La mafia s’è pijata Roma

Sembra una mattinata normale nel quartiere Casalotti a Roma. Antonio Bocchino, dopo aver accompagnato i suoi bambini a scuola, si è messo alla guida della sua auto. All’improvviso l’uomo sarebbe stato fermato da due finti poliziotti che lo hanno intimato all’alt con tanto di paletta d’ordinanza. Sono questi gli ultimi attimi di vita dell’uomo, ucciso a colpi di pistola alla testa. A Roma sono stati 35 gli omicidi nel 2011, venti “solo” nel 2012, sette in questi primi due mesi. Neanche due giorni fa, un tunisino è stato accoltellato a morte al Pigneto. La violenza nelle strade capitoline è in aumento.

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L’ULTIMO – Un agguato in piena regola. Il suo corpo è stato ritrovato in via di Pantan Monastero davanti al civico 66, dentro una Hyundai grigia, accasciato sul sedile posteriore, con la portiera aperta. Bocchino aveva 36 anni, era di Montespaccato, coinvolto nell’omicidio di un albanese nel 2008 è stato assolto nel 2011. A indagare sul caso i carabinieri della compagnia Cassia e quelli del nucleo investigativo di Ostia. Si scava nel passato dell’uomo. Quello di ieri è il terzo omicidio a Roma nel giro di pochi giorni. Sette nel solo 2013. L’ultimo domenica 10 febbraio, con un morto al Pigneto, e un sessantenne calabrese (anche lui di Montespaccato) ucciso all’Ardeatino il 24 gennaio.

IL VICINO – Il concittadino dell’ultima vittima si chiamava Vincenzo Femia, ed era ritenuto dagli investigatori un personaggio di spicco della malavita organizzata calabrese. Da anni a Roma, aveva alle spalle diversi precedenti penali. Il suo corpo e la sua auto, una Matiz grigia, sono stati ritrovati in via della Castelluccia di San Paolo crivellati di colpi. Secondo gli agenti Femia era legato ai clan di San Luca. La “famiglia” opera nel Locride, in provincia di Reggio Calabria ed è coinvolta in una faida sanguinosa che dura già da vent’anni. Sul groppone della cosca decine di morti e quel legame oltralpe a Duisburg, in Germania, quando a Ferragosto nel 2007, furono uccise sei persone in un ristorante italiano. Secondo quanto riportano diversi giornali Femia era sposato con Annunziata Mirta, figlia di Giuseppe, “boss” di San Luca, famoso per il “traffico di clandestini dalla Libia all’Italia” su pescherecci catapecchie. I parenti della vittima però nei giorni seguenti hanno smentito l’esistenza di questi legami.

IL PROFILO – Nell’ultimo rapporto della Direzione nazionale antimafia si parla della capitale come “snodo essenziale per tutti gli affari leciti ed illeciti”. Illecito è il traffico di cocaina, il lecito tutt’altro. Soprattutto ‘ndrangheta e camorra” acquisiscono spesso a prezzi fuori mercato, immobili, società ed esercizi commerciali. Con cosa? Con i soldi “provenienti da delitti. In tal modo esse si dotano di fonti di reddito importanti e apparentemente lecite”. Ma attenzione, la nuova malavita capitolina non è roba da teatrino per strada: “Nel Lazio, e soprattutto a Roma, – precisa la Dna – le organizzazioni mafiose non operano secondo le tradizionali metodologie, non realizzano comportamenti manifestamente violenti, non mirano a sopraffarsi per accaparrarsi maggiori spazi, ma anzi tendono a mantenere una situazione di tranquillità in modo da poter agevolmente realizzare quello che è il loro principale scopo: la progressiva infiltrazione nel tessuto economico ed imprenditoriale della Capitale allo scopo di riciclare, e soprattutto reimpiegare con profitto, i capitali di provenienza criminosa”. Ma il Lazio è anche “terra di elezione” per gli investimenti ed il riciclaggio da parte della ‘ndrangheta. In particolare le ultime indagini hanno permesso di individuare locali pubblici noti nella movida romana, dietro cui si nascondevano le ombre calabresi. “Per citarne solo alcuni, il noto locale Cafè de Paris, simbolo della dolce vita romana, il lussuosissimo ristorante George, il ristorante Federico I, nonché numerosi altri locali e società, beni mobili ed immobili per un valore di oltre 250 milioni di euro, tutti beni ritenuti riconducibili ad Alvaro Vincenzo (ritenuto dagli inquirenti capo cosca) ed intestati a nullatenenti prestanome”.

ULTIMO COLPO – E’ fine gennaio quando scatta l’operazione “‘Ndrina Happy hour”. L’azione ha portato all’arresto di due persone, nove indagati e sequestro di beni per 20 milioni di euro.

guarda il video dell’operazione diffuso da Agi:

Un colpo al cuore della ‘ndrangheta capitolina. Arturo De Felice, direttore della Dia, svela “la concreta presenza” del fenomeno sotto il Colosseo. Il legame del clan Gallico è spiegato da Giovanni Tizian su Repubblica:

Lasciano la Calabria per la Capitale nel 2000. E iniziano a investire “sia direttamente che indirettamente in immobili e società notevoli somme di denaro di verosimile provenienza illecita”, scrive il gip Simonetta D’Alessandro nell’ordinanza di custodia. Ufficialmente negli elenchi del fisco risultano “prossimi alla soglia di povertà”. Eppure acquistano. In brevissimo tempo Frisina porta a termine “una serie di operazione immobiliari e commerciali” con lo scopo di gestire appartamenti, bar, ristoranti, pasticcerie.

Intanto le indagini proseguono. I pm cercano di capire come sia stato possibile che gli istituti di credito abbiano fornito mutui a persone dal reddito irrilevante. Il tempo passa, le esecuzioni aumentano. La Dna lo aveva annunciato nero su bianco nell’ultima relazione: “La situazione è particolarmente critica. Si balla sul limite di un precipizio”.

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