La procura generale della Cassazione rifiuta i domiciliari all’ex boss Giovanni Brusca

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La richiesta ai giudici nella requisitoria scritta di rifiutare la richiesta della difesa

La Procura generale della Cassazione ha rifiutato i domiciliari per l’ex boss Giovanni Brusca, condannato per la strage di Capaci e altri delitti. La richiesta della difesa di far scontare il resto della pena in una località protetta al boss, ora in carcere a Rebibbia, è stata rifiutata dai giudici ermellini nella requisitoria scritta, mentre è atteso per domani il verdetto.



La Procura generale della Cassazione rifiuta i domiciliari all’ex boss Giovanni Brusca

Giovanni Brusca resterà in carcere: è questa la posizione assunta dalla procura generale della Cassazione, che nella requisitoria scritta ha chiesto ai giudici della prima sezione penale di rigettare la richiesta avanzata dalla difesa dell’ex boss di Cosa Nostra Giovanni Brusca. L’istanza di detenzione domiciliare era stata già rifiutata dal tribunale di sorveglianza di Roma lo scorso marzo. I legali avevano quindi fatto ricorso alla Suprema Corte, sostenendo che non erano state tenute nella giusta considerazione le valutazioni espresse dal procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero de Raho che aveva rifiutato più volte l’ipotesi salvo poi dire sì agli arresti domiciliari. I giudici si riuniranno oggi, mentre il verdetto è atteso per la giornata di martedì 8 ottobre.

Fratelli D’Italia contro i domiciliari di Brusca: «Sarebbe un segno di debolezza dello Stato»

Contro la richiesta dei domiciliari si era espresso il segretario della Commissione parlamentare antimafia Wanda Ferro, di Fratelli d’Italia, che identificava la possibilità della detenzione domiciliare come «un segno di debolezza dello Stato». «La gente non capirebbe perché ad un feroce criminale, alla belva che fece strangolare e sciogliere nell’acido un ragazzino, allo spietato autore del massacro di Capaci, venga concesso di lasciare il carcere e tornare a casa – ha proseguito Ferro – È stato lo stesso Brusca, detto ‘lo scannacristiani’, ad ammettere di avere commesso ed ordinato personalmente oltre 150 delitti, tanto da non riuscire a ricordare i nomi di tutti quelli che ha ucciso». «Merita di finire i suoi giorni in galera, senza sconti o benefici. La certezza della pena deve essere la pietra su cui si regge il sistema della giustizia penale» ha concluso Ferro, a cui si è unita anche la voce di Giorgia Meloni. La leader di Fratelli D’Italia infatti aveva scritto su Twitter che «lo Stato non può in alcun modo permettersi di lanciare questo segnale di resa nei confronti della mafia», definendo Brusca come «uno spietato criminale al quale non va concesso nessun beneficio».



(Credits immagine di copertina:  ANSA / FRANCO LANNINO)