Sara Di Pietrantonio, i due scooteristi non si sono fermati perché «avevano paura per la loro incolumità»

31/05/2016 di Redazione

«Hanno detto di non aver capito bene cosa stava succedendo e, comunque, avevano paura per la loro incolumità». Sara Di Pietrantonio ha chiesto aiuto, invano: nei 200 metri di corsa per sfuggire alla furia del suo ex fidanzato Vincenzo Paduano, incrocia già cosparsa di alcool almeno due scooteristi, identificati e interrogati. Il virgolettato, riportato oggi da Massimo Lugli su Repubblica, è del procuratore Maria Monteleone che nella conferenza stampa convocata ieri ha ricostruito gli ultimi istanti di vita della 22enne studentessa romana, arsa viva alle 4 di domenica scorsa, a Roma, quartiere Magliana. E fatto un appello, accorato: «Invito chi si imbatte di notte in una ragazza che chiede aiuto a non restare indifferente ma quantomeno a chiamare le forze dell’ordine». Perché Sara poteva essere salvata, sarebbe potuta sfuggire al piano criminale, atroce, tessuto da quel mostro che non si arrendeva alla fine della loro storia d’amore.

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Scrive Repubblica in merito ai due testimoni a cui Sara Di Pietrantonio ha chiesto aiuto, disperata, e che hanno tirato dritto:

I due non rischiano nulla, dal punto di vista giudiziario, perché la vigliaccheria e l’egoismo non compaiono, come reati, nel codice penale. In quello morale sì, ma questa è un’altra storia. A nessuno può essere chiesto di diventare un eroe ma una telefonata al 113, magari a distanza di sicurezza, non è certo un gesto di valore

E la morte di una giovane donna diventa l’istantanea di una città persa, il simbolo di una Roma che non riconosce più se stessa:

La realtà che emerge da questa tragedia è quella di una fetta di Roma indifferente, terrorizzata, vile, omertosa, che sembra aver abdicato ai suoi tradizionali valori di solidarietà e di altruismo. La capitale coracciona, bonaria, soccorrevole di una volta sembra essersi dissolta nella notte di una periferia dimenticata

Photocredit copertina ANSA/MASSIMO PERCOSSI

 

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