«L’errore è pensare all’AI come sostituto e non come supporto», l’intervista agli avvocati

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Chiedendo il parere dell'avvocato Tommaso Ricci e dell'avvocato Giulio Coraggio abbiamo tratteggiato le modalità con cui l'AI potrebbe entrare nelle aule nel modo giusto

ChatGPT è entrato nelle aule di un tribunale con tutte le conseguenze che abbiamo esposto oggi, a partire dal fatto che un giudice del Texas ne ha vietato l’utilizzo – o meglio – ha emesso un ordine permanente affinché gli avvocati debbano depositare una “Certificazione obbligatoria relativa all’intelligenza artificiale generativa” che attesti il non utilizzo dell’AI o le ragioni per cui il professionista ha scelto di usarla, prendendosi la responsabilità delle eventuali informazioni sbagliate fornite. Questo costituisce sicuramente un importante precedente nell’utilizzo di ChatGPT in tribunale, una questione di cui abbiamo deciso di parlare con due avvocati: Tommaso Ricci – specializzato nei settori Data Protection, Cybersecurity e TMT – e Giulio Coraggio – responsabile del dipartimento di Intellectual Property & Technology per DLA Piper -. Entrambi i professionisti lavorano presso l’azienda multinazionale di servizi legali che è presente in oltre 30 Paesi.



Le risposte alle domande che abbiamo fatto sono il frutto del parere congiunto dei due avvocati e mirano a capire un po’ meglio cosa significa quello che è accaduto per volere del giudice del Texas e quali sono le prospettive per l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nell’ambito giuridico, tra potenzialità e rischi.

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«L’errore è pensare all’Ai come sostituto e non come supporto»

«Il valore aggiunto dell’AI in generale a supporto dello svolgimento di alcune attività legali è innegabile»: su questo concordano entrambi i professionisti del settore. «Non si tratta di se queste tecnologie verranno applicate, ma di quando. L’errore è pensare che l’AI possa sostituire una ricerca giurisprudenziale invece che semplicemente supportarla».

Si tratta, come sempre, di trovare un equilibrio: «Come per ciascun strumento o tecnologia utilizzata fino ad oggi nell’ambito della professione, occorrerà garantire il rispetto degli obblighi deontologici e di diligenza, soprattutto quando in gioco ci sono diritti delle persone ed aziende». «Tuttavia – procedono i professionisti ai microfoni di Giornalettismo – trattandosi di tecnologie nuove si dovrà essere ancora più cauti nel loro utilizzo».



Si tratta anche, oltre che di questioni deontologiche, anche di competitività nel settore: «Gli avvocati che sapranno integrare l’AI a supporto delle proprie attività quotidiana in modo professionale e diligente saranno più competitivi, ma dovranno adeguatamente garantire la confidenzialità, sicurezza delle informazioni trattate e l’accuratezza del proprio operato».

Gli altri usi di ChatGPT in tribunale

Sulla gestione di ChatGPT in Europa gli avvocati sono chiari: «Trasparenza e responsabilizzazione sono principi fondamentali per garantire un utilizzo corretto e consapevole dell’AI, che trovano riscontro anche nelle attuali bozze dell’EU AI ACT». Tornando agli Stati Uniti – dove le regolamentazioni non sono tanto restrittive quanto nel nostro continente – «il fatto che l’uso di ChatGPT sia vietato in un’aula di tribunale non esclude che possa essere usato per ad esempio preparare l’intervento durante un’udienza».

«Con queste nuove tecnologie c’è il rischio che l’uso divenga un abuso, mentre – come in ogni cosa – un utilizzo bilanciato consente di fornire un servizio migliore in minor tempo. Per questo abbiamo sviluppato una soluzione di legal tech – raccontano i due avvocati facendo riferimento al loro lavoro – che consente di valutare in modo efficiente e accurato la conformità dei sistemi di intelligenza artificiale alle diverse normative applicabili».

«Il contributo degli avvocati è fondamentale per addestrare l’AI»

Si pone quindi un grande quesito: AI nel lavoro degli avvocati, sì o no? E se sì, in che modo? Considerato che «i sistemi di intelligenza artificiale generativa attualmente in uso sono basati su una previsione degli output statisticamente più adatti in base ai prompt forniti dall’utente» e che «non hanno comprensione del testo e possono allucinare o risentire di bias», hanno spiegato gli avvocati, «il contributo degli avvocati nel loro addestramento è fondamentale affinché possano essere effettivamente utili».

«Solo degli avvocati sono in grado di creare un sistema di AI generativa che comprenda le esigenze dell’ufficio legale interno di una azienda e sia in grado di soddisfarle diminuendo i tempi e le risorse necessarie soprattutto per quesiti e problematiche ripetitive, consentendo ai legali interni di focalizzarsi su attività che richiedono un maggior sforzo di comprensione», concludono l’avvocato Ricci e l’avvocato Coraggio.