Tumori, la chemioterapia è davvero efficace?

Per molti, nonostante i pesanti effetti collaterali, è l’ultima chance per sconfiggere un male spesso terribile. Altri, invece, ne mettono in dubbio la stessa efficacia e l’utilità e ne evidenziano i rischi. Una problematica non solo medico ma addirittura morale.

Doverosa premessa. Visto la problematicità ed risvolti medici e personali che un male tanto terribile impone sia al malato, sia alla sua stessa famiglia, non me la sento, in tutta sincerità, di sposare una tesi a discapito dell’altra. E’ mia intenzione invece rappresentare, in modo sintetico, punti di vista diversi e contrapposti, lasciando solo al lettore il compito di farsi un’opinione o più semplicemente di venire a conoscenza  di queste tesi.

COSA È IL CANCRO? – Un cancro consiste in un anomalo sviluppo di una o più masse di cellule che si accrescono in modo incontrollato. Tale termine viene talvolta usato come sinonimo del termine tumore; più correttamente, il cancro si riferisce a un tipo di tumore, il tumore maligno, che è dotato di una capacità invasiva e di una struttura del tessuto diverse da quelle di un tumore benigno, il quale non si diffonde nell’organismo, non accresce la sua massa, rimane circoscritto in una determinata zona e guarisce spontaneamente. che non dà metastasi e non invade altri tessuti, ma spesso va trattato asportandolo per evitare danni da compressione ai tessuti circostanti e nel caso comporti iperfunzionalità, per esempio nel caso di tessuti che producono ormoni. Le cellule cancerose sono accomunate da alcune proprietà: sono clonali, cioè derivano tutte da una stessa cellula iniziale; sono anaplastiche, ovvero non sono tra loro differenziate e non sembrano coordinate nello svolgimento delle loro funzioni; sono autonome, cioè seguono modalità di crescita proprie, che non tengono conto dei normali fattori che invece controllano la crescita delle cellule sane; possono dare luogo a metastasi, il che significa che possono colonizzare zone corporee differenti anche molto distanti da quella in cui si è verificata la prima formazione tumorale. Il cancro può insorgere da qualunque tipo di cellula e può localizzarsi in qualunque tessuto corporeo. In base al tipo di tessuto da cui deriva la prima cellula cancerosa, è possibile distinguere tre grandi gruppi di cancro: i sarcomi hanno origine da tessuti connettivi, ossa, cartilagini, nervi, vasi sanguigni, muscoli e tessuto adiposo; i carcinomi e i melanomi si formano nei tessuti epiteliali, come la cute e le mucose che rivestono le cavità interne, e nei tessuti ghiandolari, come la ghiandola mammaria e la prostata (adenocarcinomi); la leucemia e il linfoma (Hodgkin e non-Hodgkin) comprendono quei tipi di cancro, sottoforma di malattie del sangue e del sistema linfatico.

GUARIRE SI PUÒ – Esistono svariati metodi di diagnosi di un tumore ed esistono diversi metodi di cura e terapie. Per molti tipi di tumore, in questi anni, sono stati fatti passi da gigante. In molti casi, fortunatamente, i tumori vengono definitivamente sconfitti. Tutto ruota intorno ad un’efficace prevenzione e allo sviluppo di nuove e sempre più potenti terapie farmacologiche, ormonali, mediche e chirurgiche. In questo articolo ci occuperemo della chemioterapia. Su questo metodo di cura, i pareri sono discordanti nello stesso campo medico. Per alcuni rappresenta “l’extrema ratio” per altri, invece, è una cura pericolosa se non addirittura inutile. Sostanzialmente, La durata di un trattamento di chemioterapia dipende dal grado di diffusione del tumore e dalla risposata del paziente, benché esistano casi specifici il tempo di assunzione del farmaci può variare da alcuni mesi fino ad un anno; nei casi in cui la chemioterapia venga impiegata per alleviare i sintomi della formazione cancerosa e cercare di migliorare le condizioni di vita del paziente la terapia ha una durata che dipenderà dalla presenza di effetti collaterali e dall’effetto che i medicinali avranno sul tumore e sulle sue cellule.

