Giustizia civile, la cura funziona: -20% di processi pendenti. Quasi un milione in meno

I processi civili pendenti sono scesi in un anno del 20%, passando da 4,9 a 4 milioni. E sono pronti i nuovi parametri per chiudere definitivamente i fascicoli che risalgono a prima del 2000. Mentre nei tribunali il personale amministrativo è aumentato di 3.200 unità. A spiegarlo è stato ieri il ministro della Giustizia Andrea Orlando in una conferenza stampa tenuta in via Arenula per presentare i dati dell’Osservatorio per il monitoraggio degli effetti sull’economia delle riforme della giustizia.

 

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Si tratta di dati molto positivi per il governo, che considera la giustizia civile un fattore decisivo per la ripresa economica. Su Repubblica scrive Liana Milella:

Il Guardasigilli Andrea Orlando insiste sulla sua vera “ossessione”, invertire la tendenza della giustizia civile. Consegnare al passato quei famosi 5 milioni di processi pendenti che ogni anno, e per anni, sono stati il leit motiv delle statistiche sulla giustizia. Ecco perché, quando il vento cambia, il 12 agosto il ministro tiene apposta a Roma, nella sala verde di via Arenula, una conferenza stampa per lanciare i dati elaborati dall’Osservatorio per il monitoraggio degli effetti sull’economia delle riforme della giustizia, presieduto dall’ex Guardasigilli Paola Severino. Dati che giocano a favore di Orlando e dell’ambizione di cambiare la faccia della giustizia civile, se è vero che il 2015 si chiuderà con un 20% di cause in meno rispetto all’anno passato. Si passa da 4,9 milioni a 4 milioni. Un trend che riguarda anche le cause in tema di diritto famiglia, destinate a scendere del 30% entro il 2015.

Per quanto riguarda i vecchi fascioli, le cause del secolo scorso erano 80mila lo scorso anno. Ora sono 40mila. Orlando vuole convincere il Csm ad adottare il ‘progetto Strasburgo’:

Il Csm ha in mano il progetto dalla fine di gennaio, ma forse ha vissuto l’iniziativa del governo un po’ come un’invasione di campo che si risolve nell’appello ai tribunali a fare prima le cause più antiche sulle quali lo Stato italiano è anche costretto a pagare quasi mezzo miliardo di euro per risarcire i “casi lumaca”, come prevede la legge Pinto.
Orlando punta a cambiare radicalmente pelle al processo civile soprattutto con la riforma del codice di procedura. La legge delega, elaborata in 6 mesi dalla commissione Berruti, è già in commissione Giustizia alla Camera. Finite le audizioni, in settembre tocca agli emendamenti. Il governo potrebbe avere in mano il testo approvato per fine anno.

Sul fronte prettamente politico, intanto, la giustizia è il terreno sul quale il governo e l’opposizione berlusconiana potrebbero nei prossimi mesi trovare un’intesa. La maggioranza di governo, infatti, fatica a trovare sostegno adeguato sulla riforma costituzionale. Silvio Berlusconi potrebbe offrire appoggio al premier in cambio di un’intesa su nuove norme per le intercettazioni telefoniche, la separazione delle carriere dei magistrati, revisione del ricorso alla carcerazione preventiva e nuovi meccanismi per la formazione dei collegi giudicanti. Scrive Tommaso Labate sul Corriere della Sera:

La base di dialogo sulla giustizia, preparata da Forza Italia, viene inviata a un ristrettissimo gruppo di persone. E, tra gli azzurri, viene anche indicato un mediatore. È Paolo Romani, capogruppo in Senato, i cui modi (e anche toni) sono da sempre apprezzati anche dal fronte pd. Non ha solo innate doti da «moderato», Romani. Ha anche altre due «caratteristiche». La prima è che, insieme a Gianni Letta e a Fedele Confalonieri, il presidente dei senatori azzurri è da sempre un sostenitore dell’ala morbida nei confronti del governo. La seconda, ed è un dettaglio di poco conto, è che Romani sta trascorrendo le sue vacanze a Forte dei Marmi, in Versilia. E quindi ha la possibilità di incontrare Renzi e il gotha del renzismo (leggasi, Luca Lotti e Maria Elena Boschi) senza macinare troppi chilometri e senza dare nell’occhio.
La trattativa Renzi-Berlusconi sulla giustizia è davvero possibile? Tra gli elementi di difficoltà, oltre quelli «politici» (che però sono tutti in capo al Pd), c’è anche la resistenza dell’ala dura di Forza Italia (da Giovanni Toti a Daniela Santanché, passando per Debora Bergamini), che si oppone a qualsiasi dialogo col governo. Se qualcosa succede, mormorano tra i berlusconiani, «succede ad agosto». Berlusconi aspetta dalla Sardegna un segnale dal governo. Ed è convinto, come mai lo era stato prima, che Renzi — senza il soccorso forzista — non arriverà al 2018. Per questo ha messo in gioco una posta alta. Molto alta.

(Foto di copertina da archivio Ansa)

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