Rifugiati, 6 cose che puoi fare tu

Tutto il mondo è diventato da mesi spettatore di un’emergenza rifugiati che non si vedeva dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, e la sensazione che tutti noi proviamo assistendo alla morte di migliaia di disperati in cerca di riparo da guerre e povertà è quella di impotenza rispetto ad una crisi che immaginiamo possa essere risolto solo grazie all’intervento di politica e istituzioni, nazionali e internazionali. È vero: gran parte del lavoro spetta ovviamente a loro. Ma, in realtà, anche il nostro piccolo contributo può essere determinante. Il noto sito web d’attualita americano Mashable ha elencato 6 modi per renderci utili. ecco quali.

 

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1. Secondo Mashable è importante innanzitutto educare se stessi sulla crisi globale, stando bene attenti a non fare confusione tra migranti e rifugiati. Non si tratta di un dettaglio. È opportuno capire che la situazione dei rifugiati è complessa e causata da molti fattori, e ricordare il dovere della comunità internazionale di offrire protezione a chi rischia la vita a causa di un conflitto armato. Per il diritto internazionale un rifugiato è qualcuno che scappa dalla guerra. Un migrante è invece una persona che sceglie semplicemente di allontanarsi dal proprio paese per cercare migliori condizioni di vita. Confondere i due termini può avere conseguenze pericolose per i rifugiati, perché una stupida generalizzazone spesso apre la strada all’odio e alla xenofobia.

2. Un secondo passo per contribuire ad alleviare l’emergenza è quello di dare un sostegno economico alle grandi organizzazioni che si occupano di difendere i diritti dei rifugiati o di tutelare la loro salute. È il caso, ad esempio, Dell’Unhcr (l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), Medici senza frontiere, Save The Children, o l’Organizzazione internazionale per le migrazioni.

3. Terzo. Un’altra buona idea è quella di sostenere gli sforzi in favore dei rifugiati, compiuti dalla società civile, non meno importanti delle iniziative realizzate dalle grandi organizzazioni internazionali (governative e non). Due esempi citati da Mashable sono il Moas (il Migrant Offshore Aid Station, una fondazione con sede a Malta la cui missione è quella di prevenire le morti di migranti e rifugiati in mare durante la traversata del Mediterraneo a bordo di imbarcazioni non sicure) e il Refugees Welcom (un Airbnb, una piattaforma con sede a Berlino che mette i rifugiati in contatto con cittadini tedeschi disposti ad ospitarli nelle loro case).

4. Quarto. È possibile per risolvere l’odissea dei rifugiati scegliere le aziende del settore privato che sostengono l’Unhcr con delle donazioni. Nella lista ci sono ad esempio Ikea, Hp e Uniqlo. Quest’ultima, casa di abbigliamento giapponese, nel 2013 ha donato un milione di dollari per interventi dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati in Siria.

5. Quinto. Mettere a disposizione il proprio tempo e le proprie competenze. In altre parole: scendere in campo in prima persona. Il Movimento Internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, come pure l’International Rescue Committee, offrono possibilità di diventare volontari in tutto il mondo.

6. Sesto ed ultimo punto. Diffondere le informazioni e la consapevolezza. Quando si parla di crisi dei rifugiati rimanere in silenzio, sottolinea Mashable, è una delle peggiori cose che si possano fare. È opportuno diffondere informazioni corrette in rete, attraverso i social network, generando magari discussioni nelle community o tra i propri amici. Gli insegnanti possono sfruttare le informazioni diffuse dall’Unhcr per svolgere lezioni su migranti e rifugiati.

(Foto di copertina: ANSA / ORIETTA SCARDINO)

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