Bugie e faida a 5 Stelle stanno paralizzando Roma. Raggi governi, se ne è capace

07/09/2016 di Alberto Sofia

Ricordate il mito pentastellato dell’alterità? «Noi siamo diversi dai partiti, diversi da quelli che hanno governato Roma». Dimenticatelo. Era il mantra, ripetuto all’infinito, da Virginia Raggi e dal Movimento 5 Stelle di fronte a qualsiasi domanda posta nel corso della campagna elettorale delle Comunali. Programmi? Nulli o quasi. Una posizione chiara? Neanche a parlarne. Mai sbilanciarsi, né sulle Olimpiadi, né sullo Stadio della Roma. Nemmeno su chi intestare una via: «Lo chiederei ai cittadini», sbandierava la giovane avvocato che sarebbe diventata il sindaco della Capitale. Peccato che alla prima difficoltà, l’inchiesta che coinvolge l’assessore all’Ambiente Paola Muraro per violazione della legge sui reati ambientali, a quegli stessi cittadini il sindaco e il M5S abbiano riservato soltanto bugie. Altro che trasparenza, altro che collegialità. Fine del mito della diversità.

LA DIRETTA: Beppe Grillo incontra Raggi. Una mail inchioda Di Maio

Sapevano tutto, ma restavano in silenzio. Non soltanto Raggi e la stessa Muraro, costrette alla retromarcia dopo aver negato per settimane di essere a conoscenza dell’indagine. Anche nel mini-direttorio romano, ma soprattutto in quello nazionale, c’è chi ha mentito, dicendo di non sapere. Compreso l’aspirante premier Luigi Di Maio, ora accusato dal resto del direttorio. Ci sono messaggi, trascrizioni, conversazioni intercettate dai giornali che lo dimostrano: Di Maio sapeva di Muraro indagata. E lo conferma pure una e-mail del 5 agosto, pubblicata dal Messaggero, inviata da Taverna al vicepresidente della Camera. «Scusate, ho letto quella email, ma ho capito male», si è difeso. Un’evoluzione dell’«a sua insaputa» di antica memoria. Sapere, ma non capire.

LA GUERRA M5S CHE PARALIZZA ROMA

Ma quel che appare fin troppo chiaro, e che poco si addice a chi si proclama «diverso», è quella guerra intestina in casa M5S che si sta consumando nella partita romana. Un tutti contro tutti da Prima Repubblica, una lotta tra correnti che sta paralizzando la Capitale. Con i vertici che vogliono commissariare il sindaco, chiedendo il passo indietro di fedelissimi e assessori. E Raggi che resiste. Non è la prima volta che accade nella storia grillina, tra espulsioni di parlamentari dissidenti, sindaci scomunicati, “purghe” via blog. Ma a Roma sembra giocarsi qualcosa di più. Una faida interna che punta a rimescolare le gerarchie di potere nel movimento di Grillo, dove ora sembra lo stesso Di Maio il principale accerchiato. Lui, il dialogante, l’alter-ego del M5S che incarna l’anima aperturista contro l’oltranzismo militante di Di Battista & Co, rischia di bruciarsi, tra errori – pesanti – e attacchi interni. Con tanto di mail e messaggi girati – dal fuoco amico? – alla stampa che lo inchiodano. La “presa del Campidoglio” di Raggi doveva essere un’altra tappa per il M5S e Di Maio nell’avvicinamento alla stanza dei bottoni, la rampa di lancio verso Palazzo Chigi. Può diventare la tomba delle loro ambizioni. E non è un caso che si preferisca la fuga dalle domande.

Peccato che l’unica vittima di questa partita a scacchi, di questa guerra in salsa pentastellata, sia Roma. E i romani. Uno spettacolo che l’alterità (presunta) grillina sbandierava di voler fare dimenticare. E che sembra invece quasi un bis di quella farsa Capitale giocata dal centrodestra alle Amministrative, con Berlusconi, Meloni e Salvini che si impallinavano per puntare alla leadership nazionale. Con una differenza non di poco conto: allora era soltanto campagna elettorale, i cittadini potevano scegliere se punire alle urne il centrodestra. Questa volta no. Perché Raggi è il sindaco di Roma. Di tutti, non soltanto di chi l’ha votata. E a due mesi di distanza dal suo ingresso a Palazzo Senatorio ci aspettavamo qualcosa di più di assessori saltati, inchieste, bugie ai cittadini, di una città invasa dai rifiuti mentre l’assessore è in bilico e i vertici di Ama sono saltati. Ci aspettavamo qualcosa di più di una guerra intestina. Per quello bastava Forza Italia. O le direzioni Pd, almeno visibili in diretta streaming (ricordate chi le promosse?). O, ancora, le amministrazioni finite dal notaio. «Il vento è cambiato», diceva Raggi. Non ce ne siamo accorti. Se è in grado, chieda scusa, faccia pulizia nella sua Giunta e cominci a governare la città. Dimostri di essere indipendente. Prenda finalmente qualche decisione. E magari cominci a praticare quella trasparenza tanto sbandierata. Roma non può aspettare ancora. Il futuro di Luigi Di Maio e le battaglie di potere del M5S non possono essere un problema dei romani.

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