Il blackout di internet in Kazakistan è stato un problema anche per la produzione di bitcoin

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Il Paese è nel caos, dopo l'ordine del presidente di sparare a vista contro i manifestanti che stanno protestando per l'aumento del costo del carburante

La situazione in Kazakistan sta rapidamente sfuggendo di mano. Le persone che si sono riversate in strada per manifestare nei giorni scorsi contro il rincaro indiscriminato del prezzo del carburante sono vittime del pugno di ferro delle autorità locali, con il presidente Tokayev che ha addirittura ordinato alle forze dell’ordine di sparare contro i manifestanti, come “risposta contro il terrorismo”. Nel frattempo, come avevamo già spiegato, per oscurare le proteste, il Paese ha attraversato anche un pesante blackout di internet.



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Bitcoin in Kazakistan, cosa sta succedendo durante le proteste

Bisogna ricordare che il Kazakistan è il secondo hub mondiale per il mining di bitcoin e di altre criptovalute (un effetto del bando delle persone che realizzavano queste operazioni dalla Cina: i maggiori esperti del settore, infatti, si sono spostati proprio in Kazakistan). Il fatto che ci sia stato un black-out prolungato della rete, che ha investito diverse piattaforme, ha sicuramente influito su questa attività. Lo stop dell’erogazione dei servizi per mettere in connessione online i cittadini del Kazakistan e il relativo black-out di internet ha provocato immediatamente lo stop alla produzione del 15% dei bitcoin nel mondo (influenzando in maniera significativa anche l’oscillazione del valore della criptovaluta).



Nelle ultime ore, nonostante il ripristino della connessione di rete nel Paese, si sono registrati comunque importanti problemi alla tenuta delle connessioni e questi effetti possono ulteriormente proiettarsi sul mercato dei bitcoin. Non è escluso che i disordini che si sono venuti a creare nel Paese e il pugno di ferro delle autorità possa contribuire a scoraggiare ulteriormente l’attività di mining dei bitcoin: la politica kazaka, infatti, non era stata particolarmente entusiasta di ospitare sul proprio suolo gli esperti di criptovalute che si sono spostati dalla Cina. Il tutto potrebbe creare una sorta di migrazione verso l’occidente – e verso Paesi dalla tenuta politica più stabile – degli attori del mercato dei bitcoin.