La sindrome che ti rende un genio

Nuove teorie sottolineano il ruolo del disturbo di Asperger: Newton, Einstein, Michelangelo, Darwin e Mozart, geni egocentrici e autistici

Il collegamento fra genio e follia è una questione indubbiamente vecchia quanto il mondo: l’espressione, per quanto idiomatica, rischia di essere quantomai appropriata. Ci sono infatti recenti evidenze che rimettono sul tavolo della discussione il ruolo delle disfunzioni del comportamento come veicolo di innovazione e creatività: bisognerebbe addirittura tornare all’età della pietra. C’è un salto, uno scalino nell’evoluzione umana, che finora gli studiosi non sono riusciti a spiegare: e una nuova teoria sostiene il ruolo delle persone con disturbi del carattere, con sintomi di autismo e affetti da quella che oggi viene chiamata sindrome di Asperger.

IL CAMMINO DELL’UMANITA’ – Come ha fatto l’umanità ad evolversi? Come siamo passati da rudimentali utensili di pietra a raffinate macchine utili ad aiutare gli uomini a cacciare, a sopravvivere, a progredire? “I primi strumenti di pietra”, scrive il New Scientist commentando la teoria dell’archeologo di Cambridge Penny Spikins, “sono stati usati per centinaia di migliaia di anni, nei quali i nostri antenati si sono arrangiati con asce a mano, scalpelli e lance di fortuna. Poi, circa 100mila anni fa, c’è stata una rivoluzione tecnologica, con nuovi strumenti che appaiono, molto più sofisticati”. Parliamo di strumenti rivoluzionari come “aste da lancio, archi e frecce, arpioni per pescare, trappole e tranelli che hanno permesso ai cacciatori di distanziarsi dalle prede e cacciare animali più aggressivi”, ricorda il New Scientist; non solo, contemporaneamente a questa rivoluzione tecnologica, c’è una rivoluzione artistica; intorno a 35mila anni fa, i nostri antenati disegnano “stupendi animali praticamente vivi sulle pareti di roccia”. Come spiegare questo fenomeno? La teoria di Spikins si aggiunge alle tante già formulate, e passa appunto per il coinvolgimento dei disturbi autistici: in questi anni i primitivi ominidi riescono a valorizzare e non emarginare i soggetti “ad esempio schizofrenici”, o appunto “autistici”. “Ad un certo punto”, spiega Spikins, “i nostri antenati hanno sviluppato emozioni complesse come compassione, gratitudine e ammirazione. Il che ha aiutato ad accettare e tollerare le persone con mentalità diverse”. E a quel punto, “utilizzando le abilità uniche e gli attributi tipici di un modo di pensare diverso, i primi uomini sono diventati “più inventivi e adattabili, e alla fine hanno superato per abilità gli altri ominidi”. Insomma, per mandare avanti l’umanità, ci sarebbe voluto l’intervento degli emarginati sociali, i soggetti non capaci di relazioni sociali ordinarie ma più inclini ad invenzioni prodigiose: una rivincita sugli ominidi meno in grado di pensare un mondo nuovo che, smettendo di criticarli, hanno imparato ad accettarli e valorizzarli.

AUTISMO Una storia umana, comune forse: la rivincita dei secchioni. Ma mai una teoria scientifico-archeologica aveva ipotizzato un ruolo così decisivo nella storia dell’umanità per i paria della società, per gli ominidi affetti da quella che oggi si chiamerebbe sindrome di Asperger, o da altri disturbi ricompresi nella vasta galassia di disfunzioni, di anormalità (ammesso che il termine abbia un qualche significato) che vengono chiamate troppo genericamente “autismo” – termine che, come qualsiasi psicologo spiega, ormai vuol dire molto poco. “Non sto dicendo che qualcuno non autistico non sarebbe stato in grado di scoprire questa tecnologia, ma che l’innovazione arriva più probabilmente da qualcuno con un approccio sistematico, che ha quella singolare attenzione, quella precisione” tipica degli aspergeriani. La sindrome di Asperger è un disturbo del comportamento (definibile come autismo ad alta funzionalità) che caratterizza quei soggetti apparentemente incapaci di avere relazioni sociali empatiche, e focalizzati unicamente sull’analisi, sulla concentrazione, sulla teorizzazione, sullo studio e la comprensione di argomenti spesso tecnici e difficili. In questo senso gli affetti da Asperger sono autistici, nel senso che non riescono a stabilire un contatto con le persone che li circondano, rimanendo sostanzialmente confinate nel proprio spazio; sono egocentrici, non hanno relazioni durature, non riescono a comunicare perché parlano “verso le persone” e non “con esse”, spiega Wikipedia. Sembrano goffi, e sono particolarmente inclini a chiudersi con ossessività sugli argomenti che gli interessano, sui quali concentrano ogni energia; i cambiamenti li spaventano, non riescono a rapportarsi bene con le regole, sono abitudinari, hanno strani riti tutti particolari e tutti personali. Sono persone di questo tipo, secondo la nuova teoria, i geni discriminati che, divenuti protagonisti del loro tempo, hanno regalato all’umanità gli strumenti necessari ad incamminarsi verso un futuro migliore.

