La grande truffa della benzina

Ecco perché il carburante costa così tanto (e come farlo costare meno)

Attimi di panico per le strade: i carburanti oggi hanno sfondato la soglia psicologica dell’1,7 euro al litro (dati Quotidiano Energia, uno dei più autorevoli e completi media del settore), arrivando a costare in alcune zone piuttosto scomode per la rete di distribuzione (Ischia, per esempio) anche 1,8 euro. E’ il primo effetto della cura di Mario Monti: il decreto Salva Italia è già perfettamente operativo e l’aumento delle accise è già una realtà. Il governo, per fare cassa, ha scelto la strada più facile, quella già praticata da praticamente tutti gli esecutivi in passato: alzare il prezzo della benzina (anzi, per la precisione, alzare il prelievo fiscale sui carburanti, il che, come vedremo, è più che sufficiente), un bene insostituibile per la vita dei cittadini e necessario ad ognuno di noi per mandare avanti la sua esistenza quotidiana. Un metodo sicuro per avere tanti soldini in più nelle casse dello stato in breve tempo.

IL PREZZO DELLA BENZINA – Ma perché la benzina costa così tanto? E’ soltanto una questione di tasse? Ci avventuriamo nel campo minato delle tariffe dei carburanti, un mondo a suo modo misterioso che, sì, è massimamente influenzato dall’intervento statale: tuttavia, non solo. Di certo un minimo aumento nel prelievo fiscale statale, le cosiddette accise, fa impennare il prezzo dei carburanti: ma non è solo la tassa da pagare a fare il prezzo della benzina che paghiamo al distributore. O quantomeno, non è solo da quel lato che si potrebbe agire per far costare di meno la benzina e, quel che è più importante, lasciare sostanzialmente invariato il gettito per lo stato. In giro per la rete la questione del prezzo della benzina è ampiamente analizzata e dettagliatamente spiegata: soprattutto, ci si imbatte in una campagna degli esercenti delle pompe di benzina che sembrerebbe in pieno Monti-style e che, però, per adesso il governo ammette di aver accantonato. Forse, come per l’esenzione dell’Ici agli immobili della Chiesa Cattolica, non si è neanche posto il problema. Partiamo però dalla situazione attuale: di cosa è composto il prezzo della benzina al distributore? Prendiamo i dati dal sito della campagna Libera la Benzina, di cui parleremo fra un secondo.

Diverso (ed è importante farlo notare) il quadro per il gasolio.

La situazione analizzata in questi grafici è di maggio, e dunque va aggiornata: in che modo? Ovviamente, con l’aumento del comparto tasse, che come si vede costituiscono più del 50% del prezzo di un litro di carburante alla pompa. Quando chiediamo un rifornimento di 10 euro, quasi 5 se ne vanno in tasse statali. Ovviamente si tratta di una decisione politica da parte dell’amministrazione centrale, che decide di quanto alzare o abbassare il prelievo sul carburante. Le tasse che gravano sul carburante sono due: per prima l’accisa, appunto, che colpisce una certa percentuale per unità di misura venduta: si tratta di un prelievo discrezionale che, per certi versi, ha dell’inspiegabile, se si pensa che – come dice Wikipedia che cita dati di Quotidiano Energia – sulla benzina comprata oggi al distributore si pagano accise risalenti ai primi anni del 1900:

1,90 lire per la guerra di Abissinia del 1935 (0,001 euro); 14 lire per la crisi di Suez del 1956 (0,007 euro); 10 lire per il disastro del Vajont del 1963 (0,005 euro); 10 lire per l’alluvione di Firenze del 1966 (0,005 euro); 10 lire per il terremoto del Belice del 1968 (0,005 euro); 99 lire per il terremoto del Friuli del 1976 (0,051 euro); 75 lire per il terremoto dell’Irpinia del 1980 (0,039 euro); 205 lire per la missione in Libano del 1983 (0,106 euro); 22 lire per la missione in Bosnia del 1996 (0,011 euro); 0,020 euro (39 lire) per rinnovo contratto autoferrotranvieri 2004; 0,005 euro per l’acquisto di autobus ecologici nel 2005; 0,0071 a 0,0055 euro per il finanziamento alla cultura nel 2011; 0,040 euro per far fronte all’emergenza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011 0,0089 euro per far fronte all’Alluvione che ha colpito la Liguria e la Toscana nel novembre 2011

Su questo importo bisogna aggiungere l’Iva, che è calcolata sul valore totale del bene venduto: per cui, applicando l’aumento dell’accisa, e successivamente calcolando l’importo Iva, si capisce che ad ogni aumento del prelievo secco sul carburante l’aumento del tributo è doppio, uno assoluto, l’altro percentuale.

