Un orto tra i tetti di Parigi

Due ingegneri francesi hanno creato un orto di 600 metri quadri sul tetto di un istituto universitario parigino. L’idea è quella di mettere a punto un modello di agricoltura urbana produttivo, economico e sostenibile e di studiare l’impatto dell’inquinamento atmosferico. Servendosi dei principi della biomimetica producono frutta e verdura su un substrato derivato da rifiuti urbani ed arricchito con funghi e vermi per imitare l’ecosistema naturale. A meno di un anno dall’inizio l’esperimento ha già mostrato risultati incoraggianti, ed i due ingegneri col pollice verde sperano di estenderlo ad altre zone della città.

COLTIVARE ALTA QUOTA – Salire sul tetto dell’istituto AgroParisTech è un po’ come entrare in un’altra dimensione. Oltre la porta che permette di accedere alla sommità dell’edificio si cela un angolo di paradiso nascosto tra i comignoli del V arrondissment, a due passi dal Pantheon ed ai giardini di Lussemburgo. Un orto che per dimensioni e varietà di specie non ha nulla da invidiare a quelli tradizionali, tra piante di pomodori rari, erbe aromatiche, mirtilli, fragoline di bosco, lamponi, alberi da frutta e persino una piccola colonia di api che produce miele. Nicolas Bel è entusiasta di illustrarne le caratteristiche e di condividere con i visitatori la vista mozzafiato in una giornata di sole, in questa stagione più unica che rara a Parigi. Nel febbraio del 2011 il giovane ingegnere meccanico ha dato vita all’associazione Potager sur toit (orto sul tetto) insieme a Nicolas Marchal, un collega con la passione del giardinaggio. L’obiettivo era quello di seguire un’intuizione: provare a coltivare “ad alta quota” tentando di replicare il funzionamento dell’ecosistema classico e declinando in senso sostenibile dal punto di vista ecologico (ma anche economico) l’agricoltura urbana. In cerca di un appoggio scientifico e di competenze in materia di agronomia, i due Nicolas si sono rivolti alla scuola di ingegneria AgroParisTech, nata nel 2007 dalla fusione di tre Grandes Ecoles e specializzata nel campo agroalimentare ed in quello delle scienze ambientali. L’istituto ha accettato di affidare il tetto della struttura alle cure dei responsabili dell’associazione, in partenariato con l’Istituto nazionale di agronomia (INRA) e con il Museo di storia naturale. Per AgroParisTech non si tratta di una semplice vetrina, nel progetto sono coinvolti diversi dipartimenti della scuola ed i risultati dell’esperimento – il primo del suo genere – saranno al centro di più di una pubblicazione.

BIOMIMETICA E SUBSTRATO PERFETTO – Mentre passa in rassegna tutte le varietà dell’orto, Nicolas Bel spiega come gli è venuto in mente di coltivare in cima ad un palazzo. “I tetti sono un’ottima soluzione per ovviare alla mancanza di spazio, per farlo però bisogna creare le condizioni adatte. Per il giardinaggio e l’agricoltura urbana normalmente si utilizza la torba come substrato. La torba costa cara ed il suo impiego non è sostenibile ecologicamente. Nelle torbiere servono decine di anni per produrre uno strato di pochi centimetri di terreno”. Il tetto di AgroParisTech era già vegetalizzato seguendo il metodo tradizionale, con l’impiego di uno strato di pochi cm di una roccia vulcanica molto leggera sulla quale viene piantato il sedum, una pianta grassa resistente alla siccità. Bel e Marchal hanno sostituito il terreno, realizzando un substrato composto da strati alternati di compost (prodotto con gli avanzi della cucina) e di resti di potatura degli alberi della città. Per renderlo più produttivo ricorrono ai principi della biomimetica, approccio scientifico che consiste nell’imitare il funzionamento degli ecosistemi. Aggiungendo lombrichi e funghi al terreno si innesca il meccanismo naturale che arricchisce il substrato e si ottengono risultati migliori al momento del raccolto. “In questo modo si possono avere prodotti freschi coltivando con un metodo sostenibile” racconta Nicolas. Dai principi dell’agricoltura bio tradizionale deriva invece l’impiego di piante che fungono da concime naturale, varietà come la segale che fissano l’azoto nel terreno e permettono di non utilizzare additivi chimici.

LA PROVA DELL’INSALATA – Sul tetto di AgroParisTech ci si affida anche all’intuizione. “Qui finisce la parte scientifica” spiega l’ingegnere di Potager sur toit illustrando l’utlimo spicchio di orto, “e comincia quella dedicata alla creatività”. Al terreno descritto in precedenza si aggiungono rocce e minerali, si fanno crescere meli, peri e ciliegi nani, si provano varietà particolari di verdura. “Questi pomodori sono particolarmente morbidi, impossibile trovarli al supermercato perché non resistono al trasporto”. In alcune zone si piantano varietà diverse e si studiano gli effetti della biodiversità in collaborazione con il Museo di storia naturale di Parigi. Creatività a parte, le qualità del substrato sono dimostrate dalle prove a ripetizione. I differenti tipi di terreno vengono messi alla prova con l’insalata, a seconda del risultato ottenuto se ne giudica il potenziale. “Le ripetizioni sono la prova tangibile della bontà della nostra intuizione, ci si accorge subito che i cesti di insalata sono più rigogliosi quando crescono in un substrato di compost e legno arricchito con lombrichi e miceli (le radici dei funghi)”. Per Nicolas Bel si tratta della conferma del fatto che ricreando le condizioni proprie dell’ecosistema la produttività del terreno aumenta, e che coltivare in assenza di un suolo seguendo tecniche bio e sostenibili può dare delle soddisfazioni. “Nelle campagne intorno alla città quest’anno il raccolto di pomodori è andato male” afferma orgoglioso Nicolas Bel, “noi invece abbiamo fatto il pieno”. A favorire l’orto di AgroParisTech è stato il microclima particolare, più secco rispetto al resto del territorio. Anche le particolarità del microclima sono analizzate con molta attenzione. Sul tetto la temperatura può variare di qualche grado se comparata a quella del livello del suolo, l’umidità è ridotta ed il vento aumenta.

