Contatti con positivi, lo studio unico in Europa che aiuta a stimarli

Realizzato dai ricercatori della Fondazione Isi, ecco come funziona

02/10/2020 di Gianmichele Laino

Quante possibilità ci sono che, in un assembramento in una data provincia italiana, si possa incontrare una persona positiva al coronavirus? La domanda può trovare una risposta grazie a uno studio portato avanti dai ricercatori della Fondazione Isi (che ha il compito di sostenere la competitività delle imprese nei processi di innovazione) e che è unico nel suo genere in Europa. Collegandosi al portale datainterfaces.org è possibile personalizzare la propria ricerca a seconda dell’area geografica di appartenenza, settare il gruppo di persone di riferimento (da una cena con 10 invitati a un grande evento con 20mila persone) e avere un quadro di massima sulla possibilità che ognuno di noi ha di incontrare un positivo.

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Contatti con positivi, lo studio che permette di avere una stima provincia per provincia

Una interfaccia intuitiva e un processo piuttosto elaborato alle spalle, come ci è stato spiegato da Michele Tizzoni, ricercatore dell’Isi e uno dei portavoce del team che ha portato avanti il progetto: «Attenzione a cadere nell’equivoco – ci dice subito -: il nostro progetto non permette di quantificare la probabilità di contagio, ma soltanto di dare una stima di quante persone ci si può permettere di radunare in un unico luogo e di capire quante possibilità ci siano di entrare in contatto con un positivo».

Il sistema è basato sul calcolo delle probabilità e prende in considerazione tre fattori: innanzitutto, la stima della prevalenza dei casi nella singola provincia di riferimento (il sistema di sorveglianza utilizzato in questo studio è dato dai numeri forniti dal ministero della Salute e riguarda un intervallo che va dai 7 a i 10 giorni precedenti rispetto alla ricerca), poi prende in considerazione il fatto che non tutti i casi vengono tracciati dagli attuali sistemi di monitoraggio (prevede, infatti, che i casi reali possano essere da 2 a 6 volte di più rispetto a quelli comunicati dal ministero della Salute) e, ovviamente, il numero di partecipanti all’evento, in una scala da 10 persone a 20mila persone (quest’ultimo dato ricalca l’ipotesi, circolata nei giorni scorsi, di estendere le aperture per gli eventi sportivi come le partite del campionato di calcio).

Contatti con positivi, come funziona la mappa

Michele Tizzoni spiega ai microfoni di Giornalettismo: «Vogliamo dare delle indicazioni, ma dobbiamo prendere in considerazione che questo è comunque un assunto matematico: nella vita reale vanno esaminati anche altri fattori, come l’utilizzo dei dispositivi di protezione o la differenza nella distribuzione dei casi tra i comuni di una stessa provincia, molto spesso non così omogenea». Inoltre, va considerato comunque un margine d’errore: «Non bisogna ritenere significativa una differenza di due punti percentuali tra un dato e l’altro, mentre diventa rilevante la differenza di una decina di punti percentuali. Quello che sicuramente si evince dal lavoro è che la possibilità di incontrare un positivo in un evento con 20mila persone è prossima al 100% in ogni area italiana». Dunque, lo studio conferma che allargare il pubblico negli stadi non era affatto una buona idea, tanto per dirne una.

Contatti con positivi, le zone più in evidenza nella mappa

Al momento, stando ai primi dati analizzati dal team dell’Isi, le province a più alto rischio di incontrare un positivo anche in eventi con partecipazione limitata (con assembramenti di 50 persone) sono quelle di La Spezia, Oristano e Nuoro in Sardegna, Napoli, Pisa, ma anche Gorizia, Belluno, Treviso e Trento. Ma i dati, lo si ripete, sono in continua evoluzione e vanno comunque considerati in contesti dove le persone possono prendere precauzioni utili a far sì che il contatto non sia infettivo.

Una traccia utile e un servizio per la comunità, che si basa su dati Open Source e che rappresenta un unicum in Europa: «Il progetto si basa su un’intuizione del professor Joshua Weitz del Georgia Institute of Technology negli Stati Uniti, con il quale sono state analizzate le percentuali di contatto nelle singole contee americane – ha concluso Michele Tizzoni -. Noi abbiamo avuto il piacere di collaborare con lui e abbiamo intenzione di allargare questo modello anche ad altri gruppi di studio in Europa».

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