Roberta D’Alessandro, la ricercatrice anti Giannini: «L’Italia non mi ha voluto»

«Caro ministro l’Italia non mi ha voluto…». Il suo post su Facebook, con il quale contestava Stefania Giannini invitandola «a non vantarsi dei suoi risultati», è diventato subito virale. Roberta D’Alessandroricercatrice italiana che vive e lavora in Olanda, si era sfogata contro il titolare del dicastero dell’Istruzione, che aveva esultato per il successo degli italiani nel bando da oltre mezzo miliardo dell’European Research CouncilIntervistata da Silvia Bencivelli sul quotidiano La Repubblica, ha ribadito e precisato le ragioni del suo attacco al sistema istruzione italico.

ROBERTA D’ALESSANDRO, LA RICERCATRICE CONTRO IL MINISTRO GIANNINI

«L’Italia non ci ha voluto, preferendoci, nei vari concorsi, persone che nella lista degli assegnatari dei fondi ERC non compaiono, né compariranno mai», aveva spiegato D’Alessandro. Al quotidiano diretto da Mario Calabresi ha precisato le ragioni del suo sfogo:

Qual era il suo obiettivo nello scrivere su Facebook al ministro?

 

«Era quello di sottolineare che i fondi europei vinti da quelli come me non sono “per la ricerca italiana”, ma “per la ricerca fatta da italiani”. Ed è molto diverso. La differenza? Noi siamo di nazionalità italiana, ma molti di noi i fondi che l’Europa ci assegna per fare ricerca non li spendiamo in Italia».

 

Diciassette ricercatori italiani sui trenta vincitori di un finanziamento Erc (European Research Council) lavorano per un centro di ricerca straniero. Lei è una di questi. Che cosa farà con i soldi?

 

«Il mio progetto di ricerca è sul contatto linguistico tra le lingue degli emigrati italiani in America nel dopoguerra e le lingue romanze nel Sudamerica e Nordamerica. È un progetto che riguarda lingue come il veneto, il napoletano, il siciliano… La cosa importante però è che la competizione per vincere un finanziamento Erc è davvero spietata: ci sono soltanto 300 borse per tutte le discipline in tutta Europa. E ho vinto. Due milioni di euro».

 

ROBERTA D’ALESSANDRO, LA VICENDA DELLA RICERCATRICE: «CONCORSI IN ITALIA? GUARDA UN PO’, ARRIVAVO QUASI SEMPRE SECONDA….»

La ricercatrice ha raccontato a Repubblica le “peripezie” affrontate nel nostro Paese:

Ma lei come mai è in Olanda?

«Perché per un ricercatore è normale viaggiare. Il problema, nel mio caso, è che non sono riuscita a rientrare. Cioè: mi sono laureata all’Aquila, poi sono andata a fare un dottorato in Germania. L’ho voluto io, sia chiaro. Poi ho cominciato a pensare di rientrare, ma intanto sono stata in Microsoft, poi a Google, poi a Cambridge, poi in Canada e alla fine in Olanda. Dove sono diventata docente ordinario a 33 anni. Nel frattempo ho fatto diversi concorsi per rientrare in Italia. E, guarda un po’, arrivavo quasi sempre seconda ».

 

Cioè non li vinceva? «Guardi: ne ho persi tanti di concorsi, ma fa anche parte del gioco. Solo che in Italia ricevevo i complimenti della commissione. Cioè in molti casi era chiaro, ed era messo a verbale, che ero più qualificata di chi aveva vinto».

 

Ma come facevano a farla perdere, allora?

 

«Con pretesti vari. Una volta scrissero nel verbale che l’attività svolta all’estero non era quantificabile. Diventava un demerito. Quando invece è il contrario. Quindi quando ho sentito la frase orgogliosa del ministro sui “ricercatori italiani” mi è salita la rabbia. Ma come: l’attività svolta all’estero non valeva allora per farmi vincere, e vale adesso per appropriarsi dei miei meriti?»

 

A quei tempi quale fu la sua reazione?

 

«Frustrazione e rabbia. Giurai che non sarei mai più tornata in Italia. Invece ora tornerei. Cioè: qua mi trovo bene. Ma preferirei stare in Italia, anche per stare vicina ai miei genitori. Sono anche figlia unica…»

 

ROBERTA D’ALESSANDRO «SONO STATA COSTRETTA A STARE FUORI DALL’ITALIA E POI VENGO CONTATA COME ITALIANA?»

La ricercatrice non risparmia gli attacchi, pur allontanandosi da semplici “etichette” o dalla propaganda quando parla dei ricercatori italiani:

«Certo che lavoro anche con gli italiani. Per il mio progetto di ricerca mica posso lavorare con un olandese e cercare di fargli capire il napoletano arcaico! Tra i ricercatori italiani ci sono quelli bravi e quelli meno bravi. Ma le classifiche per nazionalità mi fanno ridere. E non cercate di attribuirmi l’idea per cui chi resta in Italia è meno bravo di chi se ne va».

 

Suo marito è olandese: la seguirebbe in Italia? «Eccome. Lui adora l’Italia e parla l’italiano meglio di quanto io non parli l’olandese. E poi anche lui è linguista e collabora con diversi gruppi di italiani. Questo per dire che in Italia ci sono molte eccellenze. Per me però la questione è che mi sono sentita “cornuta e mazziata”, come diciamo in Abruzzo: sono stata costretta a stare fuori dall’Italia, e poi vengo contata come “italiana? »

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