Perché il Belgio?

22/03/2016 di Alessio Barbati

Dopo gli attentati che hanno sconvolto Bruxelles stamattina, viene da chiedersi come mai i terroristi scelgano il Belgio con più frequenza rispetto ad altri obiettivi sensibili. Un motivo c’è, anzi, ce ne sono cinque e li ha spiegati al Guardian Kristof Clerix, giornalista ed esperto in materia.

«Vent’anni fa, durante la perquisizione in una casa, un poliziotto belga, che stava investigando sulla rete algerina GIA (Gruppo Islamico Armato ndr), scoprì un documento in arabo. In prima pagina c’era una dedica ad Al-Qaida e ad Osama Bin Laden. Era il primo manuale jihadista mai rinvenuto in Europa. La GIA, all’epoca ,era solo una delle tante organizzazioni terroristiche che stavano mettendo radici in Belgio. Nel corso degli ultimi decenni il paese è diventato la base di Action Directe, Red Army Faction, Eta, IRA e altri gruppi terroristici».

L’importanza del Belgio, spiega Clerix, divenne ancora più chiara il 9 settembre 2001. Appena due giorni prima dell’attacco alle Torri Gemelle, Ahmed Shah Massoud, “Last man standing” contro i Talebani, venne ucciso da due terroristi entrati in Afghanistan con passaporto belga. Nel 2014 Mehdi Nemmouche, residente a Molenbeek, uccideva quattro persone nel Museo Ebraico di Bruxelles. Nel 2015, a Verviers, la polizia smantellava una cellula terroristica collegata a Molenbeek e qualche mese più tardi Ayoub El-Khazzani pianificava un attacco al treno Amsterdam-Parigi. Anche lui abitava a Molenbeek.

PERCHE’ IN BELGIO?

I motivi per cui il Belgio attrae così tanto i terroristi sono diversi. In primo luogo perché si trova in una posizione strategica tra Francia, Germania e Regno Unito. «In due ore puoi attraversare il Belgio in macchina» spiega Clerix «E dato che fa anche parte dell’area Schengen i confini sono aperti e ciò rende estremamente facile entrare e lasciare il paese velocemente». In secondo luogo, l’anonimato della capitale belga offre un nascondiglio ideale a terroristi e simpatizzanti, «Individui, non comunità», chiarisce Clerix. E il fatto che Molenbeek spunti fuori con questa frequenza è piuttosto preoccupante. Punto terzo. «L’esperienza islamica in Belgio mostra caratteristiche diverse rispetto alle altre realtà europee. C’è carenza di Imam locali; molti imam sono stati “importanti” dall’estero o educati lì». Inoltre, il Belgio è conosciuto come un posto in cui si possono facilmente reperire armi illegali. Infine, il Belgio ha un apparato di sicurezza relativamente esiguo. Sebbene sia la capitale diplomatica del mondo la sicurezza di stato conta solo 600 addetti «Il numero preciso è un’informazione riservata» sottolinea Clarix, e la controparte dell’esercito conta un numero simile. Questo significa che appena mille uomini devono sorvegliare non solo sulla Nato e sulle istituzioni europee, ma anche sulla World Customs Organisation, sulla European Economic Area, sulla Swift, sull’Eurocontrol e su altre 4.500 tra agenzie e aziende internazionali.

I FOREIGN FIGHTERS A MOLENBEEK

A questo si aggiunga che più di 250 belgi hanno lasciato il paese per unirsi ai jihadisti in Syria e in Iraq, di questi circa 75 sono morti e 125 hanno fatto ritorno. Secondo l’International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence il Belgio ha il tasso più alto d’Europa di foreign fighters. Molenbeek, uno dei 19 distretti di Bruxelles, conta 100.000 abitanti, di cui il 30% di nazionalità straniera e il 40% di origini estere. La disoccupazione è al 25% e gli abitanti con radici islamiche non hanno le stesse possibilità di lavoro rispetto ai coetanei belgi.
Una ambiente perfetto per la radicazione dell’Islam integralista.

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