Unioni civili, in Parlamento la maggioranza c’è. Ma non è quella di governo

Maggioranza dei parlamentari a favore ma coalizione di governo divisa e titubante. La partita dell’approvazione di una legge sulle unioni civili sembra far emergere in queste settimane una sorta di corto circuito della politica italiana, con deputati e senatori ampiamente favorevoli numericamente al riconoscimento dei diritti delle coppie omosessuali e i partiti di centro e di centrosinistra, nello stesso tempo, disuniti nel condividere quella scelta. Si tratta di un’anomalia che torna d’attualità nel giorno in cui la Corte di Strasburgo condanna l’Italia per la violazione dei diritti di tre coppie gay.

 

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UNIONI CIVILI, INTESA TRASVERSALE –

La Corte dei diritti umani «ha considerato che la tutela legale attualmente disponibile in Italia per le coppie omosessuali non solo fallisce nel provvedere ai bisogni chiave di una coppia impegnata in una relazione stabile, ma non è nemmeno sufficientemente affidabile». Ebbene, a chiedere una tutela adeguata sono più della metà dei nostri parlamentari, perché ad una vasta parte della maggioranza che va dal Pd renziano agli ex Pdl di Ncd, si aggiungono anche la sinistra di Sel, il Movimento 5 Stelle, gli ex pentastellati e componenti minori del centrosinistra come autonomisti e socialisti. Per rendersi conto di quanto sia ampio il fronte dei favorevoli alle unioni civili basta consultare i dati della composizione del Parlamento, i disegni di legge per l’estensione dei diritti alle coppie omosessuali presentati a Montecitorio e Palazzo Madama, oppure le dichiarazioni di voto in Commissione al Senato sul testo unificato di cui è relatrice la senatrice Dem Monica Cirinnà.

UNIONI CIVILI, I NUMERI ALLA CAMERA E AL SENATO –

A favore del testo Cirinnà sulle unioni civili (assunto come testo base per la nuova legge) si sono espressi lo scorso 26 marzo in Commissione Giustizia a Palazzo Madama sia il gruppo Dem, che il Movimento 5 Stelle, rappresentanti del gruppo misto, come gli ex M5S di Movimento X, e le minoranze linguistiche. In Aula un simile consenso potrebbe tradursi in uno schieramento ben più consistente rispetto ai 161 seggi necessari per ottenere la maggioranza assoluta di 161 voti (il 50% più uno dei 321 senatori, 315 eletti e 6 senatori a vita). Il gruppo del Pd a Palazzo Madama è composto da 113 senatori. Quello del M5S da 36. Sono invece 6 gli autonomisti di Svp, Uv, Patt e Upt, 7 i vendoliani di Sel, 3 i senatori ex M5S di Movimento X, 2 quelli di Italia Lavori in Corso. Si arriva complessivamente a quota 167, senza considerare i 6 senatori a vita, e diversi iscritti al gruppo misto che potrebbero dare un loro contributo determinante: 8 ex pentastellati non iscritti a nessuna componente, l’ex montiano Benedetto Della Vedova, gli ex forzisti Sandro Bondi e Manuela Repetti, e Salvatore Margiotta, eletto nelle liste del Pd. I voti potenziali arrivano così a quota 185, 24 in più della soglia di maggioranza. Tutto sarebbe ancora più semplice alla Camera, dove la maggioranza assoluta si raggiunge con 316 voti e dove il Pd da solo può vantare 306 deputati. Ai Dem loro si aggiungerebbero senza dubbio anche i 25 deputati di Sel e i 91 del Movimento 5 Stelle, visto che vendoliani e grillini ad inizio legislatura, in maniera compatta, hanno presentato sia alla Camera che al Senato proposte di legge per l’introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso.

UNIONI CIVILI, I VETI DI AP E FI –

Dunque, dov’è l’ostacolo? A frenare sulle unioni civili è innnanzitutto l’opposizione di centrodestra, ma soprattutto la componente centrista della maggioranza di governo. In occasione del voto al testo Cirinnà il senatore Carlo Giovanardi, intervenendo a nome del gruppo di Area Popolare (Ncd e Udc), ha definito il testo base «assai lontano dalle previsioni costituzionali e dai principi elaborati dalla giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale», ed ha anche affermato che le nuove norme potrebbero «creare i presupposti per una sostanziale assimilazione tra le unioni civili ed il matrimonio e favorire, nei fatti, indegne forme di sfruttamento a danno delle donne dei Paesi poveri del mondo». Nel corso dell’ultima seduta, lo scorso 7 luglio, il senatore di Forza Italia Lucio Malan ha spiegato che le unioni civili sul modello Cirinnà potrebbero «favorire pratiche abusive e matrimoni di convenienza, finalizzati surrettiziamente a conseguire le provvidenze economiche collegate» al nuovo istituto. Ma perplessità vengono sollevate anche da chi nel centrosinistra milita da anni, come l’onorevole Bruno Tabacci che alcuni mesi fa (all’indomani del via libera al testo Cirinnà) a Giornalettismo ha parlato di «forzature che vanno corrette». Le prossime settimane ci diranno se la maggioranza di governo si piegherà ai veti che arrivano dall’interno. Il braccio di ferro è garantito.

(Foto di copertina: Ansa / Massimo Percossi)

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