Rigenerare il corpo umano si può?

06/11/2012 di John B

L’enigma della morte è uno dei più grandi misteri scientifici, filosofici e religiosi dell’Umanità, sin dal momento in cui i primi ominidi iniziarono a interrogarsi sul senso della vita e sul significato della propria presenza nell’Universo. Invecchiare e morire è un meccanismo naturale che l’uomo non ha mai accettato, ritenendo che la propria capacità di pensiero e di ragionamento, apparentemente unica fra tutte le specie animali e vegetali, dovesse distinguerlo anche nel momento della morte e permettergli il superamento della morte stessa con una nuova vita (reincarnazione, passaggio a un altro livello spiriturale, ecc…). Non è un caso che la caratteristica comune della divinità, in qualsiasi cultura, è proprio quella dell’immortalità: gli dei non muoiono.

LA FEDE – La religione, qualsiasi religione, svolge proprio questo compito fondamentale: dare una risposta fideistica al mistero della morte, promettendo e prospettando che essa sia solo un momento di passaggio a una vita nuova e migliore, a patto di mantenere una condotta pia e giusta secondo i criteri stabiliti dalla religione stessa (e generalmente impartiti dalla divinità). Scienza e razionalità, però, non possono accontentarsi della fede e non c’è prova che effettivamente dopo la morte ci aspetti una nuova vita, per cui generalmente la gente – credenti compresi – ritiene che sia meglio posticipare il più possibile il momento del trapasso e non disdegna affatto l’idea dell’immortalità.

VITA –
Rigenerare il corpo umano, sostituirlo tutto e in parte e in definitiva prolungare la durata della vita è quindi un obiettivo della ricerca medica e scientifica che a tal fine già ha messo in campo numerosi stratagemmi, dalle tecniche di trapianto a quelle di chirurgia estetica.Ma anche a prescindere dall’immortalità, le ricerche sulla rigenerazione dei tessuti sono estremamente importanti per curare determinate patologie e per restituire una vita normale a chi, per effetto di malattie, malformazioni, eventi violenti, abbia perso in tutto o in parte la funzionalità di uno o più organi e tessuti. Qualche tempo fa si è diffusa la notizia che la scienza già da anni conosce il segreto per far ricrescere gli arti amputati e anche in questi giorni ne parla un documentario di Discovery Channel, in verità risalente al 2007 ma riciclato dopo la pubblicazione di altre informazioni sull’argomento. Si parla di una misteriosa “polvere magica” in possesso di alcuni scienziati, che avrebbe dimostrato la capacità di far rigenerare gli arti, ad esempio un dito amputato.

LETTURE – Da una lettura superficiale delle notizie e delle informazioni disponibili (e soprattutto dalla loro scarsa diffusione) verrebbe da pensare che qualcuno stia nascondendo qualcosa e che mentre i privilegiati riescono ad assicurarsi organi nuovi di zecca (sarà questo il motivo per cui certi politici sono ancora sulla breccia dopo mezzo secolo di attività?) alla bisogna, i comuni mortali (è proprio il caso di dirlo) sono tenuti ben lontani da questo segreto, costretti a continuare a soffrire e morire. Vediamo quindi come stanno effettivamente le cose. La ricerca staminale. Al momento del concepimento, le cellule embrionali sono indifferenziate, esse hanno la capacità di adattarsi e differenziarsi per assemblare qualsiasi tipo di tessuto: ossa, muscoli, pelle, ecc. Sono le cellule staminali, su cui la ricerca scientifica sta già lavorando parecchio provocando numerosi problemi di carattere etico. A un certo punto le cellule perdono queste caratteristiche e non sono più in grado di differenziarsi. Tuttavia nell’embrione le cellule, seppur differenziate, possono costruire o ricostruire qualsiasi arto e qualsiasi organo. Ma anche questa capacità viene poi persa e l’organismo finale conserva solo una limitata capacità di riparazione dei danni subiti, come dimostrano le cicatrici lasciate già da ferite modeste e superficiali.

RICERCA – La ricerca scientifica è ancora molto lontana dal riuscire a spiegare i meccanismi che guidano questi processi. Cosa spinge le cellule staminali a comportarsi in un certo modo, a differenziarsi, a costruire un tessuto piuttosto che un altro? E perché certe capacità si perdono dopo un certo periodo? Dov’è la centrale che controlla la progettazione, qual è l’interruttore che spegne la capacità di ricostruire un organo? Abracadabra. Ed ecco che entra in gioco la “polverina magica”. Secondo quanto riportato dai servizi di Discovery Channel e di Discover Magazine (che non sono collegati tra loro a dispetto del nome simile), intorno al 2005 un certo Lee Spievack di Cincinnati perse una parte di un dito, amputato dall’elica di un aeromodello a motore. Il fratello gli inviò una polverina, che avrebbe dovuto mettere sul moncherino. Nel giro di quattro mesi il dito ricrebbe, unghia compresa. La polverina sarebbe stata ottenuta da tessuti di maiale, in particolare dalla cosiddetta matrice extracellulare (MEC), ossia la sostanza che lega le cellule riempendo gli spazi tra una e l’altra.

