Strage di Ustica: i tracciati radar

25/06/2013 di John B

Ci sono vicende destinate a restare un mistero perché non se n’è mai scoperta la verità o anche solo proposta una sua ricostruzione plausibile e verosimile. Ce ne sono altre, anch’esse destinate al limbo dei misteri, ma per la ragione opposta: di verità ne sono state proclamate troppe.

USTICA – E poi c’è Ustica, sulla quale incombe il dramma, più unico che raro, di avere assieme nessuna verità e troppe verità. Nessuna verità, perché tre gradi di giudizio penale sono serviti soltanto a stabilire che non si si sa cosa abbia provocato la distruzione del DC9 dell’Itavia quell’ormai lontanissimo 27 giugno 1980 e che non c’è alcuna prova che sia stato abbattuto da qualcuno, dal che discende la conseguenza – pure questa resa definitiva dalle sentenze penali – che nessuno può essere condannato per depistaggio semplicemente perché non c’era niente da depistare. Troppe verità, perché fra giornalisti, pseudo testimoni dell’ultima ora, scrittori, registi, periti e politici picconatori, sono stati presentati (e tutti sostenuti con dovizia di argomentazioni) una serie di scenari di ogni genere, immancabilmente incompatibili tra loro: il DC9 è stato abbattuto al posto di un aereo che trasportava un carico di uranio segretissimo; il DC9 è stato abbattuto al posto di un aereo sul quale viaggiava Gheddafi; il DC9 è stato abbattuto al posto di un caccia libico che poi è andato a schiantarsi in Calabria; il DC9 è stato abbattuto dagli UFO (sì, c’è anche questa…); il DC9 si è destrutturato per effetto della manovra di un caccia che si nascondeva nella sua scia; il DC9 ha avuto un cedimento strutturale; il DC9 è esploso in volo per una bomba, il DC9 non è stato abbattuto e non è esploso, ha ammarato e lì è stato distrutto e affondato. Sono ben otto verità alternative.

CHI? – I responsabili? Americani, israeliani, gli stessi italiani, la NATO in generale, i libici, i russi, gli extraterrestri e i francesi. Ultimamente sono proprio i francesi quelli più gettonati. Nel frattempo la giustizia civile, invadendo le competenze di quella penale (che ha strumenti di indagine e di formazione della prova ben più ampi e rigorosi), ha condannato lo Stato Italiano a risarcire le vittime, di fatto reinterpretando a modo suo l’intera questione. Come si è arrivati a una simile confusione? I media hanno sicuramente la maggior parte della responsabilità, perché hanno avvalorato tesi e illazioni al punto da influenzare significativamente non solo l’opinione pubblica ma anche una parte della classe politica, della magistratura e delle altre istituzioni. E ovviamente c’è chi ha giocato da attaccante libero in tutto questo, al fine di approfittare della confusione per i propri interessi. E qui di interessi ce n’erano tanti. I veri responsabili (di chiunque si tratti) avevano interesse a nascondere la verità in mezzo a tante verità diverse tra loro. Giornalisti, scrittori e registi dovevano vendere giornali, libri e film: più verità ci sono, più se ne possono vendere. I politici avevano interesse ad assecondare la propria linea ideologica, pro o contro il governo, pro o contro gli americani, pro o contro i francesi, pro o contro gli Israeliani, pro o contro Gheddafi e così via. Qualche pseudo testimone aveva voglia di un po’ di notorietà. I familiari delle vittime volevano una giustizia. Gli avvocati puntavano ai risarcimenti. I proprietari della compagnia aerea volevano qualsiasi ipotesi che non parlasse di cedimento strutturale o incidente. I militari non volevano guai e non gradivano che qualcuno ficcasse il naso nelle proprie procedure e nei propri segreti operativi. Insomma, ognuno aveva un motivo per preferire uno scenario o per preferirne tanti. Ma esiste una verità su Ustica? Questo è poco ma sicuro.

