Il Palasharp di Milano ha fatto una brutta fine

06/02/2013 di Maghdi Abo Abia

CONVENZIONE SCADUTA – Che poi alla fine si tratta di scrupoli. Noi siamo entrati scavalcando a fianco dei botteghini. A fianco. E nessuno ha detto nulla, per quanto vi sia a pochissima distanza il parcheggio della fermata della metropolitana di Lampugnano. Ce ne andiamo ed una domanda ci rimbalza in testa: perché? Secondo i programmi, ed i proclami, la struttura sarebbe stata demolita il 30 aprile 2011 per fare spazio ai progetti in vista di Expo 2015. Invece non è successo. Le insegne dell’azienda tecnologica sono ancora lì anche se la convenzione è scaduta nel 2010. La data di abbattimento poi venne spostata al luglio 2011. A dichiararlo l’allora assessore allo sport Alan Rizzi il quale spiegò che tutto sarebbe iniziato il giorno dopo l’inaugurazione del nuovo Palalido.

LE BUONE INTENZIONI DI PISAPIA – La struttura di piazza Zavattari venne però buttata giù nel settembre 2012. Ed il Palasharp ha continuato a guardare la città dall’alto. All’epoca dell’annuncio da parte del Comune non si sapeva bene cosa sarebbe diventato lo spiazzo di via Sant’Elia e sopratutto non si sapeva che fine avrebbe fatto la cultura cittadina. Alan Rizzi parlò di un luogo di 8000 persone che avrebbe ospitato eventi musicali, tennis e pallavolo. E poi successe che la vecchia gestione andò via e la palla passò al nuovo sindaco, Giuliano Pisapia. L’assessore alla coesione sociale Marco Granelli disse confermò da appena insediato che si sarebbe trovata una destinazione all’area.

SERVONO SOLDI – Invece no. A quanto pare l’unica certezza è relativa alla derattizzazione (certo abbastanza complessa se consideriamo che ci troviamo nella zona dove sorge il Monte Stella) ma per il resto non si sa nulla. Simone Zambelli, presidente del consiglio di zona 8, competente per territorio, si augura che la struttura torni a vivere e ad ospitare eventi. Insomma tutti vogliono qualcosa ma poi bisogna passare alla cassa, e questo per Milano è un argomento abbastanza delicato. Come spiegato in tempi recenti da un esponente dei Radicali in Comune, il deficit corrente di Palazzo Marino, per il 2012, è di 500 milioni di euro. Ciò significa che sarà difficile per il Sindaco tirare fuori i 600 mila euro necessari per la demolizione.

LA TESTA DI MAIALE – Allora che succede? Semplice, sta lì in attesa del tempo che passa. Il progetto che possa diventare uno spazio per Expo sembra sempre più destinato a rimanere tale, visto che ormai la manifestazione si svolgerà tra due anni. Si vorrebbe valorizzare, ma chi si prende la briga di mettere a posto tutto? Si può demolire. E poi che succederà? Intanto il Comune tace. Anzi, fa sentire la propria voce sulla struttura il 23 novembre quando viene rinvenuta una testa di maiale in avanzato stato di decomposizione all’interno dell’area destinata alle preghiere. Un gesto incivile, certo, ma che non nasconde la vergogna della cosa bianca che guarda ed attende un gesto per chiudere la sua esistenza.

PROJECT FINANCING? – Tutto questo è un peccato anche perché questa struttura ha accompagnato nel bene e nel male l’evoluzione di Milano negli ultimi 28 anni a partire dalla nascita, sotto la giunta Tognoli. Allora era la città “da bere” ed il cane con le borchie di Trussardi rappresentava da solo un biglietto da visita invidiabile. E se vogliamo il Palatrussardi rappresentò uno dei primi casi di Project Financing, ovvero un privato realizza un’opera per conto di un ente pubblico e ne trae benefici.

L’INGRESSO DI TRUSSARDI – Divier Togni, il quale all’epoca dell’incidente aveva montato nell’area oggi occupata dal Palasharp un tendone per un circo, presentò al sindaco il progetto di una struttura polivalente da 9000 posti. I costi di costruzione, cinque miliardi e mezzo di lire, sarebbero stati a suo carico. A quel punto decise di far sponsorizzare il luogo e si rivolse a Nicola Trussardi il quale mise un miliardo sul piatto salvo poi con un colpo di teatro durante la conferenza stampa di presentazione del concerto di Frank Sinatra affermare che la struttura si sarebbe chiamata non Action come previsto ma PalaTrussardi.

LA PARENTESI TUCKER – Ed è questo il nome con cui viene ancora ricordata la struttura anche se appartiene al retaggio del passato. Sicuramente nessuno lo chiamerà mai “Palatucker” in quanto il fondatore dell’azienda Tucker, Mirco Eusebi, venne arrestato nel 2002 con le accuse di associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla violenza privata per via di un dispositivo, rivelatosi fasullo, che prometteva di eliminare l’inquinamento delle caldaie e risparmiare sulla bolletta del gas, è stato arrestato per associazione a delinquere finalizzata alla truffa e alla violenza privata dopo alcuni servizi-denuncia di Striscia la notizia. Anzi, il contratto non venne mai firmato anche se Eusebi iniziò a chiamarlo “Palatucker”.

LE CIFRE – Divier Togni, creatore della struttura, affermò che la gestione ordinaria dell’impianto ammonta ad 800 mila euro l’anno. Una cifra importante che non si ripaga con i soli introiti delle manifestazioni. Inoltre sempre Togni ha confermato che per lui era impossibile sistemare l’impianto visto che viveva con concessioni biennali a causa della sua precarietà legale -della quale abbiamo parlato-. Infine è arrivato nel 2011 la proposta approvata dalla Giunta del’asta con concessione del diritto di superficie per un valore di 2.570.000 euro.

UNA FINE INGLORIOSA – L’affidamento -continuò il Comune- avrebbe avuto luogo a condizione che la durata non avesse superato i 30 anni. Alla scadenza l’Amministrazione comunale avrebbe potuto procedere al rinnovo della concessione o in caso contrario, con l’estinzione del diritto di superficie, sarebbe automaticamente divenuta proprietaria dell’immobile, senza versare alcun corrispettivo o indennizzo. Divier Togni si tirò fuori dalla lotta a causa delle condizioni non ideali. Il Comune rivendicò la proprietà. E dopo due anni la situazione è quella che vedete nelle foto. E quel che è peggio è che ora non si sa neanche a chi affidare la demolizione, segno che i progetti della giunta Moratti sono finiti in malora. E la balena bianca guarda la città dal suo posto privilegiato chiedendosi perché si è trasformata da luogo di gioia in casa della disperazione nell’indifferenza generale. (Photocredit Lapresse / Giornalettismo)

Share this article