Brexit, l’Europa è morta. Ma non questa notte

24/06/2016 di Boris Sollazzo

Mi chiamo Boris Sollazzo, ho 38 anni, e forse faccio parte della prima generazione che si è sentita europea. Perché è nata europea. Anzi, forse faccio parte dell’unica generazione che si è sentita tale.

Stamattina ho rotto la tazzina in cui c’era il mio caffé. Mi sono addormentato con il Bremain, mi sono svegliato con il Brexit: ero così sconvolto che le dita hanno perso la presa ed è caduta. Come l’Europa, è finita in mille pezzi. Per un unico insensato gesto. O forse no.

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Perché l’Europa questa notte, con il voto vecchio, astioso, egoista, grottesco degli inglesi ha solo dato il colpo di grazia all’idea (e ideale) politico più bello, maltrattato e malinteso del dopoguerra.

L’Europa è morta quando ha deciso che doveva essere un Mercato Comune puramente economico e finanziario e non un terreno comune di progresso intellettuale, sociale, culturale. In quel triennio tra il 1989 in cui cadde il Muro di Berlino e il 1992 in cui si ricostruirono le basi della CEE (comunità economica europea, guarda un po’) su basi puramente numeriche, percentuali, burocratiche e legislative. In cui quell’idea meravigliosa di unione che era nata su un’isola a Ventotene non si sarebbe mai aspettata di morire su un’altra che beffardamente si chiama Regno Unito. In cui si sognava di essere Unione Europea e ci si è trovati ad essere un surrogato del Fondo Monetario Internazionale.

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E’ morta nel mar Jonio, nell’Adriatico e infine nel Mar Mediterraneo, quando i migranti sono diventati un problema, la politica estera comune un’opportunistica carta da giocare tra componenti di un’Unione in cui qualcuno era più uguale degli altri, quando l’accoglienza non è stato più un valore: eppure l’ossessione quasi colonialista di allargarsi a nuovi stati era volta proprio ad essa, o forse invece solo ad avere più consumatori?

E’ morta con i Cpt e i Cie, i muri in Ungheria, i migranti venduti un tanto al chilo alla Turchia, la Schengen sospesa per respingere chi aveva bisogno. Quando abbiamo rinunciato alla nostra identità.

E’ morta quando non ha saputo dare una risposta europea e unitaria all’attentato del Bataclan.

E’ morta nel 2001, quando Genova ha sospeso i diritti della mia generazione, umiliandoli a sangue, e poi ha permesso la sospensione delle proprie stesse leggi per schiacciarli. Perché quella voce voleva un mondo migliore e più equo. L’Europa non più.

E’ morta quando non ci sono stati più politici che inseguivano un’idea, come Romano Prodi, ma banchieri o avvocati come Juncker. Quando Hollande e Renzi, possibili esponenti di un’altra sinistra moderata hanno preferito assecondare Angela Merkel, a non contrastarla abbastanza (più il francese che l’italiano, va detto, che almeno ci ha provato e ha avuto il coraggio di dire che “l’ossessione europea per l’austerità sta distruggendo la crescita”). Hanno rinunciato ad essere diversi e possibili.

E’ morta la notte di un altro referendum, quando Tsipras ha dato il coraggio al suo popolo di ribellarsi a una società per azioni estesa quanto un continente in cui la golden share è in mano alla Germania e in cui le leggi (ma soprattutto le eccezioni) che valgono per la Francia, non valgono per tanti altri. E’ morta quando Tsipras ha capito che non avrebbe potuto davvero contrastare quel mostro di plutocrati e dinosauri politici e che la sua partita era persa in partenza.

E’ morta quando ognuno di noi ha preferito votare, ascoltare, assecondare leader opportunisti che attaccavano l’Europa, invece di sostenere chi avrebbe potuto salvarla in tempo.
E’ morta perché noi, la generazione Erasmus, siamo stati derisi, poi picchiati, infine ignorati. E forse non abbiamo avuto il coraggio di una rivoluzione.

E’ morta perché la sinistra si è suicidata e si è convertita a un capitalismo fatto di quote e di cavilli, invece che di integrazione lavorativa, valoriale, culturale. E perché la destra si è trincerata dietro anacronistici nazionalismi e facili guadagni, elettorali e finanziari. Perché ha inquinato le acque con un violento e irresponsabile populismo, qualunquista e non di rado fascista.

E’ morta quando si è divisa nelle sue generazioni: quando gli anziani hanno rotto non solo il patto sociale nei propri stessi paesi, ma anche quello emotivo e umano: i vecchi inglesi conservatori di provincia che votano per il Brexit e rendono vano l’anelito verso il futuro dei loro figli e nipoti sono la fotografia più violenta e avvilente della gerontocrazia imperante da Lisbona a Varsavia.

E’ morta e forse è giusto così. Perché ci ho creduto a lungo ma quest’Europa non la riconosco più. Oggi, per strada, non c’è la disperazione di un sogno spezzato ma il panico per un portafoglio di azioni in pericolo, di uno spread di nuovo imbizzarrito, di una sterlina in picchiata.

Siamo diventati i ragionieri delle nostre utopie. L’Europa è morta e neanche noi stiamo tanto bene.

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