«Facciamo tornare Grum a casa, in gabbia può morire»

17/01/2018 di Redazione

Lo conoscerete già. Grum è il caracal o meglio “caracat” sequestrato a Milano. L’esemplare, cucciolo, viveva nell’appartamento milanese di Anelia Kancheva, cittadina europea di origine bulgara, mamma di due figlie di tredici e quindici anni. Il carattere di Grum è docile secondo quanto sostengono i proprietari. Anche perché il caracat avrebbe solo un quarto di dna proveniente dal caracacal.

L’avvocato Stefano Sutti ha chiesto alla Procura di Milano il dissequestro del cucciolo. Come riprova della non pericolosità di Grum, ora in una gabbia in una clinica veterinaria milanese, la clinica San Francesco a San Siro, dove è seguito per una patologia genetica, Sutti si è rivolto agli esperti dell’Università Statale per confermare definitivamente le origini con test genetico. Grum è stato portato via da casa dopo che la sua padrona, Anelia, ora denunciata, si è comportata nel migliore modo possibile. Riporta il Corriere:

Quando la fotografia del caracat Grum a passeggio nei giardini Montanelli, in centro città, è finita sui social, Anelia è andata dritta al nucleo della forestale dei Carabinieri, in via Vitruvio. «Mi sono presentata con Grum al guinzaglio e con i suoi documenti. Alcuni dei militari si sono fatti dei selfie con lui. In ufficio ne avevano un esemplare imbalsamato. Però non avevano il lettore del microchip». Accadeva prima di Natale. Per le vacanze la famiglia ha fatto tappa prima a Sofia e poi a Instambul. «E Grum sempre con noi. Siamo rientrate il 9 gennaio e l’11 i militari hanno bussato a casa nostra».

Paradosso dei paradossi è che il caracat ha finora viaggiato legalmente in Europa. Acquistato regolarmente sei mesi fa da un allevamento nella Repubblica Ceca che l’ha vaccinato, certificato, munito di passaporto e chip sottopelle secondo la normativa della Unione Europea è arrivato in Italia per seguire alcune cure. Cure che devono esser seguite i  modo rigido e che possono esser influenzate proprio dalle condizioni dell’animale, ora via da quello che finora è stato il suo ambiente protetto. On line è partita una petizione che chiede di ridare il piccolo nelle mani di Anelia e della sua famiglia. Almeno fino a che non sarà decisa la permanenza o meno dell’animale in Italia. Spiegano nell’appello su Change, che ha già raccolto già 43 mila firme.

Solo l’intervento urgente dei legali dello Studio Legale Sutti, che si sono messi immediatamente a disposizione pro bono per tutelare gli interessi dell’animale, ha consentito per il momento di ottenere che il veterinario intervenuto desse indicazioni per la custodia temporanea dell’animale, che è tuttora in convalescenza e deve seguire una dieta strettissima, anziché in qualche gabbia gelida in cui l’animale sarebbe se non altro probabilmente morto di crepacuore, presso la clinica veterinaria dove è già stato operato.

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