La verità sul processo a Beppe Grillo per omicidio colposo

Dopo l’intervista rilasciata da Cristina Giberti a Vanity Fair, Filippo Facci su Libero ricostruisce la storia del processo a Beppe Grillo per omicidio colposo. La vicenda è nota, e accadde nel 1980. La storia giudiziaria comincia così:

 

Il processo di primo grado fu nel 1984. Emblematico l’interrogatorio in aula: «Quando si è accorto di essere finito su un lastrone di ghiaccio con la macchina?»; «Ho avuto la sensazione di esserci finito sopra prima ancora di vederlo»; «Allora non guardava la strada». Il 21 marzo, dopo una lunga camera di consiglio, Grillo venne assolto dal tribunale di Cuneo con formula dubitativa, la vecchia insufficienza di prove: questo dopo aver pagato 600 milioni alla piccola Cristina di 9 anni, unica superstite della famiglia Giberti. La metà dei soldi – una cifra enorme, per l’epoca – furono pagati dall’assicurazione.

L’accusa propose Appello e venne fuori la verità, ossia le prove:

Il pericolo era stato prospettato anche da una segnaletica che nessun giornalista frattanto era andato a verificare. La strada in effetti era chiusa al traffico. La Corte d’Appello di Torino, il 13 marzo 1985, lo condannò a un anno e quattro mesi col beneficio della condizionale, ma col ritiro della patente: «Si può dire dimostrato, al di là di ogni possibile dubbio, che l’imputato risalendo la strada da valle, poteva percepire tempestivamente la presenza del manto di ghiaccio (…). L’esistenza del pericolo era evidente e percepibile da parecchi metri, almeno quattro o cinque, e così non è sostenibile che l’imputato non potesse evitare di finirci sopra », sicché l’imputato «disponeva di tutto lo spazio necessario per arrestarsi senza difficoltà» ma non lo fece, anzi decise «consapevolmente di affrontare il pericolo e di compiere il tentativo di superare il manto ghiacciato. Farlo con quel veicolo costituisce una macroscopica imprudenza che non costituisce oggetto di discussione ».

In Cassazione Grillo perde di nuovo nonostante sia assistito dall’avvocato Alfredo Biondi, poi esponente di Forza Italia e PdL.

(credit foto: Kikapress)

 

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