Il paese che vive grazie a chi mangia i cani

23/02/2012 di Dario Ferri

Alcune zone della Thailandia sopravvivono grazie al contrabbando e alla macellazione della carne dei migliori amici dell’uomo, buoni anche per il palato

I cani sono i migliori amici dell’uomo, come insegna un antico detto popolare. Ma in alcune zone  del mondo il piacere che offrono i nostri amici a quattro zampe è molto diverso dalla loro compagnia. In alcune zone della Thailandia infatti i cani sono una parte essenziale dell’economia. La loro carne è considerata prelibata, così che dal contrabbando alla macelleria sono numerose le persone che vivono grazie a chi i cani preferisce mangiarli.

IL CANE E’ PRELIBATO – Karin Hawelka, una giovane tedesca che vive da ormai qualche anno in Thailandia, si affretta attraverso le stradine di Sanpatont. Mi Boon, Mi Boon, continua a ripetere, in modo sempre più affannnato. Mi Boon è una cane randagio. Poco prima era stato salvato da un terribile camioncino che trasportava animali, sui quali ogni anno migliaia di suoi consimili attraversano i confini thailandesi per il Laos per poi essere contrabbandati in Vietnam. In quel paese i cani finiscono nelle pentole dei ristoranti più apprezzati. Mi Boon ha però avuto fortuna. Karin Hawelka, che gestisce un canile  da sei anni a Chiang Mai e ha creato l’organizzazione per la difesa degli animali Care for Dogs, ha trovato un nuovo padrone per lui. Il suo nuovo amico ha però dimenticato di chiudere la porta di casa per un breve momento, e Mi Boon non ha perso l’occasione per andarsene via dalla sua dimora. Alla sua caccia si sono messi Karin e la sua collaboratrice indigena, Chaay Ihn. Appendono manifesti per ritrovarlo, chiedono alle persone che incontrano sulla strada, interrogano i monaci se lo hanno visto. Inutilmente, perché il piccolo Mi Boon non si trova. Le due ragazze però incrociano a Sanpatong un ristorante di strada con le famigerate pentole nere  di ceramica che fanno capire ai clienti che potranno degustare carne di cane. Le proprietarie del piccolo locale mostrano alle due ragazze, non sapendo chi sono, il curry che viene cucinato nella pentola, e si scusano. Di solito viene servita anche la carne di cane grigliata, ma in questo momento se ne trova poca, e sul menù si trova solo quella preparata col curry. Un reportage dell’autorevole settimanale tedesco Der Spiegel mostra  quanto sia diffusa l’abitudine di mangiare carne di cane. Un racconto che parte con l’esperienza di Karin Hewelka, e che prosegue con l’analisi di quanto importante sia il commercio di carne di cane per l’economia di alcune parti povere della Thailandia.

QUELLI CHE MANGIANO FIDO – La carne di cane è un tabù per la società asiatica, ma per molti thailandesi questo tipo di cibo è ancora considerata una prelibatezza. Dà molta energia, ed è anche un potente afrodisiaco. In particolar modo sono ricercati i cani di pelle nera, perché la loro carne dovrebbe essere particolarmente stimolante. Nei paesini attorno a Chiang Mai e Chiang Rai nella Thailandia del Nord, e soprattutto nel povero Isaan nel Nordest del paese, le mamme insegnano alle figlie le tradizionali ricette per la preparazione della carne di cane. Essa può essere grigliata, cucinata in padella, cotta oppure lessa. La proprietaria del ristorante dice che è essenziale che venga speziata con le erbe, perché grazie a questa preparazione il forte sapore viene coperto. “In questo modo la carne di cane diventa deliziosa”. I metodi, con i quali i cani vengono sistematicamente uccisi, sono barbarici. Prima della loro morte vengono torturati e picchiati. Alla maggior parte di loro viene tolta la pelle quando sono ancora in vita. La paura della morte, che gli animali provano in simili situazioni, porta a ripetute scariche di adrenalina che rendono la carne più tenera e gustosa. Il centro del traffico illegale di cani in Thailandia è la piccola città di Tha Rae nella provincia di Sakon Nakhon. Secondo le informazioni ufficiali sono presenti diciassette macellerie di cani, dove lavorano circa trecento dipendenti. Ogni giorno vengono prodotte quattrocento tonnellate di carne di cane. Lo sanno tutti, ma nessuno ne parla volentieri.