LE VERITA’ – Una verità c’è. Ed è una sola, perché i fatti possono essere interpretati in tanti modo ma sempre fatti restano. Capire quale sia questa verità è però tutto un altro discorso, che richiederebbe innanzitutto l’onestà intellettuale di affrontare la questione senza pregiudizi. Al momento, però, mancano i presupposti per fare un ragionamento del genere. Ciò che si può fare, però, è iniziare a depurare la vicenda dei tanti miti e leggende che hanno contribuito a renderla inestricabile. Uno di questi è la questione dei tracciati radar. La leggenda più diffusa vuole che “i nastri radar che hanno documentato gli avvenimenti di quella notte … in qualche modo furono cancellati o fatti sparire”. Ma c’è anche quella per cui i tracciati radar ci sono e mostrano i caccia impegnati in una battaglia aerea di cui avrebbe fatto le spese il povero DC9. Ma allora, le registrazioni dei radar ci sono o non ci sono? Se ci sono, cosa mostrano? E se non ci sono, che fine hanno fatto? Ecco, almeno a queste domande possiamo dare una risposta. I nastri radar furono acquisiti e ci sono. In particolare: il 30 giugno 1980 furono acquisite le registrazioni radio e telefoniche del controllo del traffico aereo e di tutti gli altri enti interessati; il 5 luglio 1980 fu ordinato il sequestro dei nastri radar di tutte le postazioni “operanti sul mar Tirreno”; il 10 luglio furono acquisite le registrazioni del radar di Monte Venda e di Poggio Ballone; il 21 e il 22 luglio 1980 furono acquisiti i nastri radar delle stazioni di Palermo e di Roma Ciampino; nelle stesse date furono acquisite le registrazioni cartacee del radar di Licola che non disponeva di un sistema di registrazione elettronica; il 3 ottobre 1980 furono acquisiti i nastri radar di Marsala.

LA STORIA – Si chiudeva, così, l’acquisizione delle registrazioni di tutti i radar che battevano l’area interessata dall’incidente. Perché, allora, si dice che i nastri radar sparirono? Si tratta di un’esagerazione giornalistica determinata da una circostanza ben precisa. Come abbiamo visto, il decreto di sequestro era relativo ai nastri radar di tutte le postazioni “operanti sul mar Tirreno”. Tuttavia in esso si precisava anche che la zona interessata era l’ “allineamento Latina – Ponza – Palermo”, che corrisponde alla rotta del DC9. Pertanto, i radar che non coprivano quella zona non furono interessati dai sequestri. Le registrazioni di alcuni di quei radar (che all’epoca non interessavano nessuno) andarono quindi perdute (i nastri furono sovrascritti nel tempo). E’ di qui che nacque la leggenda che i tracciati radar fossero spariti. In realtà i principali tracciati radar, quelli che servivano davvero, c’erano tutti e altri ne furono acquisiti successivamente. Stabilito che i tracciati ci sono, a questo punto è normale chiedersi cosa abbiano visto i radar. Qui nasce il secondo problema. La rilevazione radar dipende da vari fattori, quali la qualità del radar (i radar moderni hanno una risoluzione e precisione molto maggiore di quelli di 30-40 anni fa), le condizioni atmosferiche, la presenza di interferenze, la potenza di emissione e la qualità del segnale riflesso, e così via. Anche la quota e le dimensioni del bersaglio incidono significativamente. Ebbene, le registrazioni radar del momento e dell’area della tragedia, mostrano una sola serie di segnali (in gergo plot) che corrispondono certamente a un aereo, e sono quelli del DC9. Unendo i plot, essi tracciano una linea più o meno regolare che si muove da nord a sud e che corrisponde alla rotta del DC9. Questi plot sono segnali emessi dal trasponder dell’aereo, ossia un radiotrasmettitore che funziona come un radiofaro e che consente di seguire l’aereo e di identificarlo correttamente. A un certo punto i plot del transponder si interrompono: è quello il momento della tragica fine del DC9 e dei suoi passeggeri. Tuttavia i radar continuano a monitorare i rottami dell’aereo che precipitano in mare. In questo caso il segnale non viene dal transponder, ma direttamente dalle parti metalliche dell’aereo che riflettono le onde radio. Oltre a questo, non c’è nessuna traccia di altri aerei. Esistono però dei plot, qua e là, considerati (dai militari e dagli stessi sistemi radar) dei falsi bersagli: interferenze (che in gergo si chiamano clutter), falsi contatti (in effetti essi erano presenti nei nastri registrati dai radar di modello più vecchio e non su quelli dei radar più nuovi), palloni sonda. Su questi falsi contatti si sono sbizzarriti i periti. Ci sono decine di perizie radaristiche su Ustica e ciascuna ha interpretato quei plot (visti solo dai radar più vecchi) a modo suo. Tuttavia è bene ricordare che non esistono, sui tracciati radar di Ustica, tracce che siano chiaramente riconducibili a altri velivoli che si trovassero abbastanza vicini al DC9 da poterlo abbattere. Non esiste, cioè, una serie di plot (di norma uno a ogni giro di antenna radar) che disegni la rotta di un altro aereo, oltre a quella del DC9. Esistono quindi interpretazioni di plot che – da soli – non avrebbero alcun significato. Un resoconto delle perizie radaristiche è presente negli atti della cosiddetta Sentenza Priore. Una cosa è certa: fino al momento in cui ha cessato di esistere, il DC9 di Ustica ha avuto il transponder acceso e funzionante, e questo significa che qualsiasi velivolo militare lo avrebbe identificato senza possibilità di errori: un innocuo DC9 dell’Itavia. Se qualcuno ha davvero sparato contro quel bersaglio, sapeva a cosa stava sparando.

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