Carmela Frassanito: morire di stupro a 13 anni

12/11/2012 di Floriana Rullo

Alfonso Frassanito è un uomo che ha imparato a convivere col dolore, ma soprattutto e’ un padre che non si rassegna alla morte senza senso della figlia Carmela. Per questo nonostante siano ormai passati cinque anni dal suo suicidio, lui continua a lottare e a chiedere giustizia. giustizia che puntualmente lo beffa. Perché quando si han 13 anni si e’ troppo piccoli per morire. Anzi, la morte non si sa nemmeno che faccia abbia, nascosta come dovrebbe da una sottile linea d’ombra tra la spensieratezza e i giochi. Ma per Carmela non é stato così. Nonostante lei fosse una giovane segnata sin da piccola dal dolore, aveva perso il papà quando aveva appena un anno, poi la mamma Luisa Maiello si era sposata con Alfonso, venditore al mercato, che a Carmelina aveva voluto sempre bene come fosse figlia sua. Per lei la sua adolescenza e’ finita troppo in fretta rubata da un adulto che le ha fatto del male abusando di lei ma soprattutto privandola di ogni sogno. “Perché da dopo quell’abuso Carmela non e’ stata più la stessa” racconta il padre. ” Era cambiata. Spaventata. Irriconoscibile. Chiedeva aiuto per quello che le era stato fatto, ma nessuno l’ascoltò”.

GLI ABUSI – Carmela era stata maltrattata, di lei avevano abusato, e lei aveva denunciato gli sciacalli che l’avevano braccata e umiliata. Si era allontanata da casa sua e aveva vagato per quattro giorni in giro per Taranto, dal centro storico ai sobborghi, anche di notte. Fino a quando i suoi genitori non erano riusciti a ritrovarla nelle condizioni in cui può essere ritrovato un agnello che sia uscito in compagnia dei lupi. Drogata con anfetamine e violentata. In diverse occasioni e in luoghi diversi, di lei, come poi denuncerà al pm Enzo Petrocelli, abusano in otto. Sette minorenni, che hanno poco meno di 18 anni, tutti identificati e indagati per violenza sessuale, e un maggiorenne di cui ancora non si conosce il nome. Quattro giorni d’inferno che segneranno per sempre la piccola già vittima in precedenza di abusi. “Tutto era iniziato qualche mese prima quando Carmela ricevette le ‘eccessive attenzioni’ di un marinaio’ racconta Alfonso ” Ce lo aveva raccontato lei ma nei suoi confronti la polizia non ha trovato riscontri per avviare un procedimento penale. Anche se lui aveva ammesso di aver incontrato la bambina diverse volte” continua Frassanito “Salvo poi ritrattare in sede di interrogatorio. Eppure lo vedevamo davanti alla scuola media Frascolla, sempre accanto a ragazzini. Continuava a passare sotto casa nostra, per noi era una provocazione. In città era conosciuto come “il pedofilo di San Vito”.

 

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STRANA – Eppure in quel momento nessuno volle credere a quella ragazzina che invece stava raccontando la verità. “Anzi” continua il padre con la voce gonfia di rabbia ” tutti la pensavano strana, l’apostrofarono come la spostata di testa”. Le perizie all’epoca dissero che la bambina soffriva di disturbi mentali e che la storia dello stupro era inventata. Così venne allontanata dalla famiglia e mandata in due diverse case famiglia. Solo dopo mesi ottenne di tornare dai genitori. “Carmela aveva denunciato i suoi aggressori, alcuni minorenni e un maggiorenne” continua Alfonso. “Eppure nessuno credette alle sue parole. Anzi, Contro la volontà mia e di sua madre, era subito partita la procedura per affidarla al centro “L’Aurora” di Lecce. Ci dissero di fidarci, che la bambina sarebbe stata in buone mani. Notammo dopo un po’ di tempo che qualcosa non andava. Carmela in quel posto non ci voleva stare, avrebbe preferito stare a casa con noi, ma non era solo questo. I medici ci assicuravano che tutto era sotto controllo. Solo dopo avremmo scoperto che in realtà la bambina era stata sottoposta a una cura di psicofarmaci. Che da quel posto era scappata due volte”. Poi dopo circa tre mesi Carmela viene trasferita al centro “Il Sipario” di Gravina di Puglia: “Qui sembrava” continua. ” Che le cose andassero meglio. I medici ci avevano però confermato, dopo l’arrivo delle cartelle di Carmela da Lecce, che la bambina era stata sottoposta a una cura di psicofarmaci e che non si poteva smettere d’un colpo. Che avrebbero dovuto diminuire le dosi poco a poco. Nel fine settimana andavamo a prenderla e la portavamo a casa. Ero io stesso a darle i farmaci: En e Haldol”.

