Cosa c’è nella mente di un pedofilo

Psichiatri e scienziati rivelano nuovi dettagli su quella che considerano una malattia mentale

La pedofilia è un argomento delicato, doloroso, difficile da trattare, spesso purtroppo grande protagonista degli avvenimenti di cronaca. Ma cosa sappiamo veramente dei pedofili? Conosciamo i meccanismi attraverso i quali giustificano i propri crimini e cosa accade esattamente nel loro cervello? Nuovi studi di psichiatri e scienziati da tutto il mondo, riportati dal Daily Beast, ci rivelano questi ed altri dettagli sulla malattia mentale che suscita orrore.

VISIONE MEDICA – La pedofilia, almeno a livello medico, viene considerata una malattia mentale che diventa un crimine solo quando il malato entra in azione. Questa la visione prettamente statunitense, mentre in Italia l’idea sembra maggiormente dibattuta tra aspetti medici e legali: un esempio è la sentenza della Cassazione Penale del 2003 secondo la quale “la pedofilia non è una malattia mentale e non attenua capacità di intendere e volere”. Secondo recenti studi di esperti statunitensi, la chiave per prevenire e curare il disturbo potrebbe risiedere nei dettagli clinici. Anche tra psichiatri a livello mondiale, la visione sull’aspetto medico della pedofilia muta molto: alcuni ricercatori la definiscono come una dipendenza, altri come un orientamento sessuale, altri ancora invece si affidano a scansioni del cervello per trovarvi i segni della pedofilia.

UNA DEFINIZIONE – Tutti sembrano concordare però su un’unica definizione. La pedofilia è un criterio che definisce il desiderio erotico rivolto interamente o parzialmente a bambini prepubescenti, tipicamente minori di 13 anni. La ragione è ancora da stabilire, ma esistono molti più uomini pedofili che donne; secondo alcune stime, il 94% degli abusi sessuali su bambini è perpetrato da uomini. Lo studio della malattia negli USA è complicato dal fatto che, negli Stati Uniti, le leggi del 1990 richiedono a terapisti e medici di segnalare ai servizi di protezione dei minori chiunque possa costituire una minaccia per il bambino. La legge vince sul rapporto medico-paziente e, seppur sia un ottimo sistema di prevenzione, scoraggia i pedofili dal rivolgersi agli psichiatri per chiedere aiuto. A causa di ciò, la maggior parte degli studi è stata condotta su persone che hanno commesso crimini e sono – o sono state – in prigione. Questi costituiscono poco più del 5% dei casi che potrebbero invece essere studiati.

UNO STUDIO – Fred Berlin, psichiatra e direttore dell’unità sul comportamento sessuale alla Johns Hopkins, è uno dei migliori ricercatori conosciuti e rispettati del paese sulla pedofilia. Berlin ritiene che l’istintiva condanna morale non abbia nulla a che fare con gli studi: “Non sappiamo perché proviamo determinati desideri sessuali. Per tanto tempo, abbiamo considerato tutto ciò dal punto di vista morale – si presuppone che le persone abbiano determinati desideri – e certe volte la società ha deciso che le persone che provano desideri o pulsioni differenti non sono moralmente degne. Non è colpa di nessuno se si soffre di una certa condizione, ma è responsabilità dell’individuo fare qualcosa. Se qualcuno mi dice che soffre di pedofilia, è come se qualcuno dicesse che io sono eterosessuale. Questo dettaglio non suggerisce se sono introverso o estroverso, se sono una persona crudele, se sono intelligente o stupido”.

CASI DIVERSI – Berlina ha studiato diverse tipologie di pedofili: “Ci sono pazienti che soffrono di pedofilia, ma vivono una negazione in modo simile ad un alcolista che nega di avere un problema con l’alcol. Ce ne sono altri che ritengono che la società debba cambiare, ma sono la minoranza. Ce ne sono altri che cercano disperatamente aiuto per assicurarsi che sia tutto sotto controllo e molti sono sollevati sapendo che esiste un farmaco che li potrebbe aiutare”. Il farmaco abbassa i livelli di testosterone per smorzare il livello di desiderio sessuale. Allo stesso tempo, molti psichiatri somministrano anche antidepressivi e psicoterapia con metodi cognitivo-comportamentali per correggere la visione distorta dei pazienti. Una di questi psichiatri che applica terapie cognitivo-comportamentali sui pedofili è Judith Becker: spesso chiede ai pazienti di ricordare quanti anni avevano quando hanno iniziato a considerare atti sessuali con bambini. Per molti è una rivelazione: riscoprono che si rivedono nella stessa identica età della vittima. È come se, secondo la Becker, fossero rimasti ad una fase precedente del proprio sviluppo.

REGRESSIONE – I pedofili spesso passano mesi ad insinuarsi nella vita della vittima, giocando con loro, offrendo loro giocattoli e regali ed entrando nell’universo del bambino in modo tale che questi non riconosca l’abuso. Il pedofilo non cerca nel bambino solo la gratificazione sessuale momentanea, ma cerca soddisfazione anche nel legame stabilito e molti pedofili si identificano fortemente con le proprie vittime. La terapia mira a riavvicinare il pedofilo agli adulti, ricreando normali competenze sociali di cui spesso sono sprovvisti. Becker sottolinea anche che molti pedofili non operano con fredda chiarezza circa la moralità di ciò che fanno, ma creano “distorsioni cognitive”, assolvendo se stessi dalla colpa e dalla responsabilità. Per esempio, spesso si giustificano dicendo che “Il bambino non ha detto no quando ho iniziato”, o “qualcuno lo ha fatto a me quando ero un bambino e ho pensato che fosse normale”, oppure “amo veramente il bambino. ”

NORMALITA’ APPARENTE – Mark Deantonio, psichiatra presso l’UCLA, riporta che amici e vicini di pedofili sottolineano sempre che l’aguzzino sembrava “una persona normale” di cui nessuno avrebbe mai sospettato. La fissazione erotica per i bambini pre-pubere è “una zona di orribile devianza per qualcuno che potrebbe altrimenti condurre un’esistenza normale. I desideri sessuali di queste persone sono come “compartimenti stagni””. Idee che non sembrano concordare con i risultati delle ricerche di James Cantor, professore associato nel dipartimento di psichiatria presso l’Università di Toronto, che è uno dei pochi ricercatori al mondo che studiano la pedofilia dal punto di vista biologico, alla ricerca di differenze fisiche e cerebrali che distinguono i pedofili dai non-pedofili.

CARATTERISTICHE DEL PEDOFILO – Cantor ha scoperto che, in media, i pedofili hanno un quoziente intellettivo che è di 10 punti inferiore alla media della popolazione, sono 2.5 centimetri più bassi della media e sono per la maggior parte mancini o ambidestri. I mancini sono più numerosi anche nei casi di autismo e schizofrenia, due condizioni psichiatriche con “chiare basi biologiche”. Utilizzando la scansione del cervello, ha scoperto significative differenze nella materia bianca tra pedofili e non pedofili, ovvero nella sostanza che collega una regione del cervello ad un altra. Nel gruppo di pedofili analizzati, Cantor ha scoperto un deficit di connessione dovuto alla materia bianca nelle regioni del cervello. Quando non c’è abbastanza materia bianca, la rete cerebrale che identifica oggetti potenzialmente sessuali non funziona a dovere.

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