Guarda le foto – credit Alessandro Ambroggi (a_ambroggi@yahoo.it)

GLI ESEMPI DI NEW YORK E MONTREAL – L’estate scorsa Nicolas Bel ha approfittato delle vacanze per andare a dare un’occhiata a quelli che considera gli esempi più avanzati nel campo dell’agricoltura urbana. A New York ha conosciuto l’esperienza di Grange, azienda che copre un ettaro e mezzo di tetto sopra  un palazzo del Queens. Nel 2010 un gruppo di ragazzi ha cominciato con poco più di una tonnellata di terra e con un business plan ben definito. Oggi coltivano su oltre 500 tonnellate di terreno ed in due anni hanno venduto quasi 20 tonnellate di prodotti bio, realizzati secondo il metodo bio e distribuiti nei mercati cittadini. Per finanziarsi si sono affidati in parte al crowdfunding, raccogliendo fondi su kickstarter e ioby, hanno raggiunto il punto di break even nel primo anno di attività e sono cresciuti del 40% nel secondo.  Il tetto si è trasformato in una fattoria vera e propria, sono arrivate le galline e le api e per i prossimi anni ci sono piani che prevedono l’espansione dell’area coltivata. Da New York l’ingegnere di Potager sur toit è volato a Montreal e si è confrontato con i responsabili di Santropol Roulant, un’organizzazione canadese che si occupa di distribuzione alimentare alternativa e che segue diversi progetti di agricoltura urbana. Nella città canadese i primi esperimenti sono iniziati dieci anni fa, oggi i tetti che producono verdura fresca destinata alla distribuzione porta a porta ed ai mercati locali sono diversi. Rispetto all’esperienza newyorchese, a Montreal i programmi sono più legati al sociale ed alla sostenibilità ambientale. “Tutte esperienze molto significative” racconta Nicolas, “ma dal punto di vista tecnico siamo noi a condurre gli esperimenti più avanzati”.

E L’INQUINAMENTO? – Una delle critiche alle quali i pionieri dell’agricoltura urbana sono abituati a rispondere è legata all’inquinamento. Scegliere di coltivare in città può sembrare un paradosso per chi predica la messa al bando di pesticidi e concimi chimici, ma gli studi effettuati fino ad oggi dimostrano il contrario. “Le ricerche più recenti e complete in questo campo ci dicono che i metalli pesanti e le polveri sottili si depositano in fretta al suolo. A diversi metri di altezza i livelli sono molto inferiori” afferma l’ingegnere mentre mostra una pianta che funziona da biondicatore per la presenza di agenti inquinanti nell’aria. Cercare di capire qual’è l’influenza della qualità dell’aria sui prodotti destinati al consumo è uno degli obiettivi dell’esperimento realizzato sul tetto di AgroParisTech. “Qui sopra abbiamo misurato tassi di metalli pesanti 10 volte inferiori rispetto a quanto indicato dalle norme europee, entro breve proveremo a vedere come cambiano i tassi scendendo di piano in piano” racconta Nicolas. Nel 2013 verranno allestiti una serie di mini-orti vicino alla tangenziale che serviranno da test per valutare ancora una volta l’impatto dei gas di scarico sui prodotti agricoli. Proprio all’inquinamento saranno dedicate le prime pubblicazioni scientifiche che usciranno dai laboratori di AgroParisTech.

PIU’ ORTI PER TUTTI – Da quando l’agenzia AFP ha dedicato un articolo all’orto sul tetto dei due Nicolas, diversi media francesi si sono interessati alla vicenda. Per gli ingegneri di Potager sur toit si tratta della migliore delle pubblicità, nei prossimi anni sperano di offrire la loro consulenza a chiunque intenda impiantare un orto ai piani alti. A Parigi la superficie di tetti vegetalizzati è di 3,5 ettari, l’amministrazione cittadina ha programmato di raddoppiarla entro il 2020. “Per la grande maggioranza si tratta di vegetalizzazioni tradizionali con l’impiego di roccia vulcanica e piante grasse, bisognerà valutare in quali casi è possibile trasformarle in orti” spiega Nicolas Bel, “speriamo che il Comune scelga di sfruttare il nostro know how”. Oltre a fornire cibo buono, pulito e giusto (per citare Carlino Petrini ed il motto di Slow Food), Nicolas è convinto del fatto che coltivare i tetti potrebbe tradursi in un’opportunità di impiego per migliaia di persone, e che in futuro potrebbe anche diventare conveniente dal punto di vista del risparmio. “Oggi far crescere i pomodori in cima ad un palazzo è ancora caro. Ma se si sviluppano le tecniche e si condividono le esperienze nei prossimi anni potremmo rendere il sistema efficiente anche per il portafoglio”.

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