GLI EFFETTI COLLATERALI DELLA CHEMIO – Gli effetti più comuni della chemioterapia possono variare da paziente a paziente, solitamente alcune parti del corpo, per le loro particolari caratteristiche sono le più colpite; numerosi sono infatti gli effetti collaterali a carico del midollo spinale, dove avviene la produzione dei globuli rossi, dei globuli bianchi, che costituiscono la difesa immunitaria e delle piastrine, la cui funzione è quella della coagulazione del sangue. Un altro effetto collaterale che viene spesso riscontrato è la perdita dei capelli, questo perché le cellule dei follicoli piliferi hanno la caratteristica di dividersi molto rapidamente e per questo vengono maggiormente attaccati da alcuni farmaci per la chemioterapia; la caduta dei capelli può avvenire dopo qualche settimana dall’inizio della terapia ma ricrescono subito dopo la fine del trattamento o nelle ultime settimane di questo. Altri effetti si possono presentare qualche settimana dopo la fine della chemioterapia e durare un breve periodo, oppure, possono permanere nel tempo. Si va dalla debolezza cronica, ai fastidi alla zona della pelle nella quale è stata effettuata l’iniezione dei farmaci, all’alterazione del funzionamento di ovaie e testicoli. Si segnalano, inoltre, altri effetti, come infiammazioni agli occhi, agli arti, cistite, diarrea, depressione e difficoltà di concentramento specie in quei pazienti che subiscono trattamenti molto pesanti.

C’E’ CHI DICE NO – Ne parla in un articolo intitolato “Cancro Spa” Marcello Pamio dove riporta, tra l’altro, la conversazione tra due medici: uno psicologo clinico e un anatomo-patologo veneto, sui dubbi dell’utilità delle diagnosi e delle terapie anti-tumorali: “Sapessi quante volte, – dice l’anatomo patologo, ossia il medico legale – nelle autopsie sui cadaveri di vecchi contadini delle nostre valli più sperdute ho trovato tumori regrediti e neutralizzati naturalmente dall’organismo: era tutta gente che era guarita da sola del suo tumore ed era poi morta per altre cause, del tutto indipendenti dalla patologia tumorale”. “Se la tanto conclamata diffusione delle patologie cancerose negli ultimi decenni – afferma lo psicologo – in tutto l’Occidente avanzato fosse solo un’illusione ottica, prodotta dalla diffusione delle diagnosi precoci di tumori che un tempo passavano inosservati e regredivano naturalmente? E se l’aumento della mortalità da cancro fosse solo il risultato sia dell’angoscia di morte prodotta dalle diagnosi precoci e dal clima terrorizzante degli ospedali, sia della debilitazione e intossicazione del paziente prodotte dalle terapie invasive, traumatizzanti e tossiche della Medicina ufficiale. Insomma, se fosse il risultato del blocco che l’angoscia della diagnosi e i danni delle terapie impongono ai processi naturali di regressione e guarigione dei tumori”?

UN’INDAGINE SCONCERTANTE – In Svizzera sono andati oltre, hanno stilato una precisa indagine autoptica, eseguita su migliaia di persone morte in incidenti stradali (quindi non per malattia), dalla quale è risultato qualcosa di sconvolgente: il 38% delle donne (tra i 40 e 50 anni) presentavano un tumore (in situ) al seno; il 48% degli uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla prostata; il 100% delle donne e uomini sopra i 50 anni presentavano un tumore (in situ) alla tiroide. Per “in situ” s’intende un tumore chiuso, chiuso nella sua capsula, non invasivo che può rimanere in questo stadio per molto tempo e anche regredire. “Nel corso della vita – spiega Pamio nel suo articolo – è infatti “normale” sviluppare tumori, e non a caso la stessa medicina sa bene che sono migliaia le cellule tumorali prodotte ogni giorno dall’organismo. Queste, poi, vengono distrutte dal Sistema Immunitario, se l’organismo funziona correttamente.

