Che cosa potrà succedere ora a Boris Johnson?

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Dimissioni, proroghe, sfiducia: gli scenari possibili nel caos di Brexit

La sentenza della Corte Suprema che ha decretato «illegale» la decisione di Boris Johnson di sospendere i lavori parlamentari scombina ancora una volta le carte in gioco per l’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea.



Che cosa potrà succedere ora a Boris Johnson?

Quando Boris Johnson convinse la Regina a rimandare il Queen’s Speech di settembre utilizzò come “scusa” quello di avere una nuova agenda legislativa da presentare. Molti oppositori e osservatori considerarono però questa decisione come incostituzionale e di fatto un modo per silenziare il Parlamento in vista dell’avvicinarsi della deadline Brexit. Un punto di vista che Johnson da parte sua ha sempre rifiutato. Immediatamente la Corte scozzese aveva dichiarato illegittima la decisione, mentre il tribunale di Londra aveva considerato la mossa come «politica» e quindi non competente al sistema giudiziario. Una sentenza che non aveva soddisfatto Gina Miller, che si è appellata alla Corte Suprema che le ha dato ragione, giudicando all’unanimità la forzatura di Johnson come «illegale, nulla e priva di effetti». Da tenere conto è che il sistema giudiziario e legislativo inglese non è come quello italiano: non esiste un codice di riferimento, ma ci si rifà alle sentenze precedenti. Ma questo è un caso senza precedenti, che apre quindi a scenari assolutamente insoliti.

Le dimissioni

Invocate immediatamente da Jeremy Corbyn dal palco dell’assemblea laburista in corso a Brighton, le dimissioni di Boris Johnson sono una delle possibili ipotesi. Il primo ministro ha però dichiarato ripetutamente di non aver nessuna intenzione di abbandonare il suo mandato prima del tempo. Improbabile quindi che si dimetta spontaneamente, ma potrebbe dover far fronte a una sfiducia da parte del Parlamento, che lo obbligherebbero a fare un passo indietro. In caso di dimissioni, la Regina dovrebbe interpellare il governo per individuare una nuova figura che possa assumere il ruolo di Primo Ministro e, in caso negativo, bisognerebbe convocare le elezioni generali.



Proroga della Brexit

Ora Boris Johnson si trova costretto a sottostare alla legge approvata dalla Camera dei Lord a tempo di record “anti No-Deal” prima della sospensione dei lavori parlamentari di settembre. L’obbligo è di chiedere una ulteriore proroga al 31 gennaio nel caso in cui non si riuscisse a trovare un accordo che soddisfi i parlamentari entro il 19 ottobre. Violare questa decisione significherebbe violare la legge ma, secondo quanto riportato dal Daily Telegraph, il giorno dell’approvazione Boris Johnson aveva scritto ai suoi che non si sarebbe mai «piegato a implorare Bruxelles». Si tratta infatti di un guinzaglio che al politico Tory non è mai andato a genio: ha infatti ribadito più volte che il 31 ottobre il Regno Unito sarebbe uscito dall’Unione Europea, con o senza accordo. L’intenzione di chiedere ulteriore tempo per ottenere un accordo migliore sembra quindi essere fuori dal perimetro della verosimiglianza. Se però Johnson andasse contro la legge forzando anche l’uscita no deal, dovrebbe affrontare il sistema giudiziario rischiando anche il carcere.

Una ulteriore sospensione

Boris Johnson ha sempre difeso le motivazioni per le quali ha chiesto il rinvio del Queen’s Speech di settembre e la chiusura del Parlamento come «ragionevoli» e «giuste», a prescindere da come si sarebbe espressa la Corte Suprema. Stando a quanto riportato dal Daily Mail, Boris Johnson potrebbe tentare di sospendere i lavori parlamentari una seconda volta non appena questi saranno ripresi, probabilmente già da domani. Questa sarebbe una mossa davvero azzardata, persino per il politico Tory.



(Credits immagine di copertina: © Steve Taylor/SOPA Images via ZUMA Wire)