I FAMOSI AUTISTICI – Quali prove per questa teoria? Poche, ma incoraggianti: “Nuove scoperte nel campo della genetica stanno aiutando a potenziare l’idea di Spikins. Pare che alcuni geni associati con i disturbi mentali abbiano iniziato a proliferare proprio nel tempo in cui la società umana fioriva e abbiano conferito caratteristiche che gli altri ominidi potrebbero non aver avuto a disposizione”. Un ulteriore esempio sarebbe dato dallo sviluppo della religione, che ha innalzato l’animo degli ominidi: “E se i primi sciamani fossero semplicemente uomini con un disturbo bipolare?”, si chiede l’archeologa. Non che Penny Spikins sia la prima a collegare il disturbo mentale alla genialità e dunque al progresso: certamente la teoria per cui l’arrivo nel mondo dei “diversi” abbia consentito all’umanità di progredire è fortemente coraggiosa e innovativa. Ma il collegamento fra diversità e innovazione è dato prima di tutto dalla cronaca e dalla storia, insomma: è nei fatti. Moltissime personalità di grande intelligenza e di importanza storica, letteraria e artistica sono ricordati anche per essere state persone con difficoltà relazionali, di comportamento e con disturbi autistici. Il più noto genio evidentemente affetto da disturbi al limite dell’autismo è stato Albert Einstein. “Secondo i ricercatori”, diceva la Bbc nel 2003, “Einstein mostrava segni Asperger fin dalla giovane età. Da bambino, era solitario e spesso ripeteva frasi ossessivamente fino a sette anni di età, all’incirca. Era anche un lettore assolutamente confusionario; più tardi lo scienziato si fece amici intimi, ebbe numerose storie e parlò molto di politica. Nonostante questo, i ricercatori coordinati da Simon Baron-Cohen insistono sulla continuazione dei suoi sintomi di Asperger”. Allo stesso modo Isaac Newton: “Parlava a malapena, era così coinvolto dal suo lavoro che spesso si dimenticava di mangiare ed era insopportabile coi pochi amici che aveva. Se nessuno ascoltava le sue lezioni, le dava ad alta voce ad una stanza vuota. A 50 anni, ha avuto un esaurimento nervoso portato dalla depressione e dalla paranoia”.

TUTTI GLI ALTRI – Sono dunque persone inabili ad avere rapporti sociali occasionali, e che contano su poche e qualificate amicizie che si mantengono nel profondo; sono praticamente ossessionate dalla loro missione, il che li rende egocentrici e superbi nel loro genio. Nel 2004 lo psicologo irlandese Michael Fitzgerald pubblicò un libro in tema, chiamato “La genesi della Creatività artistica”, nel quale sosteneva che alcuni fra i maggiori geni della storia della letteratura e dell’arte fossero affetti da disturbi del comportamento. Hans Christian Andersen (novellista); Lewis Carrol (romanziere, autore di Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio); James Joyce, autore dell’Ulisse e di altri noti romanzi; George Orwell, notoriamente in difficoltà con le relazioni sociali, autore del notissimo “Nineteen-Eighty Four”, 1984. E ancora: Wolfang Amadeus Mozart e Ludwig Van Beethoven, compositori; Michelangelo, pittore rinascimentale, notoriamente egocentrico e irascibile.

Egocentrico, ipersensibile, privo di buonsenso, caratterizzato da atteggiamenti inopportuni specie nei contesti sociali (a questo proposito viene fatta notare la freddezza dimostrata durante i funerali del fratello). (…) Le persone colpite da questa forma di autismo avrebbero «la tendenza ad essere pedanti, a coltivare interessi assai circoscritti, a sentirsi spesso incompresi e infelici, a manifestare spiccati istinti suicidi».

Ancora, Charles Darwin, aspergeriano: “La sindrome gli diede la capacità di una persistenza maggiore, l’abilità di vedere dettagli che agli altri sfuggivano, l’energia senza fine per dedicare la sua vita ad un obiettivo preciso, e l’indipendenza della sua mente così vitale per creare qualcosa di originale”, spiegava ancora il dottor Fitzgerald. Spinoza sarebbe stato autistico, così Kant e Wittgenstein; Warhol e Vincent Van Gogh, incapaci di relazionarsi serenamente con le persone ma in grado di percepire ogni gesto, ogni piccolo movimento e di riuscire a spingere l’umanità un passo più avanti. Che Stanley Kubrick fosse aspergeriano lo pensano i suoi fan, che rintracciano nella sua intera filmografia le tracce del suo autismo. Nella sua follia criminale, anche Adolf Hitler mostra segni di questa sindrome comportamentale: disfunzioni relazionali e soprattutto sessuali hanno contribuito a portarlo dove è arrivato. Insomma, sono le persone con una mente diversa a portare avanti il mondo: anche se la loro condizione comprende una difficile interazione sociale. “Penso che parte della ragione per cui l’Homo Sapiens ha avuto questo successo”, continua la dottoressa Silpkins, “è perché è stato in grado di valorizzare e coinvolgere persone con menti diverse nella società – persone autistiche o schizofreniche, per esempio”. Non sono strani, né matti: forse, sono profeti di un mondo diverso, di un mondo futuro.

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