VERITA’ – C’è un fondo scientifico nella cosa, in quanto effettivamente i ricercatori stanno studiando le proprietà di questa sostanza a lungo sottovalutata, che ospiterebbe proteine capaci di svolgere un ruolo importante nella crescita dei tessuti. Sulla base dell’esperienza di Lee Spievack, alcuni medici decisero di provare lo stesso rimedio su un altro paziente. Si trattava del caporale Isaias Hernandez, un veterano della guerra in Iraq, che in un combattimento aveva perso gran parte della muscolatura della coscia destra. L’esperimento ebbe inizio nel 2008. Nella prima fase i medici sottoposero Hernandez a un ciclo intensivo di fisioterapia, al fine di raggiungere il massimo livello di recupero della capacità muscolare dell’arto. Quando si resero conto che gli esercizi fisici non potevano raggiungere risultati migliori di quelli ottenuti, passarono alla seconda fase. Con un intervento chirurgico, applicarono alla muscolatura un sottile film della stessa sostanza provata da Spievack. Pochi mesi dopo l’intervento, il caporale fu sottoposto a un nuovo ciclo di fisioterapia. Ed ecco nuovamente il miracolo: nel giro di sei mesi Hernandez potenziò di un ulteriore 80% la capacità muscolare della coscia e nei mesi seguenti arrivò al 103%, fino a recuperare del tutto l’utilizzo della gamba con una capacità identica a quella della gamba sana. E quindi, siamo a una svolta epocale della medicina ricostruttiva? Riusciremo a far ricrescere arti amputati e tessuti irrimediabilmente distrutti?

MIRACOLO RINVIATO –
Purtroppo le cose non stanno così. Un’inchiesta giornalistica del Guardian ha svelato che il caso di Spievack è molto meno straordinario di quanto sia stato fatto apparire dai media. Immagini e testimonianze mostrano che l’uomo non aveva sofferto alcuna vera amputazione del dito, ma aveva riportato una ferita profonda con la perdita di parte del polpastrello. Né l’unghia né l’osso erano stati amputati. Nonostante il suo medico affermi il contrario, nessuna documentazione è stata prodotta per dimostrare tali dichiarazioni. Il dito di Spievack è quindi guarito ma non è ricresciuto com’era stato affermato. Anche le foto della gamba di Hernandez mostrano che il tessuto muscolare non è ricresciuto o è ricresciuto solo in piccola parte, mentre è evidente che il muscolo restante è stato notevolmente potenziato grazie all’esercizio fisico. Nè c’è prova che effettivamente la “polvere magica” abbia svolto un ruolo significativo nei due casi esaminati. Le estremità delle dita delle mani e dei piedi hanno una certa capacità naturale di rigenerazione nell’uomo, mentre il fatto che Hernandez sia riuscito a potenziare la gamba oltre i limiti raggiunti prima dell’applicazione della MEC, potrebbe essere stato determinato da altri fattori quali la forza di volontà, la risposta della muscolatura alla fisioterapia dopo un periodo di riposo e così via.

LA RICERCA CONTINUA – Insomma, i proclami e il sensazionalismo dei media sono stati eccessivi e fuorvianti, del resto non risulta che sia mai stata ottenuta la rigenerazione di un arto o di un organo animale, tanto meno per effetto della MEC, nonostante la scienza stia studiando le cellule staminali, le proprietà della matrice extracellulare e finanche le salamandre, unica specie capace di rigenerare per intero un arto amputato, proprio al fine di ottenere il miracolo anche sull’uomo. Questo dimostra che la ricerca scientifica, anche quando è scettica e prudente nei confronti di rimedi e cure miracolose, non si sottrae al compito di verificare e approfondire la questione. Difatti dalla MEC sono stati ottenuti farmaci regolarmente commercializzati per la proprietà di favorire la rigenerazione dei tessuti (che è cosa ben diversa dalla capacità di rigenerare un intero arto o un organo).

CONSIGLI PREZIOSI – Si è detto che la punta delle dita degli esseri umani ha un certa naturale capacità di ricrescita e si è visto che la MEC ha una certa capacità di favorire la rigenerazione dei tessuti: probabilmente la combinazione di queste proprietà spiega la guarigione della ferita di Spievack così come spiega quanto accaduto a una donna americana, Deepa Kulkarni, che in un incidente domestico ha perso un pezzetto di un dito di una mano, compresa una parte dell’unghia (ma non tutta). I medici avevano consigliato di chiudere la ferita amputando l’intera falangetta, ma la donna ha insistito per provare la cura con la MEC, affidandosi all’assistenza di specialisti qualificati. Ebbene, la porzione di falangetta è ricresciuta pressochè perfettamente nel giro di alcune settimane. Un gran bel risultato, quindi, peraltro ben documentato. Infatti la signora Kulkarni ha fotograto tutto: il pezzetto staccato, il dito ferito, la ricrescita della falangetta giorno dopo giorno. Lo ha fatto per un fine preciso: ottenere il risarcimento da parte della sua assicurazione sanitaria, che si è vista arrivare il conto di 1655 dollari spesi per la MEC. Dall’episodio della Kulkarni la CNN ha tratto cinque lezioni che possiamo senz’altro fare nostre. 1) Sii consapevole che il tuo medico di fiducia non è onnisciente; 2) Manda delle e-mail per consultare altri medici; 3) Non avere timore di irritare il tuo medico di fiducia; 4) Organizzati bene e documenta tutto ciò che fai e le cure che ricevi; 5) Sii consapevole che potresti avere torto e che la cura potrebbe non funzionare su di te. Ovviamente questi cinque validissimi consigli presuppongono che gli altri medici consultati siano sempre e comunque veri medici e specialisti qualificati. Rivolgersi a santoni, stregoni e pseudomedici non è mai consigliabile.

Foto di copertina Argonne National Laboratory su Flickr

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