TASSE E ALTRE AMENITA’ – L’aumento voluto dalla manovra Monti, riassunto dalla Stampa, è “rispettivamente di 8,2 e 11,2 centesimi al litro” per benzina e gasolio. Come dicevamo “c’è poi da applicare all’accisa, l’Iva al 21% per completare il calcolo e ottenere l’aumento dei prezzi alla pompa: 9,9 centesimi in più per la verde e 13,6 per il gasolio”, il che determina un riequilibrio nella situazione di partenza, con il gasolio sensibilmente meno tassato della benzina in nome di quella che i gestori chiamano “gasolizzazione” forzata del paese – ovvero, l’incentivo a passare al diesel. Vi sono, però, altre voci nel prezzo della benzina. La seconda per ordine di importanza è un importo fisso, la quotazione dell’indice Platt’s.

Si tratta di uno studio predisposto da J. Carrie, direttore economico della Total, per conto delle cinque compagnie petrolifere europee collegate in vario modo agli Stati di appartenenza (oltre a Total, Elf, Eni, Petrofina e Veba) allo scopo di raccogliere una serie di elementi di giudizio per valutare la reale validità e il peso di quella piazza sull’insieme dei mercati nazionali e internazionali.

L’indice Platt’s è sostanzialmente un indice di riferimento, un rating internazionale che predispone il prezzo di mercato base dei carburanti. Si tratta di un indice, va detto, molto criticato dagli esercenti, che lo giudicano “arbitrario”, “convenzionale” e in linea di massima inaffidabile, ma continuamente applicato in mancanza di altre soluzioni. Platt’s è dunque un’agenzia che valuta quanto debbano costare i carburanti sulla base di criteri differenziati per regione e per carburante: tutto è puntualmente dettagliato nell‘analisi metodologica facilmente rinvenibile sul sito ufficiale. Come tutti i rater, la sua affidabilità la prima delle sue risorse. Le parole degli esercenti sindacalizzati riguardo l’agenzia sono piuttosto nette, in verità, come dicevamo.

[E’ definito]“del tutto spropositato” il rilievo assunto a partire dagli anni ’80 dalle rilevazioni del Platts nelle transazioni dei prodotti petroliferi e “assolutamente limitata e discutibile” la loro significatività e trasparenza. “Ma tant’è” in mancanza d’altro e di meglio esse continuano ad essere indicate più per convenzione che per convincimento come l’espressione del mercato dei prodotti petroliferi”

Ancora recentemente l’ex ministro dello sviluppo economico Paolo Romani definiva il Platt’s come “una delle questioni aperte” da discutere riguardo il prezzo del petrolio; il problema principale è che, mancando una vera e propria borsa valori dei carburanti, il prezzo deciso dalla Platt’s non sarebbe in nessun modo dipendente dalle fluttuazioni del mercato.

Appare evidente come il valore Platt’s sia del tutto soggettivo e soprattutto puramente virtuale. Cosa che finisce per mettere seriamente in discussione la credibilità di ogni tipo di analisi che viene effettuata sui prezzi dei carburanti; comprese quelle che si cimentano sull’annosa questione della “doppia velocità” di adeguamento dei prezzi alla pompa. In buona sostanza, il valore Platt’s non è il risultato delle contrattazioni ufficiali di una Borsa, né delle dinamiche trasparenti di un mercato all’ingrosso.

E siamo arrivati così al vero problema che, secondo i gestori, complica la vita – e i portafogli – di tutti i noi.

