La donna che vedeva il demonio dappertutto

24/03/2012 di Redazione

Un caso di cronaca che viene da Roma e coinvolge due coniugi anziani: il marito ha sparato alla moglie mentre dormiva e poi è stato convinto dal figlio a costituirsi. L’uomo dice di aver ucciso la consorte a causa dell’ossessione per la religione di lei, che aveva trasformato la casa in un santuario. Ne parla il Corriere:

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«Io l’amavo tanto e invece ho distrutto tutto. Ho distrutto la sua vita. E anche la mia. Ma non riuscivo più a vederla ridotta così, soffriva troppo, era devastata, ormai era diventata schiava della religione, vedeva il diavolo dappertutto e mi portava con lei a fare gli esorcismi, con la gente che sveniva, gridava. Un vero inferno…». Un uomo in pezzi, Ivo Pinto, 72 anni, carabiniere in pensione, che ieri mattina alle 5 ha ucciso nel letto mentre dormiva sua moglie Annamaria con un colpo solo di Smith & Wesson alla testa e poi si è andato a costituire. Assistito dai suoi legali, AntonioMarino e Andrea Mieli, ha confessato tutto ai carabinieri di Cerveteri e al sostituto procuratore di Civitavecchia, Alessandra D’Amore, prima di essere portato in carcere con l’accusa di omicidio volontario.

La storia però non sembra essere del tutto lineare, a quanto sembra:

La signora Annamaria, 50 anni, sposata in seconde nozze, frequentava da tempo la «Comunità di rinnovamento carismatico cattolico Maria» e due volte alla settimana, il mercoledì e il sabato, andava agli incontri di padre Ermete Aceto nella bella chiesetta di Sant’Angelo in Pescheria, al Ghetto, a pochi passi dalla sinagoga di Roma. «Faceva parte del nostro gruppo di canto, era una brava corista — conferma padre Ermete con voce addolorata —. Ma non mi sembrava per nulla una donna ossessionata dal diavolo, insomma un’invasata, anzi, era piuttosto una signora tranquilla, molto serena. Anche perché la nostra non è mica una setta! Qualche volta, è vero, si presenta qualcuno con dei problemi a chiederci aiuto, ma non facciamo esorcismi! Forse il diavolo ha posseduto suo marito, l’altra notte, certamente non lei…». Il signor Ivo Pinto, nel lontano 1967, fu tra i protagonisti del conflitto a fuoco che portò alla cattura della feroce banda di via Gatteschi, i tre rapinatori che uccisero a Roma davanti agli occhi dei genitori i fratelli Gabriele e Silvano Menegazzo, rappresentanti di gioielli.

Uno dei più atroci delitti nella storia della cronaca nera capitolina e furono appunto i carabinieri— al termine di un’indagine durata due mesi — a scovarne gli autori:

Così, dopo una vita spesa nell’Arma, Ivo Pinto si era ritirato da tempo a vivere nella bella villetta di Ladispoli, località balneare a una trentina di chilometri da Roma, sulla via Aurelia. La «Smith &Wesson », regolarmente detenuta, la teneva in un cassetto del comodino vicino al letto. Con il colpo in canna, «per paura dei ladri», così ha spiegato ieri agli investigatori. Annamaria viveva con lui da pochi anni.

Ma ben presto tra loro erano cominciati i problemi:

«Lei vedeva il diavolo dappertutto — è il racconto del marito ancora sconvolto —. Mi aveva già fatto vendere la barca, due anni fa, perché era convinta che fosse abitata dal demonio. E aveva tolto dalle pareti tutti i quadri e al loro posto aveva appeso crocefissi, santini e altre immagini sacre. La nostra casa, insomma, era diventata una specie di santuario. Eppoi negli ultimi tempi non dormiva più, diceva di sentire delle voci e mi chiedeva di vendere la casa per comprarne un’altra che fosse vicina alla comunità religiosa. Anche l’ultima notte mi ha svegliato per ripetermi questa cosa, io ormai ero estenuato e non ci ho visto più. Ho avuto un raptus e ho sparato. Chiedo perdono ».

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