Family Day, le voci dalla piazza: «Questa legge non ci rappresenta e non la vogliamo»

Family Day, le voci dalla piazza: “Questa legge non ci rappresenta e non la vogliamo”, ci dicono due giovani romani, una coppia, scesa in piazza “In difesa dei nostri figli”, come recita il claim della manifestazione: e veramente non c’è uno spazio libero a perdita d’occhio in Piazza San Giovanni in Laterano per la manifestazione indetta dal comitato “Difendiamo i nostri figli”. Secondo gli organizzatori, fra San Giovanni in Laterano, Santa Croce in Gerusalemme e l’Esquilino ci sono “un milione di partecipanti” giunti da tutta Italia.

FAMILY DAY. “IL DDL CIRINNA’ NON LO VOGLIAMO, NON CI RAPPRESENTA”

“È un’affluenza mostruosa per certi versi, la prima riunione del comitato si è tenuta il 2 giugno e sono solo due settimane che si organizza, qui c’è qualcosa di straordinario, di molto importante”, ci dirà Mario Adinolfi alla fine della manifestazione: “Ma d’altronde me lo immaginavo, sono mesi che giro l’Italia e sapevo che c’è un pezzo di paese che era pronto a svegliarsi”. A svegliarsi, e a manifestare, dice Adinolfi, la propria radicale contrarietà al Ddl firmato Monica Cirinnà, la parlamentare del Partito Democratico, in materia di regolamentazione di unioni civili anche omosessuali. Giovanni e Francesca sono una coppia romana e ci spiegano il senso del loro stare in piazza: “Io penso che le istituzioni devono rappresentare il popolo, e se il popolo non si sente rappresentato allora scende in piazza. Il punto è che c’è una parte di popolo che dice una cosa chiara: questa legge non ci rappresenta e non la vogliamo”, dice Giovanni. Aggiunge Francesca: “Non siamo in piazza contro qualcuno, ma per rivendicare la libertà e la possibilità di esprimere un giudizio. Io sono un’insegnante e non voglio che lo Stato mi dica cosa insegnare. Fra poco con questa leggi non ci sarà più la libertà di insegnamento”.

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“VOGLIAMO LE ADOZIONI GAY? NO!”

Entrambi assicurano di “non definirsi assolutamente omofobi” e di non appartenere a nessuna struttura “militante o di partito”. Mario Adinolfi, applauditissimo, dal palco conferma: “Qui non c’è neanche mezza bandiera di partito, un caso davvero unico in Italia”. Prima di lui, parla Alfredo Mantovano, ex magistrato e già parlamentare per Alleanza Nazionale e il Popolo della Libertà: “Già è arrivato il divorzio breve, e lasciare il marito o la moglie sarà più veloce che cambiare gestore telefonico. Dobbiamo dirlo chiaramente: le unioni civili equivalgono al matrimonio gay, perché una dichiarazione fatta alla presenza di due testimoni si chiama matrimonio; e la Corte Costituzionale dovendo rispettare il principio di uguaglianza sostanziale, non potrà che concedere le adozioni omosessuali. Vogliamo le adozioni ai Gay? Diciamolo chiaramente”. No! Urla la folla. Dopo di lui, dal palco, Mario Adinolfi ricorda la storia di Elton John, il cantante che ha adottato un figlio con la procedura dell’Utero in affitto.

family day roma palco

MARIO ADINOLFI: “L’UTERO IN AFFITTO E’ L’UOMO CHE SI FA DIO”

“L’utero in affitto mostra la questione del limite invalicabile della natura. L’uomo che si accetta, che accetta i propri limiti è davvero pienamente uomo, sennò è un essere che vuole farsi simile a Dio e arrivarci tramite il denaro”, dice Adinolfi, che racconta poi la storia del caso Elton John: con il compagno David Furnish stanno crescendo il figlio Zachary ottenuto tramite l’utero in affitto.

“E’ una storia straziante, la potete trovare dove volete. Dopo che il bambino è nato, passano alcuni giorni e i medici lo portano via dalle braccia della madre, dandolo ad Elton e al compagno, e il bambino si mette a piangere fra il visibile imbarazzo di tutti i presenti. E’ normale: il figlio di Elton John piange perché non ha una mamma! E se cercate, Elton John si è fatto spedire giornalmente tramite un accordo col FedEx, una compagnia di spedizioni, dosi di latte materno per il bimbo. Eccola, questa è l’ideologia gender e se passa il gender noi subiremo questa ideologia”, scandisce il direttore de La Croce.

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COSTANZA MIRIANO: “OGNI BAMBINO E’ UN DONO UNICO”

Costanza Miriano dal palco pronuncia un intervento accorato: “Non è nostro diritto privare i bambini di un padre maschio e di una madre femmina, perché questo non permetterebbe loro di trovare il loro posto nel mondo. I genitori possono sbagliare, e anche moltissimo, e si possono anzi si devono mettere in discussione, infine anche rifiutare, ma prima sono l’unica chiave che i bambini hanno per aprire le porte della realtà. Non possiamo privarli delle chiavi. Non possiamo derubarli.Per questo ci siamo alzati in piedi, perché la vita umana è minacciata, e ancora ci alzeremo in piedi ogni volta che un bambino viene visto solo come un mezzo per soddisfare un’emozione e grideremo che ogni bambino è un dono unico e irripetibile. Ma non è per noi, e i suoi diritti vengono prima”. Il tempo in piazza San Giovanni cambia rapidamente: spiccano i tanti, tantissimi giovani volontari provenienti dalle Parrocchie e dalle associazioni di tutto il paese che col fratino giallo effettuano il servizio d’ordine, e devono badare ad arginare la marea umana che sciama per un vero nubifragio, che interrompe l’attesissimo discorso di Kiko Arguello, il fondatore del movimento Neocatecumenale che interrompe il suo discorso con canti alla chitarra e che per cominciare, si fa portare una croce: “Senza non parlo”, dice. “Manifestazione bagnata, manifestazione fortunata”, sdrammatizzano dal palco e poi assicurano: “E’ solo l’inizio”.

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