IL CONTRABBANDO DELLA CARNE DI CANE – Qualcosa è però cambiato nei tempi recenti. L’agosto dell’anno passato la polizia ha fermato una banda nella provincia di Nakhon Phanom che voleva contrabbandare 1800 cani portandoli sul fiume Mekong verso il Laos. Da quell’episodio è finita l’epoca nella quale si taceva e si guardava da un’altra parte su questo tema spinoso. Quasi ogni mese i giornali thailandesi riportano di nuovi trasporti illegali di animali, che sul confine col Laos vengono stoppati dalle forze dell’ordine. A volte sono 800 cani, altre volte 600, in alcuni casi anche solo un centinaio di ormai ex migliori amici dell’uomo. Le foto dei cuccioli o dei cani torturati nelle gabbie non fanno indignare solo gli animalisti o chi vuole proteggere gli altri esseri viventi. Molti thailandesi sono indignati e donano spontaneamente denaro così come offrono aiuto per la salvezza degli animali. Organizzazioni come Care for Dog a Chian Mai o la Fondazione  Soi Dog della coppia di pensionati britannici Gill e John Dalley sono tra le più attive. Il precedente governatore della provincia di Sakon Nakhon, Panchai Borvornratanapran, si era messo in testa al movimento anti traffico di cani quando era stata arrestata l’organizzazione che li contrabbandava, fermata lo scorso agosto. La guida istituzionale del Sakon Nakhon aveva proposto di vietare la vendita e il commercio di carne di cane nella sua provincia. Ma contro un’organizzazione così radicata come quella che traffica cani non c’è stata alcuna chance. „Per molte persone il commercio della carne di cane è una base della loro esistenza, e non bisogna neanche dimenticare che oltre a questo  tutti la ritengono una professione autorevole“, sottolinea a Der Spiegel Sawong De-chalert, un ex insegnante di inglese ora in pensione, che guida la lobby dei macellai di carne di cane di Tha Rae.

LA CARNE DI CANE NON SI PUO’ VIETARE – In questa città poco meno di cinquecento macellai hanno marciato per le strade, per difendere questa tradizione culinaria che divide la Thailandia e indigna altre parti del mondo. Un prete cattolico, Somkiat Polchangwang, ha dichiarato pubblicamente , senza alcuna  remora. ” Se noi non avessimo il commercio della carne di cane, non potremmo sopravvivere“. Il governatore  Pawai si è così trovato contrapposto un muro che ha fermato il divieto di questa attività commericale. Quattro settimane dopo la sua proposta coraggiosa ha riconosciuto in modo sommesso. „ Se la maggioranza della popolazione di Thae Rae desidera che qui venga mangiata e venduta la carne di cane, allora io non mi contrapporrò a questa volontà.“. Secondo un’indagine demoscopica dell’università della provincia il settantanove per cento del campione voleva mantenere la tradizione culinaria. Dopo poco tempo il governatore Panchai ha perfino perso le elezioni. Il quotidiano di lingua inglese „Bangkok Post“ ha svolto numerose ricerche sul posto, per capire come funziona il business delle macellerie canine di Thae Rae. I commercianti ordinano alla squadre che cacceranno i cani l’esatto numero di animali dei quali hanno bisogno, che saranno poi rivenduti in Vietnam. Gli addetti alla raccolta dei cani si mettono all’opera andando a caccia nei paesini, comprandoli per pochi soldi, circa venti baht, più o meno cinquanta centesimi di euro. Se però non riescono ad acquistarne abbastanza, i cani vengono rubati, oppure si prendono i randagi che scorazzano per le strade. Al massimo dopo quattro o cinque giorni i cani vengono consegnati al contrabbandiere, che li terrà in gabbie molto strette e piccole fino al loro trasporto in Vietnam. Durante il viaggio le gabbie vengono messe su piccoli camioncini, che percorrono strade laterali per non dare nell‘occhio. Gli animali subiscono molte ferite e sofferenze durante questi tragitti verso le pentole. I cani ingabbiati sono così tanti che sono schiacciati l’uno contro l’altro,e  non ricevono nè acqua nè cibo. I posti di polizia che si trovano nei passaggi di confine sul fiume di Menkong sono già stati corrotti in precedenza,per comprarsi i favori degli agenti che controllano i confini. Allo stesso modo anche i politici locali ricevono offerte per chiudere un occhio, o anche tutti e due. Talvolta sono essi stessi partecipi di questo business illecito ma consentito da tutti. Sull’altra sponda del Mekong aspettano i compratori vietnamiti, che guardano con cura i cani e scelgono quelli particolarmente forti e vitali. Quelli che appaiono avere la carne più buona e gustosa finiscono sulle barche che li trasporteranno in Vietnam, dove finiranno in pentola. Gli altri, invece, saranno uccisi dai macellai di cane e venduti sul mercato thailandese.

