Tira aria di cripto-condono per gli investitori italiani

Categorie: Cyber security

Depositato il 30 marzo in Senato un nuovo disegno di legge: «Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio»

Un nuovo disegno di legge è stato depositato il 30 marzo scorso per tentare di tassare gli investimenti in criptovalute. Anche Guardia di Finanza e Agenzia delle Entrate stanno affrontando i problemi circa la possibile tassazione delle cripto proposta da Botto e Zanichelli, secondo quanto riportato da MF-Milano Finanza. Negli ultimi mesi, infatti, vari disegni di legge hanno introdotto al cripto condono. L’obiettivo è quello di portare alla luce, come avvenne in passato con i patrimoni dei ricchi italiani nascosti nei paradisi fiscali, le plusvalenze, con tassazioni una tantum non eccessivamente importanti.



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Viene depositato un disegno di legge che propone di disciplinare la tassazione delle criptovalute

Nel nostro Paese, non ci sono normative che disciplinano il trattamento fiscale per i possessori di criptovalute come Bitcoin, Ethereum, Dogecoin e altre valute digitali circolanti su diverse piattaforme blockchain. Fiscalmente, la proprietà delle criptovalute viene reputata allo stesso modo delle valute estere. Quindi, il loro valore va inserito nella sezione RW della dichiarazione dei redditi 730. Tuttavia, questa sezione è solo dichiarativa e non si somma ad altre fonti di reddito che vanno, poi, a costituire il reddito complessivo di una persona fisica. Ad oggi, dunque, solo chi possiede criptovalute per un valore maggiore di 51.645,59 euro per almeno 7 giorni consecutivi deve pagare le tasse. Se questo importo viene superato, verrà applicata un’aliquota fiscale del 26%, come per chi detiene valuta estera.



Che cosa cambia ora? Uno degli ultimi documenti in materia è il disegno di legge firmato da Elena Botto – ex MSS ora Gruppo Misto – e depositato a fine marzo in Senato – dal titolo «Disposizioni fiscali in materia di valute virtuali e disciplina degli obblighi antiriciclaggio» – il quale tenta di introdurre disposizioni che disciplino la materia. Il testo prevede aliquote pari, rispettivamente, all’8% – per chi ha criptovalute in portafoglio fino a 500 mila euro -, 9% – per chi ne ha da 500 mila euro ad 1 milione -, e 10% – oltre il milione di euro. Secondo tale proposta di legge, allora, non sarebbe più possibile tassare le criptovalute automaticamente per il solo caso in cui si superi la soglia di 51.645,59 euro, ma dovrebbero essere soddisfatte più condizioni insieme, ovvero altre due: aver acquistato beni tramite criptovalute ed il relativo cambio in euro o, in generale, valuta fisica. Dunque, verrà esentato dal pagamento delle plusvalenze chi detiene Bitcoin e non li utilizza, né li hanno convertiti in valuta FIAT. Il crypto-to-crypto trade, infatti, si ritiene non generare plusvalenze. Il disegno di legge, quindi, propone aliquote contenute se si pensa al 26% cui sono soggette le plusvalenze di chi investe in azioni e bond. C’è chi, però, già critica la proposta per via del work for token, ovvero la possibilità di farsi saldare in valuta digitale il lavoro fino a 50 mila euro, scongiurando l’imposizione fiscale.

In breve, questo disegno di legge ha molte similitudini con quello presentato alla Camera dall’On. Davide Zanichelli, ora assegnato alla Commissione Finanze della Camera. Vengono, quindi, riproposti, sostanzialmente tutti gli elementi essenziali della proposta Zanichelli: introdurre un’unità matematica crittografica, ricorrere ad una perizia asseverata che individui il controvalore delle valute virtuali; assoggettare le plusvalenze (se superano la soglia di 51.645,69 euro di controvalore in valute virtuali detenute nei wallet) ad un’imposta sostitutiva e introdurre meccanismi presuntivi quasi uguali a quelli presenti nella proposta di legge pendente alla Camera. Anche qui, sono irrilevanti sul piano fiscale, e non generano plusvalenze imponibili, le operazioni che convertono la valuta virtuale in altra valuta virtuale. Entrambi i testi esonerano dall’obbligo di dichiarazione se il controvalore delle valute virtuali possedute non va oltre ai 15.000 euro, mentre, purtroppo, non viene presa in considerazione la questione, in via generale, dei presupposti dell’insorgenza dell’obbligo di dichiarazione.