“Questa gamba non la voglio: tagliatemela”

Quella gamba è diventata la sua ossessione: la considera un corpo estraneo, una parte del suo corpo che non gli appartiene, che non riesce a dominare. Qualcosa di cui liberarsi al più presto, come si farebbe con un dente malato o con una voglia troppo evidente. Il Guardian racconta la storia di David (nome di fantasia) che da anni cerca un modo di amputarsi quell’arto sanissimo e perfettamente funzionante che, inspiegabilmente, gli sta rovinando la vita.

TENTATIVI ANDATI A VUOTO – A liberarsi di quella gamba che odia, David ci ha già provato altre volte: quando era ancora uno studente, una sera si è chiuso nella camera dei suoi genitori, si è legato stretto la gamba con un laccio per impedire la circolazione del sangue e ha aspettato, semplicemente, che la gamba andasse in cancrena. Dopo due ore, la mancata circolazione del sangue aveva riempito di tossine i tessuti della gamba: David non è riuscito ad uccidere la sua gamba ma, in compenso, si era procurato un blocco renale che per poco non gli è stato fatale. Così, ha trascorso i suoi giorni isolato, senza riuscire a mantenere relazioni sociali e affettive, immaginandosi la felicità che avrebbe provato un giorno, quando finalmente sarebbe riuscito a disfarsi dell’arto.

BODY INTEGRITY IDENTITY DISORDER – David soffre di quello che, in medicina, è chiamato BIID, un disturbo psichico particolarmente raro che porta le persone che ne sono affette a desiderare ardentemente l’amputazione di una parte del corpo, solitamente un arto. Non solo: la maggior parte di essi vorrebbe amputarsi da solo e dichiara che sarebbe più felici se potesse vivere come coloro che, per un incidente o una malattia, hanno perso un  braccio o una gamba.

 

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SUL WEB – Qualche tempo dopo, parlandone con un amico, David ha scoperto di non essere l’unico a soffrire di questo disturbo e, sul Web, ha trovato l’aiuto che cercava per guarire. Ma la guarigione, per quelli come David, non è tanto liberasi dell’ossessione, quanto riuscire, una volta per tutte, a strapparsi via quell’arto che non sente parte di se stesso: “Mi sento come se la mia anima non riuscisse a raggiungere la gamba”, disse al suo amico. Visitando alcuni siti Web è riuscito ad entrare in contatto con un portinaio, anch’esso affetto da BIID, che gli ha assicurato la soluzione: un chirurgo di origini asiatiche che, dietro adeguato compenso, praticava amputazioni clandestine.

UN TERRITORIO INESPLORATO – La scienza ufficiale ha da poco iniziato a studiare e comprendere questo tipo di disturbi, ascrivibili alla famiglia delle parafilie. In uno dei primi esperimenti condotti dagli scienziati della Carnegie Mellon University di Pittsburgh, le persone affette da BIID erano state fatte sedere a un tavolo, con la mano sinistra appoggiata e una mano di gomma a simulare la mano destra. Una volta sfiorati con un pennello, alcuni pazienti hanno riferito di percepire il tocco delle setole sulla mano di gomma. In un certo senso, sentivano già quella protesi come parte di se stessi.

UN PROCESSO DINAMICO – Questo dimostra, spiegano gli scienziati, come la percezione che abbiamo del nostro corpo sia parte di un processo dinamico che coinvolge e integra sensi e centri nervosi di volta in volta diversi. Un po’ come accade ai pazienti che hanno subito un’amputazione terapeutica e che, a distanza di anni, riescono ancora a percepire dolori e sensazioni in quello che è diventato un “arto fantasma”.

 

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