I governi di Dio: ecco dove sono

Libertà e religione spesso sono due concetti inconciliabili. Si chiama teocrazia e nel mondo c’è. Ancora. Ecco dove e perché.

Tutti i peccati sono anche reati. La legge religiosa è legge di stato. Il vero capo di stato dovrebbe essere un leader religioso. Anzi, Dio stesso. E’ il governo di Dio, la teocrazia. Nel mondo ci sono 194 nazioni. 185 sono laiche. Uno stato laico ha sempre una cultura religiosa alla base della sua storia. Non esistono stati senza religione. “Non esiste una società conosciuta, senza religione… La religione ha dato vita a tutto ciò che è essenziale nella società” E paradossalmente fu un sociologo ateo – Emile Durkheim – a notarlo. La legge di stato non si fonde con una dottrina religiosa, ma è impossibile separare totalmente aspetti culturali religiosi, legati alla storia di una certa nazione, dalle sue leggi civili. Ad esempio, negli stati di cultura cristiana il giorno di riposo è legato a quello della religione, la domenica. Questo è un fatto culturale che ha risvolti civili. Nelle teocrazie invece ogni aspetto giuridico è fondato sulle norme morali religiose.

REATO CONTRO DIO – Attualmente vi sono solo teocrazie islamiche. Nove nazioni. Arabia Saudita, Afghanistan, Sudan, Pakistan, Yemen, Nigeria, Somalia, Iran e Mauritania. Le leggi di stato sono rette dalla sharìa (che significa strada, via), cioè la legge islamica. Non a caso ci sono solo teocrazie islamiche. La sharìa si basa su tre disuguaglianze: uomo e donna, musulmano (mumin) e non musulmano (khafir), libero e schiavo. Le prime due sono tuttora in vigore. Nessuna disuguaglianza invece tra laico e religioso. Il mondo è invece diviso in Dhar al Harb (casa della guerra, stati non islamici) e Dhar al Islam (stati islamici). E’ stata tentata una carta dei diritti umani basata sulla legge islamica. Fu un insuccesso. L’Islam non può concepire una conoscenza della natura indipendente dal Corano nel senso della legge naturale, di origine stoica che il Cristianesimo ha fatto propria assumendo nel suo ordinamento il diritto romano. Ogni ragionamento in materia etica e politica non può avere altra fonte che il Corano e la tradizione che lo commenta, la Sunna e i detti di Maometto riferiti per tradizione. Mentre natura e ragione sono termini della tradizione cristiana dalle quali l’Illuminismo li ha ricevuti, essi sono interamente assenti nella cultura islamica: di qui appunto la radicale asimmetria. Non può esistere la separazione tra laico e religioso. Tra morale e legge civile. Ciò che è contro la legge islamica è reato. Per esempio, l’omosessualità, che è contro il Corano, viene sanzionata oggi con la pena di morte solo e in tutte le teocrazie islamiche. Questo è molto diverso dalla laicità di uno stato che ha un fondamento storico e culturale cristiano. Non esisterebbe l’Europa senza le sua radici cristiane, dovute al monachesimo benedettino. Anche i valori laici dell’illuminismo nascono in un ambiente culturale cristiano, per cui è impossibile separare storia, cultura e religione. Tuttavia uno stato di cultura cristiana non impone né la dottrina, né le norme morali ai propri cittadini. E direi che non le impone proprio in quanto stato che ha un fondamento cristiano. La tolleranza è il nome laico della fratellanza, anche se meno profonda. Ti sopporta la prima, ti considera come un fratello la seconda. In una teocrazia non è così. Nell’Islam un “fratello” è solo un altro musulmano, non qualsiasi essere umano (e questo vale anche per l’Ebraismo). La maggioranza degli stati di cultura islamica non è teocratica. Questo dipende dalla loro storia, non dalla loro religione. Se fosse per l’Islam ogni nazione dovrebbe essere basata sulla sharìa, sulla legge religiosa.

IL DOSSIER IRAN – L’Iran è sempre stato uno stato islamico. Non nel senso politico però. Così come l’Italia è un paese cristiano. La repubblica islamica è un’altra cosa. L’unica con una maggioranza sciita, il dieci per cento dell’Islam, è l’Iran. Fu l’ayatollah Ruhollah Khomeyni nel 1979 che prese il potere con la rivoluzione islamica. Colpa dell’ultimo scià di Persia (Iran), Reza Pahlevi fu quella di voler modernizzare secondo canoni occidentali la nazione. E la modernità è odiata dai fondamentalisti. Un ayatollah (che significa “segni di Allah, di Dio”) è un capo religioso sciita, esperto in giurisprudenza e in studi islamici, ma queste due cose sono fuse tra loro. Legge religiosa e civile non conoscono separazione. Con l’ayatollah Mohammed Ishaq al-Fayad anche l’Iraq si sta avviando ad essere la decima teocrazia islamica nel mondo. La dittatura di Saddam Hussein scongiurava la teocrazia escludendo la libertà. La teocrazia sciita non garantirà comunque la libertà secondo i canoni occidentali. Tutti i paesi islamici sono a rischio di teocrazia. Dipende da quanto il sentimento fondamentalista fa presa sulla popolazione. In realtà non si dovrebbe parlare di fondamentalismo per l’Islam. Se viene applicata veramente la sharìa, come dovrebbe essere, siamo già nel fondamentalismo. Ricordo non può esistere una separazione tra laicità e religiosità, tra civile e religioso nell’Islam. Dove questa c’è è perché è tenuta in piedi da compromessi politici o una forza liberale dominante. C’è chi vorrebbe far entrare nell’Unione Europea un paese che consente, almeno moralmente, che la figlia venga uccisa dal fratello maggiore, se questa ha disonorato la famiglia. L’Iran? No, la Turchia.

ESEMPI – Ogni paese islamico (anche non teocratico) ha un capo religioso, il gran muftì, che può emanare una sentenze giuridica, la fatwa. In tutti è possibile la poligamia. L’Arabia Saudita è quella che ha le maggiori restrizioni religiose. E’ proibito qualsiasi culto che non sia quello islamico. L’intera nazione è considerata suolo sacro. In Sudan vige la legge coranica dal 1980. La Nigeria ha adottato la sharia nel 2000. Il presidente Olusegun Obasanjo ha detto che la legge islamica è parte della vita dei musulmani e dei nigeriani. In Iran la polizia dei costumi islamici vigila sull’applicazione di comportamenti consoni al Corano e alla sharìa. E’ prevista la tortura. Nello Yemen è proibita la conversione ad altre religioni e il proselitismo non islamico. Scarsi i diritti per le donne. Afghanistan. Censura mediatica in base alla legge islamica. Somalia. Forti limitazioni di libertà di stampa, pensiero, associazione, movimento. Violenze e discriminazioni delle donne, incluse le mutilazioni genitali femminili. Pakistan. Conversioni forzate all’islam e persecuzione delle minoranze indù. Mauritania. Il matrimonio e il divorzio non richiedono il consenso della donna.

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