E’ giusto eliminare gli animali infestanti?

30/10/2012 di Maghdi Abo Abia

Siamo sicuri che restituire un animale alla natura dopo un periodo di cattività possa essere una bella idea? Certo, a nessuno piace vivere in gabbia, ma se l’entrata in scena in un habitat di un personaggio del tutto nuovo capace di rovinare il delicato sistema di equilibrio biologico, potremmo ritenerci soddisfatti? Faremmo il bene della natura?

LIBERTA’ O MORTE – Domanda alla quale è sicuramente molto difficile rispondere. Un animalista convinto sosterrà che ogni animale ha diritto alla felicità e libertà perché, in quanto essere senziente, non è fatto né per essere al nostro servizio né per vivere in una gabbia. E su questo nessuno certamente può controbattere. Ma se la libertà di un animale significa la morte di un intero ecosistema? Forse non sarebbe il caso di controllare meglio agendo in maniera ragionata e sopratutto immediata?

Scoiattolo rosso

IL CASO DELLO SCOIATTOLO GRIGIO – Nelle ultime settimane si fa un gran parlare delle politiche di eradicazione dello scoiattolo grigio, variante nordamericana del simpatico roditore diventato famoso grazie a Cip & Ciop, personaggi di Walt Disney. La bestiolina, originaria della costa atlantica americana, è arrivata in Italia all’inizio del secolo scorso diffondendosi in maniera repentina ai danni del “padrone di casa”, ovvero lo scoiattolo rosso, specie endemica europea. Al momento in Italia esistono tre “comunità” di scoiattolo grigio. Una in Piemonte, introdotta nel 1948 e resistente ai tentativi di eradicazione, una in Liguria, a Genova Nervi, anno 1966 ed una a Trecate, tra Piemonte e Lombardia, dov’è stata introdotta nel 1994.

AHI AHI, AMBASCIATORE – Altri habitat sono il Parco di Monza e la campagna umbra, dov’è arrivata nel 2000, colonizzando anche i parchi di Perugia. Lo scoiattolo grigio è stato inserito nella lista delle 100 specie invasive più dannose al mondo. Oltre ad essere particolarmente aggressivo e fisicamente più grande del cugino, mangia di tutto, dalle rane alle uova d’uccello, dai tronchi cedui ai cavi elettrici. Inoltre è portatore sano di un agente patogeno, il Parapoxvirus, ovvero una forma di vaiolo che uccide solo lo scoiattolo rosso. Certo, se l’ambasciatore statunitense Miron Tylor fosse stato più attento evitando la fuga dei suoi quattro scoiattoli grigi nel 1948 forse oggi non avremmo a che fare con un problema di difficile soluzione.

PERCHE’ SPENDERE QUESTI SOLDI? – L’Espresso ci parla della perplessità di due senatori del Pdl, Valerio Carrara ed Elio Palmizio i quali hanno presentato un’interrogazione al senato per chiedere se non siano troppi i quasi due milioni di euro stanziati dal Governo per la cattura, la sterilizzazione e la liberazione in appositi bioparchi degli invasori yankee al fine di salvaguardare la specie endemica. “Com’è è possibile -si chiedono i due- in un momento così delicato per l’Italia dal punto di vista economico consentire una spesa così assurda per degli scoiattoli quando c’è gente che non riesce ad arrivare alla fine del mese o non ha copertura sanitaria sufficiente?”.

Scoiattolo grigio

PERCHE’ SI – Tale polemica forse avrebbe avuto ragione d’essere se tali soldi fossero stati destinati ad aiutare gli italiani davvero in difficoltà. Ma visto che probabilmente questo non sarebbe avvenuto, teniamoci stretti la risposta del ministro delle politiche agricole Mario Catania il quale ha specificato che nell’operazione di salvataggio verrà coinvolto personale specializzato oltre alla polizia provinciale di Genova ed ai guardia-parco. In questa maniera verrà garantito il diritto alla sopravvivenza della specie infestante oltre all’equilibrio della biodiversità nel parco di Nervi. Se non servono a questo i soldi dello Stato.

