La Russia userà la criptovaluta per aggirare le sanzioni economiche?

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La Russia potrebbe ricorrere alla criptovaluta per limitare la forza delle sanzioni statunitensi, per esempio servendosi del rublo digitale e del ransomware

La Russia ricorre alla criptovaluta per aggirare le sanzioni. Le unità russe, per limitare la forza delle sanzioni statunitensi, ricorrono al cosiddetto rublo digitale e al ransomware. La storia si ripete. Nel 2014, quando gli USA impedirono agli americani di stringere contatti e affari con le banche russe, principalmente sviluppatrici di petrolio e gas, a causa dell’invasione della Crimea da parte della Russia, l’economia russa subì un crollo immediato e profondo. Gli economisti stimarono che le sanzioni inferte dai paesi occidentali costarono alla Russia 50 miliardi di dollari l’anno. Da quel momento, il mercato delle criptovalute e di altri strumenti digitali è cresciuto notevolmente. E questa è una brutta notizia per chi ha inflitto le sanzioni e una buona notizia per la Russia.



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Criptovaluta per aggirare le sanzioni: rublo digitale e ransomware salverebbero l’economia della Russia

Biden, martedì scorso, ha introdotto nuove sanzioni per la Russia per aver invaso l’Ucraina, allo scopo di ostacolare l’accesso della prima al capitale straniero. Gli esperti, però, parlano di una incisiva strategia russa, per limitare gli effetti negativi delle sanzioni, che avrebbe stretto accordi con chiunque disposto a collaborare con il paese. La strategia russa consisterebbe, dunque, nell’aggirare le sanzioni ricorrendo alle valute digitali, che permetterebbero di rendere inoperativi i centri di controllo cui si affidano i governi, in particolare i trasferimenti di denaro dalle banche, e di non eseguire gli accordi internazionali.



Michael Parker, ex procuratore federale che attualmente si trova a capo della «anti-money-laundering and sanctions practice», ovvero della pratica antiriciclaggio e sanzioni, presso lo studio legale di Washington Ferrari & Associates, ha dichiarato: «la Russia ha avuto molto tempo per pensare a questa specifica conseguenza», e che «sarebbe ingenuo pensare che non abbiano risolto esattamente questo scenario».

Le sanzioni rappresentano uno degli strumenti più incisivi che gli Stati Uniti e l’Unione Europea ha a disposizione per condizionare ed orientare le attività di nazioni non alleate. Gli USA, per esempio, riescono ad utilizzare le sanzioni come mezzo diplomatico poiché il dollaro è la valuta di riserva mondiale ed è impiegata nelle transazioni di tutto il mondo. Tuttavia, i funzionari del governo americano si sono resi conto di quante potenzialità (e rischi!) serbano le criptovalute, che riuscirebbero, addirittura, a limitare l’impatto delle sanzioni e ad intensificare il dominio delle risorse digitali.



Per dare applicazione alle sanzioni, i governi redigono elenchi di persone e aziende con cui i propri cittadini non possono entrare in contatto, sanzionandoli con elevate multe se scoperti ad interagire con un utente di queste liste. Il meccanismo funziona grazie al sistema finanziario mondiale; infatti, le banche di tutto il globo rivestono un importantissimo ruolo nell’attuazione delle norme. Esse riescono a controllare la provenienza del denaro e a chi è diretto, mentre le leggi antiriciclaggio permettono loro di bloccare i pagamenti con persone e aziende sanzionate segnalandole, inoltre, alle autorità competenti. Tuttavia, se da un lato le banche danno un grande sostegno ai governi, dall’altro l’espansione delle valute digitali sta mettendo loro i bastoni tra le ruote. Questo è proprio quello che sta accanto in Russia, il cui governo sta sviluppando il cosiddetto rublo digitale, ovvero la propria valuta digitale della banca centrale, criptovaluta cui intende ricorrere per salvaguardare i rapporti commerciali con i paesi disposti ad accettare questa risorsa, senza prima convertirla in dollari. Il ransomware, per esempio, tecnica diffusa di hacking che mina l’accessibilità al dispositivo che colpisce, richiedendo un riscatto da pagare per eliminare la limitazione, potrebbe aiutare i russi a sottrarre valute digitali e a compensare le entrate perdute per via delle sanzioni.

Accade, dunque, che se le transazioni di criptovaluta vengono annotate nel registro («blockchain») sottostante, rendendole invisibili, i nuovi strumenti di cui la Russia si sta servendo la aiuteranno a celare l’origine di queste transazioni. E ciò permetterebbe ad imprenditori ed aziende di continuare segretamente i commerci con la Russia. Nell’ottobre del 2020, i rappresentanti della banca centrale russa dichiararono ad un quotidiano di Mosca che la nuova valuta, il «rublo digitale» avrebbe la capacità di rendere la nazione meno legata agli USA e più libera, ovvero in grado di opporsi indirettamente alle sanzioni. Questo perché il rublo digitale consentirebbe agli operatori russi di portare le transazioni al di fuori del sistema bancario internazionale ovvero di utilizzarlo con i paesi che accettano di commerciare in valuta digitale. La Russia, per esempio, potrebbe individuare nell’Iran, o in altri paesi presi di mira dalle sanzioni degli USA, partner disponibili in tal senso, poiché anch’essi stanno sviluppando valute digitali con il sostegno del governo. Si pensi anche alla Cina, attualmente il più grande partner della Russia dal punto di vista commerciale, tanto nelle importazioni quanto nelle esportazioni, che avrebbe già sviluppato la propria valuta digitale della banca centrale. Xi Jinping, leader del paese, ha definito di recente «senza limiti» i rapporti della Cina con la Russia.

Yaya Fanusie, che collabora con il Center for a New American Security e che studia degli effetti della criptovaluta sulle sanzioni, ha dichiarato che «la diminuzione del potere sanzionatorio degli Stati Uniti deriva da un sistema in cui questi stati-nazione sono in grado di effettuare transazioni senza passare attraverso il sistema bancario globale».

Come si suol dire la storia si ripete e, infatti, c’è un precedente nella storia di Iran e Corea del Nord, paesi che sono ricorsi alle valute digitali per limitare gli effetti negativi delle sanzioni occidentali. La Corea del Nord, per esempio, secondo un rapporto delle Nazioni Unite, utilizzò il ransomware per sottrarre criptovaluta e finanziare il proprio programma nucleare. Le banche e i governi, allora, ne escono sconfitti, mentre chi dovrebbe essere sanzionato riesce ad aggirare le sanzioni e a non rimanere fuori dai giochi commerciali.

Foto IPP/zumapress