Mentre in Italia le società di calcio fanno ricorso – e vengono doppiamente punite – contro le squalifiche delle loro curve per episodi razzisti, dall’Inghilterra arriva una lezione di moralità. Protagonista di questa storia di «riflessione» è il Chelsea di Roman Abramovic. La squadra londinese, infatti, ha deciso di «punire» i propri tifosi – rei di alcuni comportamenti razzisti, tra cui cori discriminatori allo stadio durante le partite – portandoli ad Auschwitz.
Varcando quel cancello con su scritto «Arbeit macht frei», la speranza del club londinese è quella di far aprire la mente di quei tifosi condannati per episodi di razzismo durante gli incontri della Premier League. A proporre questa iniziativa è stato proprio il proprietario del Chelsea Roman Abramovic, che ora vive in Israele ed è di origini ebree. Una scelta che va ben oltre la semplice punizione dell’allontanamento dallo stadio e che punta a educare i tifosi che si macchiano di razzismo.
«Il comportamento dei razzisti – ha sottolineato il presidente del Chelsea Bruce Buck – non cambia se neghi l’accesso nello stadio, ma se a questi signori fai vedere un campo di concentramento con i loro occhi, allora la prospettiva potrebbe mutare». I tifosi dei Blues sono stati spesso protagonisti di episodi e cori razzisti nel corso delle partite. In special modo durante il derby di Londra con il Tottenham, squadra con un’identità ebraica storicamente ben marcata.
L’atteggiamento del Chelsea nei confronti dei razzisti dovrebbe far riflettere molte società in Europa e in Italia, che troppo spesso difendono i propri tifosi per mantenere alta la propria reputazione tra i propri supporters. Come capitato alla Juventus qualche giorno fa che, invece di condannare i cori razzisti contro il calciatore del Napoli Kalidou Koulibaly, hanno presentato ricorso contro la squalifica per un turno della curva bianconera. Richiesta rigettata e pena raddoppiata.
(foto di copertina: David Klein/Sportimage/Cal Sport Media)