L’Africa sta chiedendo l’azzeramento del debito per affrontare il Covid-19

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Per alcuni stati del Continente gli interessi sui debiti contratti arrivano fino al 30% dei bilanci pubblici, un onere impossibile al tempo del Covid-19

Mentre in Europa si discute da tempo di Coronabond e di meccanismi finanziari UE per affrontare le criticità economiche e sanitarie della pandemia, il Covid-19 continua a diffondersi in tutto il Pianeta. E se le cifre ufficiali parlano, al momento, di 45mila casi e 1800 morti in tutto il Continente Africano, con casi registrati soprattutto in Marocco, Sudafrica, Algeria e Egitto,  il timore è che i contagiati (e le vittime) possono essere molto maggiori, anche per l’incapacità dei fragili sistemi sanitari di molti paesi di tenere conto di contagi e decessi. Il dato positivo è che l’Africa è il Continente con l’età media più bassa di tutto il Pianeta, quello negativo è che in nazioni indebitate e caratterizzate dall’assenza di sistemi sanitari in grado di arginare la portata della malattia, il prezzo della pandemia potrebbe essere altissimo. Un’allarme che ha portato i capi di Stato di numerosi paesi africani a chiedere una dilazione, se non un azzeramento totale, dei debiti contratti con istituzioni internazionali, stati stranieri e compagnie private.



Il peso del debito e il prezzo del rallentamento dell’economia

L’obiettivo di affrontare l’enorme mole del debito pubblico dei paesi africani è trasversale e coinvolge, come riporta El Pais,  soprattutto esponenti di prima punta come Abiy Ahmed, premio nobel per l’economia nel 2019, ma anche il capo di stato senegalese Macky Sall, o il presidente dell’Unione Sudafricana Cyril Ramaphosa. Ma, come afferma il quotidiano spagnolo, il fronte è ampiamente diffuso in tutti i paesi del Continente e se alcuni organismi internazionali (Fmi e Banca Mondiale) hanno parlato di riduzione e rinvii per il 2020,  molti stati cominciano a parlare apertamente di “cancellazione” dei debito come unico modo per tener testa alla pandemia e mantenere vita l’economia del Continente. Le percentuali di crescita economica di molti stati africani, prima del Covid-19, erano tra le più alte del mondo, nonostante l’enorme fardello del debito pubblico che molti stati si trovano ad affrontare. Gli interessi sui debiti contratti variano spesso dal 15% al 30% del bilanci pubblici di questi paesi, costituendo un pesante fardello in grado di bloccarne la crescita e una sorta di pietra tombale nel momento in cui ci si trova ad affrontare una pandemia devastante in un contesto di forte recessione globale.

Un appello, quello degli stati africani, raccolto anche dal presidente francese Emanuel Macron che, in un discorso alla nazione di qualche giorno fa, aveva parlato di cancellazione massiva del debito verso i paesi africani, dimenticando però di passare dalle parole ai fatti. Ma il punto è anche allargare questo ragionamento dalle ex potenze coloniali, al nuovo Stato egemone sul Continente: la Cina. Il Paese asiatico possiede una parte crescente del debito di molti paesi africani e l’Africa è parte integrante del suo progetto egemonico. Molti paesi africani infatti sono stati costretti in questi anni a finanziarsi grazie all’intervento di stati o attori privati, spesso al prezzo di gravi speculazioni. Secondo l’economista e africanista Ainhoa Marín, intervistata da El Pais, la somma dei fondi degli aiuti pubblici allo sviluppo per i paesi africani, non hanno mai superato quelli destinati nell’anno 2000, quelli di venti anni fa. Venti anni in cui abbiamo assistito alla nascita di vecchi e nuovi sovranismi e di slogan come “Aiutiamoli a casa loro”.  Venti anni di distanza dalle “cose che accadono al di sopra delle parole celebrative del nulla” come cantava un grande cantautore.