Sandra Zampa: «Se il Pd si spacca sul referendum rischia di morire» | INTERVISTA

Un incubo ricorrente, forse soltanto uno spauracchio. Per altri un rischio reale. Al Nazareno fa tremare l’incognita di una scissione del PD. C’è chi l’ha già evocata in Direzione, nonostante la minoranza di Bersani e Speranza, ormai pronta a votare “NO” al referendum costituzionale, rivendichi di non volerne nemmeno sentire parlare. Eppure nel partito c’è già chi avverte: se la Ditta confermerà il suo strappo nel voto decisivo del 4 dicembre, il Pd rischia di implodere.

Un accordo in extremis proverà a trovarlo la commissione incaricata di trovare un’intesa sulle modifiche all’Italicum, la legge elettorale contestata dalla sinistra interna. La minoranza parteciperà ai lavori con Gianni Cuperlo, leader di Sinistra dem, che ha già annunciato di volersi dimettere da deputato se sarà costretto a votare “NO”, in caso di mancato accordo prima delle urne. Ma se l’ex presidente dem lavora per una mediazione, i bersaniani restano  scettici, convinti che «il tempo sia ormai scaduto». Tradotto, la rottura è a un passo. «Non credo ci possa essere un futuro se il partito si divide il 4 dicembre», avverte pure la vicepresidente dem Sandra Zampa, intervistata da Giornalettismo. Pur critica sull’Italicum (che in Aula la deputata non ha votato, ndr), l’ex portavoce di Romano Prodi sosterrà il “” al referendum, convinta che sia l’unico atto coerente per chi sostenne la riforma in Aula.

SANDRA ZAMPA REFERENDUM

 

Può bastare una commissione per tenere unito il Pd? O è già rassegnata a un Congresso anticipato al referendum costituzionale?

«Io credo sia una proposta vera, ora va praticata con risposte autentiche. Si può trovare un’intesa sulla proposta Chiti-Fornaro (che disciplina l’elezione diretta dei senatori e che in Direzione dem Renzi ha spiegato di voler adottare, ndr), anche correggendo l’Italicum. Rassegnazione non è un termine che fa parte del mio vocabolario, certo mi aspetto che la commissione porti alla luce almeno la posizione del Pd, in poco tempo. Ricordo che a Varese in un’assemblea nazionale, con Bersani segretario, noi proponemmo il maggioritario a doppio turno alla francese, che prevede gli apparentamenti. E va risolto anche il nodo dei collegi, correggendo tutti quei difetti che abbiamo trovato nell’Italicum»

Ma con chi va cambiata la legge elettorale? Il M5S si è fatto da parte, Forza Italia e il centrodestra ufficialmente dicono di non voler nemmeno discutere prima del voto…

«Con chi sarà disponibile. Questa legislatura è stata da subito anomala: o si decide di stare fuori o dentro, non si può andare a corrente alternata. Non mi fecero piacere né l’incontro con Silvio Berlusconi, né gli accordi politici successivi. Ma dato che, su richiesta di Napolitano, c’è stato un giorno in cui abbiamo accettato questa situazione – e, ai tempi di Letta premier, mi è stato più volte spiegato che dovevamo farci piacere pure le larghe intese con Fi –  ora bisogna andare fino in fondo. Altrimenti tanto valeva smettere subito. All’epoca tutti si sbracciavano per dire che le riforme andavano fatte con la più ampia convergenza possibile, vale anche adesso. Ma prima si parte dall’unità massima del Pd sulla proposta di legge elettorale, poi si va a mediare con chi riesce almeno ad accogliere alcuni parti di quella proposta».

C’è però un problema di numeri. Non è che l’unico accordo possibile sarà sul passaggio al premio di maggioranza alla coalizione e vi ritroverete alleati di Verdini e Alfano?

«Il M5S è passato al proporzionale puro, una proposta opposta alla nostra. Ma sono sempre stati contro a priori. Se sono interessati al dialogo, lo dicano. Io spero invece che si parta da Sel-Sinistra italiana, perché loro sono i nostri alleati naturali. Ci sarà bisogno di allargare? Potrebbe essere con una forza centrista. Ma, ripeto, i nostri alleati naturali sono i compagni di Sel. Siamo maggioranza alla Camera grazie al premio con la coalizione “Italia Bene Comune”».

Cuperlo cerca una pax in extremis nel Pd sul referendum, Bersani sembra aver ormai deciso per il No. Sbaglia dopo aver appoggiato la riforma Boschi in Parlamento?