IL SUBBUGLIO PERUGINO – Eppure l’esempio ligure non è certo l’unico di una volontà di eradicazione della specie infestante. Basta scendere più giù di un qualche centinaio di chilometri per arrivare a Perugia, con la Provincia che ha autorizzato attraverso il progetto “life” l’abbattimento delle bestioline dal pelo grigio che ha già portato alla cattura ed alla morte di numerosi animaletti. Enpa e Lav hanno espresso tutta la loro contrarietà con un comunicato al vetriolo:

“La Provincia di Perugia deve immediatamente fermare l’abbattimento e l’inutile, oltre che crudele, progetto di eliminare gli scoiattoli grigi, pretestuosamente accusati di compromettere la sopravvivenza di altre specie selvatiche. Invitiamo quindi tutti i cittadini a scrivere lettere ed email di protesta e, ovviamente, studieremo azioni legali anche per individuare eventuali responsabili di questa strage”.

La Lav ha attaccato duramente la provincia la quale ha sostenuto che tale provvedimento è stato richiesto dall’Europa. Bruxelles invece invita i paesi membri alla prevenzione, al monitoraggio ed allo studio di misure alternative e di rigorosissimi controlli per evitare che gli scoiattoli grigi possano “disperdersi” in natura. Secondo le due associazioni l’unica cosa a cui punta l’amministrazione sono solo i fondi europei “Altrimenti non si spiega il motivo per cui, mentre si adottano piani di sterminio”.

Punteruolo rosso delle palme

LE LINEE GUIDA EUROPEE – Già. Eppure l’Unione Europea, come spiega Tuttogreen, ha chiesto all’Italia di intervenire con tanto di procedura aperta contro il nostro Paese da parte dello Standard Commitee della Convenzione di Berna che segue la conservazione della flora e della fauna selvatiche e del loro habitat. Il nostro Paese non avrebbe fatto nulla per rimuovere lo scoiattolo grigio creando un pericolo per l’intero ecosistema europeo. La soluzione quindi è una sola: catturarli, addormentarli con il Co2 ed ucciderli. Per questo sono stati stanziati 1,920.000 euro.

CONTENIMENTO SI, ERADICAZIONE NO – Sandro Bertolino dell’università di Torino, uno dei coordinatori del progetto, ha spiegato che gli scoiattoli saranno catturati con ”trappole selettive”. Per il contenimento gli animali verranno sterilizzati, mentre per l’eradicazione si procederà con ”l’eutanasia con anidride carbonica, come previsto dalla normativa nazionale ed europea”. Ad appoggiare il contenimento, ma non l’eradicazione, è la stessa Wwf, la quale però ha invitato i paesi ad intervenire a monte con norme che ne vietino il commercio oltre a campagne d’ informazione ed educazione per responsabilizzare chi decide di adottare tali animali.

UN UNIVERSO INFESTANTE – Perché il problema non è solo dello scoiattolo grigio. Sono decine gli animali che mettono in pericolo l’ecosistema in cui sono inseriti a causa dell’incuria dell’uomo. Certo, loro non hanno colpe, ma bisogna fermarli per evitare che si arrivi ad una situazione senza ritorno con un ecosistema distrutto e sopratutto bisogna sensibilizzare gli esseri umani facendo capire loro che un animale può anche essere carino, ma sopratutto può rappresentare un pericolo. Prendiamo ad esempio il caso della tartaruga dalle orecchie rosse. Questa viene regolarmente venduta in fiere e negozi. Quando le bestioline diventano troppo grandi vengono liberate nei fiumi, nei laghi e nei canali.

Tartaruga dalle orecchie rosse

LA TARTARUGA DALLE ORECCHIE ROSSE – Peccato che una volta diventata adulta riesce subito ad adattarsi al nuovo ambiente entrando in diretta competizione con la testuggine palustre europea, visto che si cibano delle stesse cose, ovvero anfibi, pesci e uccelli acquatici. Peccato solo che la “rossa” è più violenta e mordace e così le porta via il cibo. Fortunatamente sembra risentire come la sua cugina europea dei fattori antropici che ne impediscono la diffusione, altrimenti con i 900 mila esemplari importati ogni anno in Italia oltre alla schiusa delle uova avremmo un grave problema sia per la sovrappopolazione sia per l’ambiente, visto che si nutre di uova di pesce.