LE TESI DEL PROF. JONES E UNO STUDIO DI LANCET – Poco nota al grande pubblico è la vasta ricerca “indipendente” condotta per dal prof. Hardin B. Jones, fisiologo dell’Università della California, e presentata nel 1975 al Congresso di cancerologia presso l’Università di Berkeley. Oltre a denunciare l’uso di statistiche falsate, egli sostenne che i malati di tumore che “non si sottopongono alle tre terapie canoniche (chemio, radio e chirurgia)” sopravvivono più a lungo o almeno quanto coloro che ricevono queste terapie”. Il prof. Jones dimostrò che le donne malate di cancro alla mammella che hanno rifiutato le terapie convenzionali hanno mostrano una sopravvivenza media di 12 anni e mezzo, quattro volte superiore a quella di 3 anni raggiunta da coloro che si erano invece sottoposte alle cure complete. Un’altra ricerca pubblicata su The Lancet del dicembre del 1975, che riguardava 188 pazienti affetti da carcinoma terminale ai bronchi dimostrò che la vita media di quelli trattati con chemioterapia è stata di 75 giorni, mentre quelli che non ricevettero alcun trattamento ebbero una sopravvivenza media di 120 giorni. In sostanza, da questi dati, emergerebbe statistiche alla mano come “una persona malata di tumore ha una percentuale maggiore di sopravvivenza se non segue i protocolli terapeutici ufficiali”. Statistiche da prendere con le molle che peraltro studi più recenti sembrerebbero contraddire.

I PERICOLI NASCOSTI E NON DICHIARATI AI PAZIENTI – Il principio terapeutico della chemioterapia è semplice: si usano sostanze chimiche altamente tossiche per uccidere le cellule cancerose. Tuttavia, questa feroce azione mortale, non essendo in grado di distinguere le cellule sane da quelle tumorali, colpisce e distrugge l’intero organismo vivente. Torniamo all’articolo di Marcello Pamio. “Ci hanno sempre insegnato che l’unica cura efficace per i tumori è proprio la chemioterapia, ma si sono dimenticati di dirci che queste sostanze di sintesi sono dei veri e propri veleni. Solo chi ha provato sulla propria pelle le famose iniezioni sa cosa voglio dire”. Un rischio dal quale il ministero della Sanità mette in guardia addirittura gli stessi operatori che operano con questi farmaci chemioterapici. In un documento del Dipartimento della Prevenzione Commissione Oncologica Nazionale dal titolo “Linee guida per la sicurezza e la salute dei lavoratori esposti a chemioterapici antiblastici in ambiente sanitario”, si legge: “Uno dei rischi rilevati nel settore sanitario è quello derivante dall’esposizione ai chemioterapici antiblastici. Tale rischio è riferibile sia agli operatori sanitari, che ai pazienti”. Non solo. Molti farmaci usati in chemioterapia sono essi stessi considerati dei cancerogeni. Sempre lo stesso documento del ministero della Sanità riporta: “Nonostante numerosi chemioterapici antiblastici siano stati riconosciuti dalla IARC e da altre autorevoli Agenzie internazionali come sostanze sicuramente cancerogene o probabilmente cancerogene per l’uomo, a queste sostanze non si applicano le norme del Titolo VII del D.lgs n. 626/94 “Protezione da agenti cancerogeni”. Infatti, trattandosi di farmaci, non sono sottoposti alle disposizioni previste dalla Direttiva 67/548/CEE e quindi non è loro attribuibile la menzione di R45 “Può provocare il cancro” o la menzione R49 “Può provocare il cancro per inalazione”.

