Prostituzione, per la Cassazione è reato anche quella online

21/10/2010 di Redazione

Non importa se ci si vende per un rapporto sessuale o per mostrarsi in cam. Una sentenza ha stabilito che gli estremi per il reato di sfruttamento sussistono anche nel caso di prostitute che si vendono senza che ci sia alcun contatto fisico coi clienti

Ci sono gli estremi di reato di sfruttamento della prostituzione non solo se ad essere sfruttate sono prostitute che offrono rapporti sessuali completi ai loro clienti, ma anche se si tratta di prostitute che si lasciano semplicemente guardare, senza che ci sia alcun contatto fisico. Stesso discorso nel caso in cui si si facciano pagare per mostrarsi in cam, su internet. Lo ha stabilito la Cassazione che ha operato un giro di vite nei confronti dei night club e di quei circoli dove lavorano spogliarelliste e ballerine. La Cassazione afferma che sono reato anche le prestazioni sessuali eseguite a distanza, in videoconferenza. Non importa se “prostituta e cliente sono in luoghi diversi“.

SESSO VIRTUALE – Scrivono gli ‘ermellini’ della Terza sezione penale che questo genere di prestazioni “eseguite in modo da consentire al fruitore delle stesse di interagire in via diretta e immediata con chi esegue le prestazioni, con la possibilita’ di richiedere il compimenti di atti sessuali determinati, assume il valore di atto di prostituzione e configura il reato di sfruttamento della prostituzione a carico di coloro che abbiano reclutato gli esecutori delle prestazioni o ne abbiano consentito lo svolgimento creando i necessari collegamenti via internet e ne abbiano tratto guadagno“. Una considerazione che, secondo piazza Cavour, ha valore anche se “chi si prostituisce ed il fruitore della prestazione si trovino in luoghi diversi in quanto il collegamento in videoconferenza consente all’utente di interagire con chi si prostituisce in modo tale da poter richiedere a questi il compimento di atti sessuali determinati che vengono immediatamente percepiti da chi ordina la prestazione a pagamento“.

NIGHT CLUB NEI GUAI – La Cassazione è giunta a queste conclusioni occupandosi del ricorso presentato dai gestori del night di Lucca Angelo Azzurro condannati in primo e in secondo grado (Tribunale di Lucca, Corte appello di Firenze) per avere favorito e sfruttato la prostituzione di numerose spogliarelliste e ballerine. Inutilmente i tre imputati, tra loro anche la segretaria del circolo e l’addetto alla sicurezza, si sono difesi in Cassazione, sostenendo che i giudici non avevano considerato che le prestazioni avvenivano “senza interazione tra uomo e donna, non solo fisica ma neanche verbale“. La Suprema Corte ha respinto i ricorsi e ha evidenziato come “nella nozione di prostituzione debba farsi rientrare qualsivoglia attività sessuale posta in essere dietro corrispettivo di denaro, anche se priva del contatto fisico tra prostituita e cliente, i quali possono trovarsi addirittura in luogo diverso. Unica condizione – hanno precisato – è la possibilità, per il secondo, di interagire sulle attività compiute dalla prima“.

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