, a favore di quella del suicidio. Ad avvalorarla, una lettera, ma anche la smentita dei segni di violenza sul corpo della ragazza.

La storia di Daniela Carrasco ha mobilitato diverse associazioni femministe, sensibili al tema delle violenze sulle donne: per loro El Mimo sarebbe l’ennesima vittima femminile delle forze dell’ordine, perché secondo alcune versioni circolate in rete la ragazza, prima di morire, era con i carabineros. Ipotesi, questa, smentita dal rapporto del medico legale, che ha invece escluso lesioni fisiche derivanti da violenze sessuali attribuendo la causa della morte della ragazza a un soffocamento da impiccagione.



L’associazione Abogadas Feministas Chile dopo essersi messa in contatto con la famiglia di El Mimo si è offerta di occuparsi del caso pro bono. Attraverso il suo canale ufficiale Twitter l’associazione, che ha ribadito che le indagini sono ancora in corso, si è anche fatta portavoce di un messaggio importante, proveniente direttamente dalla famiglia della ragazza.

Vogliamo anche chiarire, su richiesta della famiglia di Daniela, che loro non hanno richiesto denaro attraverso i social network. Queste informazioni non giovano alla famiglia e costituiscono un’aggravante al loro dolore. Esortiamo cittadini, organizzazioni e media a elevare gli standard etici e professionali in modo da non violare la memoria di Daniela e la sua famiglia, né delegittimare il movimento sociale con notizie false senza fonti verificabili.