La bufala dell’ISIS che complotta via Playstation

I terroristi di Parigi non usavano la Playstation per comunicare e non sono state trovate Playstation in loro possesso. In compenso il giornalista che ha messo in giro la voce ha spiegato di aver capito male e che le dichiarazioni dalle quali ha preso spunto erano addirittura antecedenti gli attacchi di Parigi.

ps4

L’ALLARME PLAYSTATION –

Tutto è cominciato con un articolo firmato da Joe Tassi su Forbes, intitolato How Paris ISIS Terrorists May Have Used PlayStation 4 To Discuss And Plan Attacks, che ha avuto un grande successo, circa mezzo milione di letture, e che è subito diventato fonte per innumerevoli articoli che rilanciavano la notizia, spesso aggiungendoci del proprio con risultati imbarazzanti. Tassi si è scusato dicendo che aveva letto male le parole del ministro belga che ha citato, e ha corretto il pezzo, ma ormai era troppo tardi e mezzo mondo aveva già rilanciato la notizia che non lo era.

QUELLI CHE HANNO ABBOCCATO CON ENTUSIASMO –

Fuori tempo massimo ad esempio c’è il Giornale che questa mattina rilancia la notizia, che già da ieri si sapeva essere una patacca, aggiungendo alcune bizzarre considerazioni quali «Per creare un account non serve nemmeno il nome, ma soltanto un indirizzo email», come se per aprire una mail o usare una qualsiasi altra chat ti chiedessero i documenti. O ancora: «La guerra adesso si fa con i giochi. La Cia avrebbe sguinzagliato alcuni uomini come infiltrati nei videogame per intercettare dialoghi che viaggiano su un livello totalmente non convenzionale, un sistema che come un Jocker può potenzialmente aggirare e farsi burla dei servizi segreti di tutto il mondo.» Frasi senza senso, tese unicamente a creare sensazione, non ci sono «dialoghi che viaggiano su un livello totalmente non convenzionale», perché passano tutti su internet e «infiltrarsi» non serve a nulla, perché non è la presenza su una piattaforma che consente l’accesso alle chat private, ma semmai l’intercettazione delle comunicazioni via internet, che CIA ed NSA sono capacissime d’intercettare altrimenti, come dimostra il materiale pubblicato da Edward Snowden».

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ANCORA CON I VIDEOGAME CHE MINACCIANO I NOSTRI VIRGULTI –

Non contenta, l’autrice dell’articolo passa poi a ipotizzare la fusione o l’associazione con l’ISIS di un noto gruppo di hacker «specializzato» negli attacchi a Sony, un delirio assolutamente ridicolo, se non fosse che tra i lettori ci sarà chi ci crede, e magari poi comincia a guardare con timore la Playstation dei figlio o a sospettare che possano essere irretiti dagli islamici tra una partita a Fifa e una chat con gli amichetti. La Playstation cattiva tira tantissimo, il web misterioso anche ed è comprensibile che accostare i terroristi ai luoghi virtuali frequentati dai nostri figli attiri la curiosità e l’attenzione dei lettori. Articoli del genere però possono andare a beneficio solo di un pubblico particolarmente ignorante del funzionamento della rete, per non dire del mondo delle console da videogame, il pubblico per il quale da anni si producono articoli terrorizzanti quanto inesatti sull’inverosimile pericolo che rappresenterebbero i videogame. Che ormai sono tra noi da più di 40 senza aver provocato disastri, a parte l’aver ispirato la fantasia malata di chi non sa nemmeno di che parla e un mare di spropositi come quelli scritti in queste ore sulle Playstition dell’ISIS che non c’erano.

 

 

 

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