Il ministro leghista Centinaio chiede un «miracolo» a Conte, o «si torna al voto»

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Le parole del capo del dicastero dell'Agricoltura a Radio Capital

Il governo ha scelto il santo a cui votarsi: San Giuseppe Conte da Volturara Appula. Il destino di questa maggioranza, infatti, sembra esser sempre più legato a un filo con le polemiche e screzi elettorali che non si sono fermati dopo il voto delle Europee di domenica 26 maggio. L’ampia forbice di consensi che si è venuta a creare tra Movimento 5 Stelle e Lega sembra aver acuito ancor di più le distanze politiche tra i due partiti alla guida dell’Italia e quel filo che li tiene uniti porta al nome del Premier. E il ministro leghista Gian Marco Centinaio prega per un suo miracolo, altrimenti chiede il ritorno al voto.



«Auspico che il presidente Conte faccia un miracolo. Continuo a essere dell’idea che la campagna elettorale è finita e i toni si devono abbassare. Il premier deve ricominciare a far parlare la politica, e soprattutto i due contraenti del contratto, di cose concrete – ha detto a Circo Massimo, su Radio Capital, il ministro delle politiche agricole alimentari, forestali e del turismo Gian Marco Centinaio -. All’interno della Lega c’è la buona volontà, ma se non ci dovessero essere le condizioni, se non si riesce a mettersi d’accordo, non vedo alternativa a elezioni».

Centinaio e il miracolo Conte (o il voto)

Lo spauracchio delle elezioni anticipate, dunque, torna a essere una grande ombra sul futuro di questo esecutivo e l’avvertimento di Centinaio – nonostante l’auspicio del miracolo di Giuseppe Conte – sembra esser sempre più una di quelle spallate per porre fine a questa esperienza di governo che ha fatto crescere tantissimo la Lega e ha ridimensionato le aspettative del Movimento 5 Stelle, duramente punito dagli ultimi risultati elettorali. Sia locali, sia nazionali.



La polemica sulla frase di Fico del 2 giugno

Gian Marco Centinaio ha anche parlato della polemica sul 2 giugno dopo le parole del presidente della Camera Roberto Fico che ha dedicato la festa della Repubblica anche ai rom: «La sua battuta durante quell’evento era inappropriata. Se diciamo che il 2 giugno è la festa degli italiani vuol dire che intendiamo tutti gli italiani a 360 gradi, quindi se uno va a precisare che l’italiano deve essere sinti o rom, lombardo o piemontese, cattolico o musulmano, vuol dire che vuoi creare polemica. L’ha fatto perché aveva bisogno di visibilità in un momento in cui tutti stavano intervistando altri e non lui».

(foto di copertina: ANSA / CIRO FUSCO + ANSA/ PALAZZO CHIGI/ FILIPPO ATTILI)