Pensioni, il governo verso il sì alla flessibilità in uscita: costa meno di 4 mld

Il governo ha tutta l’intenzione di introdurre la flessibilità in uscita dal mondo del lavoro e il pensionamento anticipato con assegno ridotto. Lo dimostrano le parole del sottosegretario all’Economia Pier Paolo Beretta, che in un’intervista rilasciata a Lorenzo Salvia per Il Corriere della Sera ha indicato in meno di 4 miliardi di euro il costo dell’operazione nel breve periodo, meno della metà di quanto indicato dal presidente dell’Inps Tito Boeri, 8,5 miliardi.

 

LEGGI ANCHE: Riforma pensioni, Poletti: «Non deve essere per forza a costo zero»

 

PENSIONI, BERETTA: «LA FLESSIBILITÀ COSTA MENO DI 4 MLD»

«Nel medio lungo periodo – ha affermato Beretta – rendere flessibile l’età della pensione porterebbe lo Stato non a spendere di più ma a risparmiare». «Per garantire l’equilibrio del sistema – ha spiegato il sottosegretario – non bisogna guardare solo all’oggi ma anche al domani e ai giorni che vengono dopo. Tuttavia è chiaro: se nel medio-lungo periodo la flessibilità porta risparmi, nell’immediato dei costi ci sono. Ma possono essere sostenibili, del tutto sostenibili». beretta ha poi paralto anche della possibilità di ridurre le pensioni in maniera progressiva, in misura maggiore per chi riceve un assegno di importo superiore:

Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, dice che la vostra proposta costerebbe 8,5 miliardi di euro l’anno. Mica tanto sostenibile. È più del doppio di quanto serve per togliere Tasi e Imu sulla prima casa.

«Quei numeri sono esagerati. Danno per scontato che tutte le persone deciderebbero di andare in pensione prima e che sfrutterebbero anche il massimo anticipo possibile. Irrealistico».

Però possibile, almeno in teoria. E quindi bisogna tenerne conto.

«Bisogna fare una valutazione non solo statistica ma sociale. Alcuni resterebbero comunque al lavoro, non utilizzando affatto la flessibilità. Altri ancora la sfrutterebbero ma non al massimo, lasciando uno o due anni prima, non quattro. E poi la stima di Boeri non tiene conto di altri risparmi indiretti. Con la flessibilità avremmo meno esodati, per i quali finora abbiamo speso oltre 11 miliardi di euro. E avremmo anche meno lavoratori con la cassa integrazione in deroga, per la quale ogni anno lo Stato sborsa 2,5 miliardi».

Alla fine quale sarebbe il costo netto dell’operazione?

«Meno della metà rispetto a quanto indicato da Boeri».

Quattro miliardi, dunque. Sempre troppo, non crede?

«No, sono anche meno. Comunque proprio per questo stiamo studiando una serie di meccanismi per abbassare ulteriormente il costo».

Si riferisce al taglio progressivo: una riduzione dell’assegno non più pari al 2% per ogni anno di anticipo, come nella sua proposta iniziale, ma che cresce più velocemente: il 5% dopo due anni, l’8% dopo tre?

«È una delle idee sul tavolo ma ce ne sono anche altre».

E quali?

«Si potrebbe legare il taglio dell’assegno al livello del reddito: se prendi una pensione da 1.500 euro, dico per dire, ti taglio il 2%, se ne prendi 2.500, a parità di altre condizioni, ti taglio un po’ di più. Oppure si potrebbe introdurre la flessibilità in modo graduale».

Che cosa vuol dire?

«Nel 2016 consenti di uscire con un anno di anticipo, nel 2017 con due anni di anticipo, nel 2018 sali fino a tre. E così via».

(Foto di copertina: Ansa)

Share this article