SALVIAMO LA BIBLIOTECA FABRIZIO GIOVENALE

Rebibbia, il Parco di Aguzzano, la Valle dell’Aniene, erano belli anche prima di diventare famosi grazie ai fumetti di Zerocalcare, il ragazzo che ha reso queste strade celebri in tutta Italia. E anzi, sono diventati famosi proprio perché sono così belli: per certi versi, sembra di essere in una Roma migliore. Arrivando in macchina, chi non è pratico se ne accorge subito: “Ma qui allora è davvero bellissimo, tutto verde, sembra una città diversa”. Già, è così: “Io non abito nemmeno qui”, ci dice una ragazza, mentre la intervistiamo, “però vengo qui quasi ogni giorno. Mi piace, sto bene”.

BIBLIOTECA FABRIZIO GIOVENALE, LA ROMA MIGLIORE DA SALVARE

Qui, è Rebibbia. Alle spalle dell’ormai proverbiale mammut del deposito pleistocenico, a due passi dal carcere, ad uno dalla piazzetta con la lapide a Pier Paolo Pasolini che visse qui negli anni ’50; qui, è il parco di Aguzzano, subito dopo l’unità d’Italia latifondo della grande proprietà agraria, bonificato dal Regno e difeso, negli anni, dai comitati dei cittadini e degli ambientalisti che l’hanno sottratto alla cementificazione e ottenuto che fosse reso parco naturale, istituito nel 1989. Qui, è la biblioteca Fabrizio Giovenale, dove ha sede il Centro di Cultura Ecologica che dal 2003 rappresenta un presidio di cultura e di bellezza, diventata con il tempo la prima casa dei ragazzi che dagli appartamenti coi balconi ovali alle spalle del parco, dal Tufello a Colli Aniene, dalle città dell’hinterland, dalle università di tutta la città, puntuali alle nove del mattino camminano sul viale che costeggia gli orti urbani ed entrano in quella che, una volta, era una vaccheria: uno dei casali Alba, per la precisione (Autonoma Laziale Bonifiche Agrarie, l’ente che con alle leggi sabaude ha trasformato la palude dei conti Aldobrandeschi in una distesa verde). Un presidio di cultura che, oggi, è a un passo dalla chiusura.

 

 

“Qui dentro è tutto legno e carta”, ci dice Stefano Petrella, direttore del centro di cultura ecologica dedicato a Fabrizio Giovenale, architetto e figura storica dell’ambientalismo italiano di cui la Biblioteca custodisce l’archivio e il patrimonio: lo stabile è stato ristrutturato nel rispetto della sua specifica natura storica (per il restauro sono stati usati “solo integrazioni all’antico di uguale natura fisica: laterizi, intonacatura e pitture a base di calce”), la grande sala della biblioteca conserva ancora i vasconi in cui gli animali si abbeveravano, trasformate in punti d’appoggio per tavoli di legno con luci basse, sedie piene di borse e di zaini; in fondo, scaffali pieni di libri. Dal piano superiore della biblioteca, dove il direttore del centro ci accoglie, guardiamo un dicembre primaverile illumina la periferia, il parco che si estende fino alle prime case di San Basilio, sullo sfondo il Monte Gennaro e, più vicini, i ragazzi che fanno pausa pranzo (“non vanno mica via, restano qui tutto il giorno”, racconta Petrella), la ragazza che si allontana e si ferma un secondo, per guardare il telefono; al piano di sotto, nonostante sia ora di pranzo, altri studenti non si staccano dai libri. La Giovenale, per quattro giorni alla settimana, è fatta così: e i ragazzi che la frequentano lo sanno bene. “Qui ci ho fatto la maturità, ora ci sto scrivendo la tesi per la triennale”, ci dice uno; “dove altro dovrei andare? Non lo vedete che posto è?”, ci dice un’altra ragazza.

Le interviste ai ragazzi della Giovenale

Una struttura da trecento metri quadri immersa nel verde, cinquanta posti studio più i tavoli dello spazio conferenze, normalmente utilizzati da altrettanti studenti; un fienile riattrezzato con altre postazioni studio coperte e prese d’assalto già dalle 10 di mattina di sabato, in primavera; duemila metri quadri di verde, erbe aromatiche, una stanzina con una semplice macchinetta del caffè che negli anni – ci racconta lo staff della Biblioteca – ha più volte dato una mano sostanziosa a coprire i costi della struttura: “E noi ci accontenteremmo anche solo di continuare a ricevere quello che ci danno oggi, continueremmo ad arrangiarci come abbiamo sempre fatto”, continuano i ragazzi della Giovenale. Per il finanziamento della Biblioteca il Comune di Roma ha versato dal 2003 una quota annuale da 35mila euro: spiccioli. Garantiti annualmente dalla convenzione fra Comune (proprietaria della struttura dal 2001) e l’ATI composta dal Casale del Podere Rosa e dalla Lipu che, congiuntamente, hanno gestito il centro per  dodici anni: il 31 dicembre del 2015 la convenzione scadrà, i cento ragazzi che ogni giorno studiano in Giovenale dovranno sgombrare e della biblioteca bisognerà riconsegnare la chiave. Senza che nulla si sappia riguardo al futuro.

