Il paese dove i gioiellieri guadagnano meno degli operai

17/01/2012 di Dario Ferri

E’, come al solito, l’Italia

In Italia i veri privilegiati sono loro: gli operai. Sono gli unici che guadagnano un sacco di soldi pur svolgendo lavoro subordinato, perché – stando a sentire le dichiarazioni dei redditi degli italiani – tassisti, orefici e gioiellieri, ad esempio, guadagnano meno delle tute blu. Ci dev’essere l’inghippo, è chiaro che gli operai rubano ai poveri gioiellieri il pane e il lavoro. Il Corriere della Sera ci racconta tutto con questo schema favoloso:

Di qui la spiegazione del Corriere:

Prendiamo l’esempio degli autonomi negli istituti di bellezza, con 7.400 euro l’anno: un terzo di un operaio e poco più di un quarto della voce «servizi di pulizia» (27.600 euro). Viaggiano sotto i Cipputi d’Italia anche i 16 mila euro dei baristi, i 14 mila euro dei fruttivendoli o dei tassisti e i 13.500 euro di orologiai e gioiellieri. Svettano invece incontrastati in cima alla classifica i notai, con quei 281 mila euro l’anno che non temono di certo, per il futuro, il sorpasso dei farmacisti, medaglia d’argento con 108 mila euro. Seguono i medici (68 mila euro), attori e registi (61.300 euro), commercialisti e consulenti del lavoro (49.400), avvocati (quasi 47 mila euro), dentisti (quasi 46mila) e tabaccai (43 mila euro). La recessione Nell’annus horribilis 2009 — quello della grande recessione, con il Pil giù del 5%, che ha poi fatto da anticamera alla crisi del debito pubblico —l’operaio medio ha quindi pagato più tasse di tanti commercianti e professionisti. Dietro i dati medi si nascondono naturalmente tante realtà, dagli studi consolidati ai professionisti alle prime armi (e difficoltà); dai piccoli negozi in crisi agli alimentari «di lusso»; dagli evasori a chi le tasse le ha sempre pagate.

E i colori «arcobaleno» di questa variopinta classifica risaltano anche nella maxi differenza tra i guadagni del vertice e del fondo-classifica:

Se i notai aprono la lista con 281 mila euro, infatti, a chiuderla sono gli autonomi di discoteche (4.500 euro) e centri per il benessere fisico (2.900 euro), e i pescatori (2.500 euro). Nella parte più bassa della classifica anche chi vende al dettaglio oggetti d’arte, corniciai e pelliccerie. Tutti (in media) rigorosamente sotto quota 10 mila euro. In generale, il numero complessivo dei contribuenti interessati dagli studi di settore (3,5 milioni) è diminuito dello 0,7%, i ricavi del 5,2% e i redditi dichiarati dell’8,7% rispetto al 2008. Le imprese Segno meno anche quando si passa alle aziende, sempre sulla base dei dati forniti dal dipartimento delle Finanze. Il 37% delle imprese, infatti, ha chiuso il 2009 con un bilancio in perdita e il numero dei fallimenti è salito del 62%. Inoltre, il numero di aziende che hanno presentato la dichiarazione Irap è sceso del 3,3%. C’è poi un forte squilibrio tra Nord e Sud nelle dichiarazioni Ires delle aziende; secondo le dichiarazioni sul 2009 – ha sottolineato il dipartimento delle Finanze del ministero dell’Economia – il reddito d’impresa «si conferma fortemente concentrato nelle regioni del Centro e del Nord: nel Sud e nelle Isole viene dichiarato solo l’8,5% del reddito d’impresa totale».

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