“Non solo so’ froci: portano pure le malattie!”

Un’infettivologa sostiene che le leggi favorevoli ai gay finiscono per far aumentare i casi di Aids. E quindi, meglio soprassedere…

Chiara Atzori è infettivologa presso l’Ospedale Sacco di Milano ed è una fanatica sostenitrice della terapia riparativa (l’omosessualità è una patologia e va curata o, meglio, riparata). Ma siccome non basta più definire gli omosessuali come malati, da riparare, da redimere, si è dedicata al “dagli all’untore“. Gaynews ha trascritto l’intervista che l’infettivologa ha rilasciato a Radio Maria (se non doveste farcela ad ascoltarla, potreste leggerla a puntate).L’unico dubbio che ho nello scrivere su questa incresciosa vicenda è quella di contribuire a dare spazio a qualcuno che non merita nemmeno una risposta, ma solo uno schifato silenzio. Una paura che potrebbe somigliare a quella di un derattizzatore se usasse una gabbia per leoni. Qualcosa del genere.

L’INTERVISTA – Dopo i saluti di rito (in “Il medico in diretta”) una spezzina che si dice appartenente ad un gruppo religioso (francescano di terz’ordine) domanda: “Secondo lei se si legalizza tutta questa storia [l’omosessualità e la droga leggera – sic] che per me non va legalizzata perché come diceva appunto lei Dio ci ha fatto così e così dobbiamo essere. Secondo lei va ad aumentare questo Aids o va a diminuire?”. Prima di passare la palla al medico in diretta, e tralasciando il “Dio ci ha fatto così”, colpisce che si parli di legalizzare l’omosessualità. Non si parla di tutela giuridica, ma di legalizzare l’omosessualità, come se il tipo vivesse negli anni Trenta oppure in Iran. Ma si può soprassedere su questi dettagli, perché il meglio deve arrivare. Chiara Atzori risponde: “credo che non sia ragionevole negare che nei Paesi dove è avvenuta la normalizzazione dell’omosessualità, e quindi in qualche modo la depatologizzazione intesa come, così, equiparazione un modo di essere come un altro i risultati sanitari sono stati devastanti. E questo è un dato di realtà che si evince sia dagli studi epidemiologici degli Stati Uniti d’America, direi ancora di più dai dati inglesi, in cui veramente la prevalenza delle infezioni nella popolazione omosessuale sono estremamente elevate ma soprattutto dove, purtroppo, anche la propagazione di una normalizzazione dell’omosessualità non fa altro che incrementare anche i comportamenti cosiddetti esplorativi”.

QUESTA E’ SCIENZA, NON FANTASCIENZA – In attesa di leggere gli studi epidemiologici che Atzori, cita è certo possibile compiere qualche riflessione “linguistica”. Sembra quasi che la dottoressa abbia acceso la miccia dell’Aids per distrarre dal fuoco circostante. “Normalizzare l’omosessualità”: ecco – se ce ne fosse bisogno – cosa pensa il medico in diretta. Non è un mistero, dal momento che va a braccetto con Joseph Nicolosi e altri loschi riparatori. E il quadro si completa: non solo considerare l’omosessualità come “un modo di essere” (e non una malattia) è sbagliato, ma è anche pericoloso. Infatti, si sa, che gli omosessuali sono promiscui; incoscienti; infetti. O, per usare le parole di Atzori: “non si tratta di stigmatizzare come brutti, sporchi e cattivi”, ma che cosa ci può fare se gli omosessuali hanno “una tendenza alla promiscuità, a comportamenti autodistruttivi, narcisistici, all’abuso di droghe ecc.”? Mica è colpa di Atzori! E questo comportamento “è legato intrinsecamente a che cosa?” domanda Atzori, e il climax raggiunge il culmine. Poi si risponde anche: “contrariamente a quello che si ipotizzava, che fossero così diciamo a volte strani o trasgressivi perché non erano accettati, che questo tipo di comportamento invece è continuato e anzi si è dilagato proprio nei Paesi in cui è avvenuta la cosiddetta “normalizzazione”. Per cui non è la normalizzazione che fa scendere o anzi porta ad una crescita o una maturazione umana diqueste persone, continua a persistere una gravissima forma di immaturità, tra virgolette, della persona e questo a discapito del fatto che però la normalizzazione apre le porte, anche a livello educativo, a dei modelli che non sono buoni”.

I’M A SCIENTIST! – Atzori lavora all’Ospedale Sacco di Milano, non ha un numero verde come il Mago Otelma e nemmeno urla da una tv locale (Radio Maria è ecumenica nella sua diffusione della parola cristiana). Questo particolare rende ancora più preoccupante la sua visione del mondo, spacciata per diagnosi medica. Difficile non chiedersi quali siano i modelli buoni, e le ipotesi si delineano: il modello giusto è quello di un eterosessuale omofobo e non promiscuo, monogamo, meglio se religioso. Non che questo, ahimè, sia garanzia di rettitudine: l’ha detto anche il Papa che i credenti non sono più come quelli di una volta, e usano i contraccettivi, fornicano per il piacere della carne, che dio ci perdoni; che poi il preservativo non è nemmeno un mezzo efficace per prevenire l’Aids (l’ha detto sempre il Papa), quindi è preferibile tenere i bollenti ardori a freno: la castità è l’unico strumento per combattere la diffusione di malattie sessualmente trasmissibili (da non credere, perfino Fabio De Luigi nella puntata de “Le Iene” di ieri ha detto che il preservativo è il principale mezzo per arginare la diffusione dell’Hiv e che il Papa deve metterselo in testa, suscitando la domanda della bionda Ilary Blasi: “cosa deve mettersi in testa???“).

SALUTI FINALI – A conclusione di questa rassegna dei peggiori luoghi comuni ecco il paternalistico abbraccio: “la normalizzazione non è come si pensa un modo per dire alle persone che hanno questo orientamento “ti voglio bene”; quello glielo posso dire indipendentemente dalla normalizzazione, ma riconoscere che la persona con un certo orientamento ha una ferita, e quindi le voglio bene, ma riconosco la ferita e quindi non normalizzo la ferita, altrimenti quello che è tra virgolette una ferita, potremmo definire patologia, considerata come normalità è chiaro che verrà ad essere una trappola per quelli che invece vi si inoltrano pensando che sia qualcosa di normale”. Si tenga il suo affetto, che nemmeno un sorcio lo vorrebbe.

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