UN BUSINESS MILIONARIO – Il contrabbando di cani è un business milionario per chi vi partecipa. Chi li vende ai vietnamiti riceve dai cinquecento ai mille baht. In Vietnam i commercianti di carne di cane guadagnano multipli della spesa effettuata per l’acquisto, dato che nel paese è molto forte la richiesta per una pietanza così apprezzata. Secondo stime ufficiali ogni giorno vengono consegnati in Vietnam almeno un migliaio di cani, che diventano circa mezzo milione l’anno. Il commercio di animali è vietato de iure, ma le sanzioni previste non spaventano nessuno, facendo sì che il contrabbando continui quasi senza problemi. La massima pena che si può ricevere è un periodo di due anni in carcere, oppure una sanzione monetaria di 40 mila baht. Quando a settembre è stato fermato a Nakhon Phanom un convoglio con due mila cani, i quattro contrabbandieri arrestati sono stati per dieci giorni in prigione, ricevendo multe  tra i 12 e 22 mila baht dopo la loro confessione. Ma la maggior parte della volta gli autisti di questi camion se ne vanno indisturbati, quando arriva la polizia. Il capo della forze dell’ordine Theerakiart Thong-aram ammette senza problemi che il commercio illegale di cani è il terzo più grosso problema del Mekong, dopo il traffico di droga e il contrabbando di legno pregiato. Ma il businesse delle macellerie canine potrebbe presto avere fine, almeno nelle speranze degli attivisti per i diritti degli animali. Una ventina di organizzazioni thailandesi ed internazionali ha lanciato una petizione comune al Parlamento affinché vengano introdotte norme effettive per la tutela degli animali. “La Thailandia è uno die pochi paesi sulla Terra che non ha una legislazione completa per la loro tutela“, rimarca John Dalley della Soi Dog Foundation.

CHI SI SALVA E’ RARO – Il governo thailandese sembra aver recepito il messaggio dopo le proteste dei giorni socrsi. Il massacro dei cani però continua a procedere, e pochi hanno così fortuna come Justin, un bracco salvato dalla polizia insieme a migliaia di suoi simili. Questi cani sono stati assegnati a vari canili, e le loro foto sono andate in giro per il mondo. Una signora inglese ha visto la foto di Justin su Facebook, e attraverso internet è riuscito a trovarlo, nel canile gestito da Karin Hawelka a Chiang Mai. Là è stato curato prima di essere spedito dopo poche settimane verso l’Inghilterra, un Happy End per almeno uno dello sfortunato mezzo milione di cani thailandesi ogni anno vittima del contrabbando che caccia la loro carne.

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