Sì, il comune può farlo: la convenzione è semplicemente scaduta, e nulla vincola l’amministrazione a riproporla, o a proporne una nuova, o a procedere in altro modo. L’amministrazione potrebbe semplicemente scegliere di lasciare quel luogo a prendere polvere: come d’altronde dimostra di aver fatto con un casotto annesso alla vaccheria, che è specificatamente compreso nella convenzione stipulata con il comune, di cui la Biblioteca Giovenale avrebbe dovuto fruire in tutti questi anni e che è definito dall’atto ufficiale del comune come “punto ristoro”. Lì, lo staff del Centro di Cultura Ecologica voleva aprire un bar, un modo per dare una mano ulteriore ai bilanci del centro che, oltre ai fondi del comune, ha contato negli anni “essenzialmente sui fondi personali” dei volontari e del personale. Peccato che le chiavi del casotto, che erano dovute al Centro in base alla convenzione, non sono mai state consegnate: e nel 2010 la giunta di Gianni Alemanno ha ridestinato quella parte di struttura per farne un “Centro per la formazione del personale delle strutture operative della protezione civile”, con una ordinanza dalla durata di nove mesi: un affidamento temporaneo, dunque, da tempo scaduto senza che qualcuno abbia (ri)consegnato le chiavi del casotto alla Biblioteca Giovenale. “Vengono ogni tanto, fanno delle giornate: per la maggior parte del tempo, rimane chiuso”, ci spiega Petrella.

biblioteca fabrizio giovenale protezione civile

Da settimane, da mesi, i ragazzi della Giovenale discutono preoccupati del loro futuro; organizzano petizioni su internet e si chiedono come poter dare una mano per evitare la chiusura della loro biblioteca; il centro in effetti ne ha passate tante, come quando si provò a far diventare la Giovenale semplicemente una delle biblioteche del circuito comunale, facendo passare la gestione in mano pubblica: “Non ci sono i soldi”, venne risposto, e oggi la Giovenale è solo “federata” con le biblioteche di Roma (il che significa che ad essere uniti sono stati soltanto gli archivi nel sistema OPAC del patrimonio comunale). Con la giunta di Ignazio Marino si provò a porre la questione: promesse tante, fatti pochi, e poi in Campidoglio è andata come è andata; oggi, dalla gestione commissariale di Francesco Paolo Tronca arrivano piccoli segnali di attenzione: potrebbe essere bandita una gara per l’affidamento della gestione del Centro di Cultura Ecologica e del suo archivio (dichiarato peraltro, nel 2009, “di particolare interesse storico” dalla Regione Lazio).

L’intervista a Stefano Petrella, il direttore della biblioteca

A pochi metri dalla Giovenale, nell’aula-bunker di Rebibbia, si tiene il maxiprocesso per Mafia Capitale: ed è merito degli ambientalisti se per arrivare a via del Casale di San Basilio si deve fare il giro del parco di Aguzzano, se è stata evitata una strada che segava in due una meraviglia dell’Agro Romano. In quell’aula si sta cercando di verificare se il sistema degli affidamenti diretti alle cooperative di Salvatore Buzzi fosse espressione di un sistema criminale: curiosa contrapposizione, a poche centinaia di metri in linea d’aria. Per le coop di Mafia Capitale, per chi sapeva muoversi con agilità e malaffare nei gangli dell’amministrazione capitolina, per chi poteva offrire pacchetti di voti e finanziamenti a pioggia, non ci si faceva scrupolo a procedere ad affidamenti diretti prorogati all’infinito; per una biblioteca di periferia che da dodici anni ha accolto decine di ragazzi al giorno, sostituendo lo stato dove il pubblico mancava, bisogna ora andare a gara. “Comunque”, ci dicono dal centro, “saremmo anche disposti, una procedura trasparente è garanzia per tutti: a patto che, però, non sia “tagliata” su misura per qualche grande realtà, per i soliti noti, per gli amici degli amici, che ci dia la possibilità insomma di provare a continuare quel che abbiamo fatto in questi anni”. Lo crediamo anche noi; se c’è la volontà politica, trovare (o creare) gli strumenti di tutela è il minore dei problemi; e visto che si parla di importi ridicoli, trovare i soldi per tenere aperta la Giovenale dovrebbe essere impegno relativamente facile.

Chiunque entri alla biblioteca Fabrizio Giovenale si rende conto di quanto sia un’esperienza da preservare: lo si legge negli occhi dei ragazzi che esitano solo un secondo prima di aiutarci, raccontarci, partecipare alla visita di chi vuole raccontare la storia di quel luogo. E a chiunque entri alla biblioteca Fabrizio Giovenale viene voglia di chiedere al Comune di Roma azioni rapide per garantire che il Centro di Cultura Ecologica non chiuda i battenti: a chiunque, compresa, e prima di tutto, la redazione di questo giornale; che, sul preservare gli spazi di cultura, aggregazione, bellezza e natura in questa città piena di problemi, farà la sua parte perché nemmeno un centimetro venga ceduto.

Video: Stefania Carboni

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