UN PUGNO DI MOSCHE – Ma Carmela non stava bene, anzi. Si sentiva disperata, umiliata, vilipesa, martoriata, derisa dagli inquirenti. Così alla sua tenerissima età decise di farla finita con questo mondo di vigliacchi. E la domenica del 15 aprile 2007, disse che andava in bagno. E invece volò dal settimo piano di casa: “Si è sempre detto che è stato un suicidio” dice Frassanito.”Il corpo in strada era lontano dal palazzo, il che non sarebbe accaduto se si fosse trattato di una caduta. Ma noi non escludiamo che possa anche essere cascata giù, era sempre così stordita dai farmaci che prendeva. E poi una delle sue scarpe fu ritrovata al quarto piano del palazzo. Il che fa pensare che il suo corpo possa aver urtato durante la caduta”. Una morte senza un motivo per cui la mamma e il papà di Carmela non si rassegnano e per cui continuano a chiedere giustizia: “Ma le istituzioni ci hanno abbandonato”, dicono. “Il nostro Paese ha uno strano concetto di giustizia e dopo tutto questo tempo mi ritrovo ancora qui con un pugno di mosche in mano e con le beffe che la giustizia italiana impone alle vittime, come se non bastasse il danno subito”.

 

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IL CALVARIO – Un calvario iniziato sei anni fa e che ancora non sebra vedere la fine. “La mia odissea, fino ad oggi, é durata sei anni. Anni di attesa senza alcun riscontro di giustizia, quella vera, da parte delle istituzioni, dello Stato, nonostante i miei innumerevoli appelli”. E mentre venerdì prossimo è prevista un’altra udienza del processo che vede imputati i tre maggiorenni accusati di aver violentato la ragazzina, lui continua a puntare il dito contro chi quel suicidio poteva evitarlo. “Magistrati e medici dovrebbero sentirsi in colpa” spiega. “Senza contare che il processo dopo tutto questo tempo è ancora nella fase del primo grado”. E allora per far in modo che quello che é accaduto alla figlia non capiti ad altri bambini indifesi con le associazioni ‘Csin onlus’ (Centro servizi interdisciplinare) e “IosòCarmela” ha proposto un disegno di legge per l’inasprimento sostanziale e la certezza delle pene per i reati di violenza sessuale e pedofilia, per il quale si stanno raccogliendo le firme.

UNA FIGLIA SENZA GIUSTIZIA – “Perché anche Carmela” conclude Frassanito facendo un parallelo con l’attenzione riservata dagli organi di informazione all’omicidio della 15enne Sarah Scazzi, “é stata una figlia. Non solo Sarah. Tutti i bambini hanno diritto alla loro vita, ad avere giustizia, sempre e comunque, non solo quando la città si trasforma in una piccola Hollywood per via del circo mediatico, ma soprattutto macabro, che si attiva solo quando si possono sfruttare gli aspetti morbosi di vicende a sfondo sessuale o da thriller”. Perché tragedie come queste dovrebbero essere evitate. Sempre.

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