Dieci cose che ho capito sul Portogallo, dal fado al Porto

28/10/2016 di Boris Sollazzo

PORTOGALLO –

C’è TripAdvisor, ci sono i forum, c’è google che aiutano a viaggiare. Ma noi proviamo a dirvi qualcosa fuori dai denti dei luoghi che visitiamo. Tra ironia e curiosità.

Il Portogallo, ve lo diciamo subito, è un luogo magico, pieno di sorprese, da capire e vivere. Potete andare a Porto per un week-end oppure girarvelo per giorni, settimane o mesi.

Ed ecco dieci cose che abbiamo capito di un luogo che ha saputo dare i natali al genio incompreso Pessoa ma anche a quel coatto antico di Cristiano Ronaldo

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1. Si vive con poco: non è (del tutto) vero. Solo se passi il tempo a cercare posti che costano poco o trovi un vecchio saggio e burbero o una ex hippie inglese che decidono di renderti partecipe dei loro segreti. O se segui i consigli di Giordano Giusti. Certo, non è Dubai.

2. Gli uomini assomigliano tutti a Fernando Couto, Nuno Gomes, Paulo Sousa, Futre, John Hannah e Giordano Giusti. Le donne, quasi tutte, pure. Purtroppo.

3. In Portogallo la rivoluzione dei garofani dev’essere stata interpretata col fumarseli tutti, i garofani. Ci sono più fricchettoni in questo paese che a Christiania a Copenaghen o al Forte Prenestino. Che poi al Forte ora ci vanno quelli di Roma nord in incognito.

4. Bono er baccalau. Ma anche basta. E anche meno, soprattutto.

5. I ritmi dei portoghesi agli sportelli di qualsiasi servizio, privato o pubblico, fanno sembrare Flash Gordon un qualsiasi impiegato delle poste italiano. Ma loro sono più simpatici.

6. Qui la vittoria dell’europeo l’hanno presa benissimo, come a Roma il terzo tricolore giallorosso nel 2001. Bandiere che neanche il faccione di Che Guevara a L’Avana, cocktail con il nome di Eder, gadget di gusto discutibile usati quotidianamente anche da signore distinte. Ma Cristiano Ronaldo lo tengono nascosto, un po’ come se non si celebrasse il Cappetano con cori, murales e magliette per il quarto scudo sicuro della Roma il maggio prossimo.

7. Una certezza: Eros Ramazzotti farà capolino dalla vostra autoradio almeno una volta al giorno. E probabilmente qui è reato passare canzoni incise dalla popstar nata “ai bordi di periferia” dopo il 1994.

8. Il Porto non è un vino da femmine. O forse sí. In tal caso, è l’ennesima dimostrazione della superiorità delle donne. La Ginjinha fa capire che popolo paraculo sia questo: il bicchiere di cioccolato da mangiarsi dopo avervi bevuto dentro il liquore ti fa tornare bimbo.

9. Non sono lenti, hanno solo capito tutto della vita. E la fila non è sintomo di inefficienza, ma uno stato esistenziale e un’occasione di meditazione. Ti fanno capire che non è uno sgarbo rallentare, ma un modo per prendersi i propri spazi e tempi. E dare un’occasione a chi non capisce l’importanza di farlo.

10. Chiedere informazioni in Portogallo è un’esperienza di vita. Chiederle a Lisbona è un’esperienza divina. Chiederle alla persona giusta (all’entrata sbagliata del castello di San Giorgio) un’esperienza unica.

P.S.: Ho mangiato al ristorante El Piteo. Così tanta carne “alla portoghese” che credo di aver prodotto su me stesso l’effetto Obelix delle proteine. Ora sono vegano. Per saturazione.

Rileggete il tutto mettendo su un cd di Fado, magari della soave Carminho. Sorseggiando Porto, magari comprato alla Graham’s (visita e degustazione sono indimenticabili). E chiedetevi come fa ad assomigliare tanto, nei contenuti e nella musicalità, alla musica napoletana. La differenza è che lì coltivano quella cultura, mentre qui… Gigi D’Alessio e neomelodici.

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