Luigi Di Maio criticato dalla Accademia della Crusca per gli strafalcioni grammaticali

21/01/2018 di Redazione

Luigi Di Maio è stato criticato dall’Accademia della Crusca per gli eccessivi strafalcioni grammaticali. Il presidente della più prestigiosa istituzioni linguista italiana, il professor Claudio Marazzini, è stato particolarmente severo contro il candidato premier del M5S, in un intervento critico contro tutti i partiti per una campagna elettorale caratterizzata da slogan rozzi e troppo semplificati.

Luigi Di Maio criticato dalla Accademia della Crusca per gli strafalcioni grammaticali

In una intervista a La Stampa il presidente dell’Accademia della Crusca descrive una situazione molto allarmente per l’italiano: «Il grande male di quest’ultima caccia al voto sta innanzitutto nell’aver ridotto il messaggio elettorale a slogan. Frasi fatte come “gli immigrati aiutiamoli a casa loro, per prima cosa aboliremo la legge Fornero, gli italiani innanzitutto, basta con le tasse universitarie” sono titoli ad effetto lasciati volutamente orfani di un ragionamento completo. Per il momento si sta uccidendo la lingua italiana».

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Il prof. Marazzini è particolarmente critico verso il M5S, e il suo candidato premier Luigi Di Maio, che sembrano voler far a pugni con l’italiano per recuperare voti. Gli strafalcioni grammaticali sarebbero un modo per distinguersi dagli altri partiti, e sembrare meno “Casta”. Una tecnica non nuova, in realtà. «Quegli strafalcioni meritano un discorso a parte. Perché usciti dalla bocca di un candidato premier dei Cinque stelle diventano un manifesto. Vedete, dice Di Maio, io maltratto la lingua italiana esattamente come voi, non sono uno della Casta. Di Maio insegna: dietro una comunicazione semplificata si avverte il profumo dell’antipolitica: l’uso impreciso dell’italiano è una carta forte da giocare, come ben spiegava Umberto Eco nella sua fenomenologia di Mike Bongiorno, che incarnava fortemente un senso di mediocrità diffusa», rimarca il presidente dell’Accademia della Crusca a Emanuela Minucci della Stampa. Il professor Marazzini lamenta inoltre l’assenza di dibattiti politici, che permetterebbero anche un utilizzo più consono dell’italiano. Secondo il docente universitario presidente dell’Accademia della Crusca nessun candidato utilizerebbe un italiano grezzo in un confronto per non sembrare troppo ignorante.

Foto copertina: ANSA/CLAUDIO PERI

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