LOTTA AL TARLO ASIATICO – Ad esempio Regione Lombardia tiene sott’occhio la popolazione di tartaruga dalle orecchie rosse riservandosi eventualmente la possibilità di un intervento di eradicazione, ricordando che almeno nella Regione governata dal Celeste dal 2008 è vietato importare animali non appartenenti all’ecosistema locale. La testuggine non risulta però l’unica destinataria di particolari attenzioni da parte di Palazzo Lombardia. Nei mesi estivi nelle principali tv locali è andato in onda uno spot con protagonisti una nonna ed il nipote che parlavano dei pericoli per la fauna causati dal tarlo asiatico.

DANNI ALLE PIANTE – Tale insetto ha un aspetto allungato e robusto di colore blu scuro con chiazze bianche, lungo al massimo quattro centimetri. Si tratta di un insetto d’aspetto allungato e robusto. Originario del Giappone, è arrivato in Italia grazie ad un bonsai ed è stato rinvenuto per la prima volta nel 2000 a Parabiago. Tale esserino è molto pericoloso per via delle larve nate da uova deposte all’interno delle cortecce di giovani piante. Tali larve, dotate di potenti mandibole, scavano l’interno del tronco alle uova deposte all’interno delle cortecce di piante preferibilmente giovani e vigorose, nascono le larve dotate di potenti mandibole in grado di scavare all’interno del tronco nutrendosi della linfa per un anno, uccidendo così la pianta.

Tarlo asiatico

IL RUOLO DELLE REGIONI – L’Unione Europea ha dichiarato il tarlo asiatico organismo da quarantena mentre in Italia viene combattuto dal 2007. L’area infestata viene definita nel raggio di un chilometro dal punto di rinvenimento del tarlo. A seguire ecco la zona d’insediamento, ovvero un’area nella quale si ritiene non sia più possibile l’eradicazione ed infine viene calcolata una zona cuscinetto di due chilometri attorno alla zona infestata.  A quel punto tocca ad ogni regione agire con l’obbligo di abbattere le piante attaccate dal tarlo oltre a quelle sensibili presenti nel raggio di venti metri.

L’INCUBO DEL SILURO – Nelle zone infestate non si possono piantare aceri, betulle, carpini, faggi, noccioli, meli, peri e agrumi. Non si possono trasportare le piante ritenute pericolose fuori dalla zona d’insediamento ed eventualmente, in caso di danni ad aziende vivaistiche, la Regione di appartenenza provvede ad emettere specifici aiuti a supporto del danno. Rimaniamo nel Nord Italia occupandoci dei bacini del Po e dell’Adige. Questi da 50 anni si trovano a combattere con una specie introdotta dall’uomo conosciuta ormai come il mostro del fiume. Stiamo parlando del pesce Siluro.

Pesce siluro

ASPIRATUTTO DEI FIUMI – Originario dell’Europa orientale, è stato introdotto nella parte occidentale e nordica del Continente oltre ad Algeria, Cipro, Tunisia, Cina ed Afghanistan. Il suo habitat naturale è costituito da grandi fiumi e da paludi, stagni, laghi e canali di bonifica. Si nasconde tra rami e fanghiglia, dormendo di giorno e mangiando di notte e può arrivare a vivere anche 30 anni. Lungo quasi due metri e pesante quasi cento chili, capace di deporre anche un milione di uova l’anno, si nutre di pesci vivi e morti, di vermi, di larve e di quanto trova sul fondo come invertebrati ed anguille. Inoltre recenti studi hanno dimostrato che si ciba anche di piccoli mammiferi ed uccelli acquatici per il raggiungimento giornaliero del cinque per cento del suo peso. Quindi cinque chili di cibo per esemplare adulto.