«Io non riesco a capire come si possa votare per tre volte “Sì” in Aula, per poi uscire dall’Aula e invitare i cittadini a votare contro. Sarebbe come dire: “Mi sono sbagliato, correggete voi i miei errori”. Ma una spiegazione non l’ho ancora sentita. Va fatto ordine. C’è un nesso tra la riforma costituzionale e l’Italicum? Vero, io sono tra quanti dicono che esiste. Bene, chiediamo una modifica della legge elettorale. Si chiede un segno tangibile? Il segno è che si metta a lavorare la commissione e da lì venga avviato l’iter legislativo per modificarla. Ma se viene fatto e resti ancora sul No, allora la questione è un’altra. Ma tocca a loro spiegarlo. Un’incoerenza di questo tipo mi stupirebbe molto».

Per Renzi quello della minoranza è soltanto un pretesto. Il premier è convinto che la sinistra Pd voglia soltanto affossare la sua leadership…

«Io non condivido questa linea. Anche Renzi dovrebbe usare un altro linguaggio. Chi ha spinto il segretario verso questi metodi e toni muscolari, a dire che la minoranza lo considera soltanto un usurpatore, non va bene. Dentro una comunità ci si rispetta, ci vuole dialogo fino in fondo. I nostri elettori sono molto stressati da i nostri comportamenti. Ma è anche il segnale di un partito che ancora si contende le spoglie del passato. Mi viene il sospetto che in realtà il PD non l’abbiamo mai voluto veder nascere. C’è chi continua, con una vecchia cultura politica, ad affrontare il presente. E c’è chi, come Renzi, non riconosce quanto è stato fatto per arrivare a oggi. Specularmente, è lo stesso errore. Ma il premier dovrebbe ringraziare chi ha fondato il partito. Quando dice che il Pd è contendibile, deve riconoscere grazie a chi oggi lo è. Perché è irritante, per chi l’ha vissuta e sudata, la sua liquidatoria espressione sul passato»

LO SPECIALE DI GIORNALETTISMO SUL REFERENDUM COSTITUZIONALE 2016

Bersani dice di essere stato trattato come un “rottame”. Ritiene che Renzi stia mettendo alla porta la minoranza Pd? 

«Bisogna smetterla con questi personalismi. Il Pd non è roba loro, la facciano tutti finita. Serve maggiore rispetto da entrambe le parti, non ne ho visto molto in questi anni. Certo, gli accordi che sono stati presi devono essere rispettati. E ci vuole un minimo di coerenza in più. Non mi dimentico che ancora adesso c’è chi ti fa il processo perché non hai votato Franco Marini presidente della Repubblica. O che c’era chi ipotizzava espulsioni per chi aveva detto in modo esplicito che non l’avrebbe votato, con lealtà, al contrario di chi invece lo fece di nascosto, magari venendo pure dalle stesse fila o correnti. Serve rispetto, tra noi e verso il nostro popolo, che è stanco e ha anche ragione. Noi torneremo a piacere agli italiani se ci mostreremo come un partito serio, sobrio. Un errore illuderci che basterà vivere degli errori e dell’incapacità del M5S. Dobbiamo essere all’altezza delle nostre radici. Questo lo stiamo perdendo per strada».

Il Pd muore se si spacca al referendum costituzionale? 

«Io credo di sì. Non penso che ci possa essere un futuro dopo. Da una parte, o da un’altra, non si potrebbe restare di certo insieme. Non resterebbe tutto uguale. Né credo sia vero che non succederebbe nulla. Perché ci sarebbe un problema di credibilità, di autorevolezza della politica. Viviamo in una legislatura così strampalata che ci ha fatto ritrovare accanto a Denis Verdini. E io accanto a Verdini non vorrei trovarmi più. Lo abbiamo fatto perché avevamo un compito. Adesso dopo tre anni cosa raccontiamo alla gente? Che abbiamo scherzato? Chi lo racconta forse non capisce bene. E non considera che sarebbe un partito fortemente delegittimato. Un problema piuttosto grande. Bersani sbaglia a dire che non cambierebbe nulla».

Nelle ultime settimane c’è chi ha tirato in ballo Romano Prodi sul referendum, ma l’ex premier in realtà non ha ancora chiarito come voterà. Lo farà? Mancano personalità come il Professore per tenere unito il Pd?

«Ho troppo rispetto per il Professore, non voglio rispondere alle domande che lo riguardano. Pur sapendo come la pensa e come voterà, penso sia giusto decida lui cosa vuole fare».

Share this article