IL DUBBIO È PERTANTO SERIO – “L’amara conclusione – scrive Pamio – che si evince dall’Istituto Superiore di Sanità, è che l’oncologia moderna per curare il cancro utilizza delle sostanze chimiche che sono cancerogene (provocano il cancro), mutagene (provocano mutazioni genetiche) e teratogene (provocano malformazioni nei discendenti). C’è qualcosa che non torna: perché ad una persona sofferente dal punto di vista fisico, psichico e morale, debilitata e sconvolta dalla malattia, vengono iniettate sostanze così tossiche?” L’interrogativo dell’autore – a mio avviso – tende avvalorare quell’idea che si riscontra pure con la “storia delle scie chimiche”, ossia l’idea che qualcuno ci sta coscientemente avvelenando. Io non credo alla teoria “sciista”, che trovo bislacca e bizzarra e non credo, per parafrasare ancora Pamio a quella “visione riduzionista e totalmente materialista che ha la Medicina”. Così come di gente che riempie la testa dei malati di false speranze è pieno il mondo. Trovo – da profano – tuttavia singolare che farmaci antitumorali si fondino su componenti (in quantità non irrilevante) a loro volta cancerogeni. Non fosse altro perché contraddice di fatto quel noto principio di Ippocrate “Mi asterrò dal recar danno e offesa. Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale”.

Edit di A.D’A.: pubblico parte del commento di WeWee perché lo trovo molto interessante per spiegare scientificamente meglio il ruolo della chemioterapia, e colgo l’occasione per ricordare a tutti che il Pamio citato nel pezzo non è stato messo lì per ricordarne l’auctoritas: il suo discorso viene infatti paragonato a quello degli sciachimisti e nella riga successiva si ricorda una vicenda raccontata qui a proposito delle “cure alternative” al cancro rivelatasi bufale. Nell’articolo, lo preciso, non vi era alcuna intenzione di proporre “nuove vie” in stile bicarbonato di sodio; si voleva semplicemente porsi delle domande su un tema che è oggetto di dibattito. Credevo che questo fosse chiaro – ho letto il pezzo e l’ho interpretato esattamente così – se così non è stato, me ne scuso personalmente.

Lo scopo della chemioterapia è di bloccare la replicazione delle cellule tumorali e per fermare la replicazione di una cellula (tumorale o non) DEVI agire sul suo DNA. TUTTO ciò che colpisce il DNA è cancerogeno.

E’ chiaro che il grosso limite della chemio è che assieme alle cellule neoplastiche colpisce parzialmente pure quelle normali (quelle neoplastiche sono molto più sensibili per le loro caratteristiche).

L’uso di questo argomento per criticare la chemioterapia è strumentale.

Sai che gli additivi della carne e dei salumi (i nitriti ed i nitrati) sono CANCEROGENI?

Vuoi scrivere un articolo sul fatto che da secoli noi ed i nostri bambini ci nutriamo con sostanze cancerogene ed i salumieri non ci fanno firmare il consenso informato?

Eppure i salumi non tentano di salvare una vita.

La chemio non è una caramella ma una terapia pesantissima che si associa sempre alle altre tecniche (radio, chirurgia, ormonoterapia, immunoterapia) che hanno ruolo primario e fondamentale nella cura dei tumori solidi. E’ chiaro che non si tratta della “cura miracolosa”, altrimenti non saremmo qui a discutere, ma per ora c’è questo ed è già meglio di niente (o delle truffe).

Per ironia della sorte però, gli unici casi nei quali la chemioterapia si utilizza DA SOLA nella cura dei tumori è in quelli ematici (come le leucemie) e nei linfomi ed in queste due categorie di tumori la chemio ha percentuali di successo altissime (aumentate vertiginosamente in questi ultimi anni e che raggiungono quasi il 90% di percentuale di sopravvivenza a 10 anni).

Nei restanti tipi di tumore la chemio ha ALTRI ruoli (non quello di “curare” i tumori): prima dell’intervento per diminuire la massa neoplastica e facilitarne la rimozione, DOPO la terapia per diminuire il rischio di metastasi o a scopo PALLIATIVO per diminuire gli atroci effetti del tumore in fase terminale. Dire quindi che la chemioterapia è presentata come “l’unica cura efficace” è falso.

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