SPECIE DANNOSA – Anche in questo caso è stato studiato un processo di eradicazione presentato dal Consorzio dell’Oglio il quale ha recepito una direttiva del 2003 di Regione Lombardia, il quale stabilisce il principio di soppressione e di non reimmissione in ambiente naturale per quelle le specie classificate come “dannose” come nel caso del pesce Siluro, inserito nella legge del 2008 sovra-citata e destinato a subìre un’attività di controllo ed eradicazione da svolgersi attraverso elettropesca e pesca subacquea. Una mano importante arriva però dai turisti dell’est europa. Come detto il siluro è originario di quelle zone e si è stabilito un fiorente turismo generato da turisti tedeschi, austriaci ed ungheresi che catturano il pesce per organizzare succulenti manicaretti, contribuendo all’abbassamento della presenza di tali animali.

Gambero rosso della Louisiana

IL GAMBERO ONNIVORO – Chissà se un giorno si potrà arrivare ad una situazione simile anche per il gambero rosso della Louisiana. Si tratta della specie di gambero di fiume più diffuso al mondo a causa della prelibatezza della sua carne, delle sue dimensioni e della sua prolificità. Originario del Messico nord-orientale e degli Stati Uniti centro-meridionali, fu importato in Toscana dalla Louisiana da un’azienda di Massarosa, vicino al Lago di Massaciuccoli, per un tentativo di commercializzazione. Sfuggito al controllo degli allevatori, si diffuse nel Lazio, in Umbria, in Piemonte, in Emilia, in Lombardia, Veneto e Calabria.

PORTATORE SANO DI PESTE – Questa specie è considerata pericolosa per via della sua alimentazione. Si tratta di un animale onnovoro e vorace e si ciba di uova di pesci, di anfibi e di insetti acquatici. Una volta sterminata la popolazione si nutre di alghe e piante acquatiche, annullando la biodiversità. Inoltre è in grado di sopravvivere fuori dall’acqua così da raggiungere altri fiumi. Scava tane profonde tane causando l’indebolimento degli argini dei fiumi e sopporta temperature fino a 50 gradi. E come se non bastasse è portatore sano di una malattia conosciuta come “peste del gambero” capace di sterminare la popolazione autoctona.

LA LOTTA – Insomma, un pericolo da fermare, come conferma il Consorzio di Bonifica dell’Emilia centrale. Nell’ambito di un progetto triennale è stata dapprima stimata l’abbondanza della popolazione sviluppando opportune tecniche di controllo. In seguito sono state applicate trappole, sono stati immessi in natura i suoi predatori naturali come l’anguilla, sono state “avvelenate” le tane, si è provveduto alla sterilizzazioni dei maschi i quali competono con i loro simili ancora sessualmente attivi per le femmine, riducendo la popolazione.

Zanzara tigre

ALTRI PERICOLI – E non finisce qui. Potremmo parlare dello storno, ritenuto un flagello per le popolazioni agricole come sostenuto dalla Coldiretti di Ravenna la quale spinge per la caccia di una specie forse troppo diffusa in Italia e capace di mettere in pericolo i vigneti mentre le sue feci, cariche di agenti patogeni, possono rappresentare un problema specie nei centri urbani. Potremmo anche parlare della zanzara tigre, arrivata in Italia grazie ad un carico di pneumatici sbarcato a Genova e probabilmente mai eradicabile del tutto. Oppure potremmo citare il punteruolo rosso della palma, parassita asiatico arrivato in Italia grazie ad un importatore di Pistoia nel 2006 e combattuto fin dalla sua forma larvale.

E’ GIUSTO O NO? – Ovvio, gli animali non hanno colpe in quanto esseri inconsapevoli. Loro tendono a vivere la loro vita ignorando le conseguenze sulla biodiversità e sull’ecosistema. Come sempre è responsabilità dell’uomo agire tempestivamente per evitare di distruggere il delicatissimo equilibrio che tiene in piedi la natura. Se la via per la salvezza dell’intero ecosistema passa dall’eradicazione di una specie con tanto di uso di fondi pubblici, come dimostrano le storie qui citate, bisogna accettare la realtà senza pregiudiziali ideologiche per non arrivare a situazioni come l’invasione del serpente arboricolo marrone sull’isola di Guam il quale riproducendosi ha estinto qualsiasi specie volatile sull’isola. Accettare, o peggio difendere, tutto questo significa non avere a cuore la natura.

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