LE POMPE BIANCHE – Come funziona un gestore di benzina? Ce lo siamo mai chiesto? Poniamo che uno di noi voglia aprire una pompa: difficilmente dispone di un terreno in posizione favorevole per iniziare l’attività in questione, né ha i capitali per comprare da solo tutte le attrezzature. Perciò, si rivolge ad uno dei grandi gestori del flusso petrolifero – Eni, piuttosto che Total, Q8, Shell, Ip, eccetera – con cui stringe un contratto di esclusiva: solo da quel gestore la pompa si rifornirà. E, naturalmente, il gestore nei confronti di quella pompa potrà praticare il prezzo che lei vuole (che vediamo, segnalato nel grafico, come valore medio fra i vari grandi della benzina), essendosi obbligato ad acquistare solo da essa. Quale è il punto? Il punto è che non è assolutamente vero che questo sia l’unico modo per aprire una pompa di benzina, visto che esistono in tutt’Italia almeno 1500 “pompe bianche”, ovvero attività di distribuzione che non dipendono da contratti di esclusiva, e che praticano prezzi sensibilmente più bassi rispetto a quelli dei distributori dei grandi gestori. La domanda – anzi, le domande – sono d’obbligo.

Come fanno le pompe bianche a praticare prezzi tanto più bassi degli impianti tradizionali? E, soprattutto, di conseguenza, se c’è un modo di avere prezzi più bassi, al momento, solo su pochi distributori, perché non estenderlo a tutta la rete, a beneficio di tutti i consumatori?

Il prezzo in queste pompe è così basso perché sono enti che stanno sul mercato, e le grandi compagnie petrolifere hanno tutto l’interesse a praticare prezzi bassi nei loro confronti per accaparrarsi il contratto: così, sul mercato libero – grazie alla liberalizzazione delle vendite del 2008 – il gestore pratica prezzi concorrenziali, scaricando l’aumento sulla pompa in esclusiva.

I distributori organizzati intorno alla campagna “Libera la Benzina” da cui abbiamo tratto tutti i grafici di questo articolo fanno notare come la pompa bianca abbia margine per realizzare un ulteriore sconto rispetto al prezzo a cui acquista e conservare comunque un margine di guadagno superiore rispetto alle pompe del circuito in monopolio. Secondo i dati le pompe bianche rappresenterebbero il 10% del mercato totale ed esistono molti siti che le indicizzano e, in questi tempi di crisi, le rendono facilmente raggiungibili ai cittadini.

UNA LEGGE LIBERALE – La campagna Libera la Benzina ha depositato in questa legislatura un disegno di legge che punterebbe a risolvere proprio questi problemi, aprendo il mercato del carburante completamente al mercato libero, attraverso l’abolizione dell’obbligo di esclusiva, per arrivare ad un modello simile al mercato dell’energia per le abitazioni, recentemente riformato: un acquirente unico, una contrattazione di mercato, un ente di sorveglianza indipendente. Sono 6 i passi che le pompe sindacalizzate dalla Cisl propongono per risolvere il problema dei carburanti.

Mutuare da altri settori energetici (es. elettricità) alcuni correttivi normativi proficuamente introdotti con lo scopo di adottare una configurazione regolatoria del mercato più competitiva e concorrenziale, e cioè: a)costituire un mercato all’ingrosso dei carburanti per autotrazione, definito da un Gestore del Mercato secondo principi di neutralità e trasparenza, che pubblicizzi listini settimanali(…) b)separare nettamente l’ambito del mercato nel quale si muovono i produttori/fornitori da quello della distribuzione finale; c)affidare ad un Acquirente Unico il compito di ottenere le migliori condizioni di mercato per l’approvvigionamento dei distributori al dettaglio.

Inoltre:

Rimuovere il vincolo di fornitura in esclusiva finora imposto alle decine di migliaia di imprese dei gestori che attualmente costituiscono oltre il 90% della rete distributiva

Ulteriori misure di flessibilità potrebbero aiutare, come l’apertura della “contrattazione aziendale”, l’obbligo di esporre solamente “i prezzi effettivamente praticati”, mettendo i consumatori al riparo da sconti truffaldini; infine “esprimere i prezzi dei carburanti in centesimi con una sola cifra oltre la virgola (es. €cent.149,3 anziché €.1,493) per ottenere una migliore capacità di percezione”. Secondo la Fegica Cisl che promuove la campagna, “per effetto dei provvedimenti posti all’attenzione del Parlamento, il prezzo dei carburanti si abbasserebbe mediamente di 6 centesimi al litro -il doppio del cosiddetto “stacco Italia” verso l’Europa- con un risparmio di circa 415 euro all’anno medi per famiglia, tra costi diretti e indiretti”. Il disegno di legge in questione (che Assopetroli, divisione di Confindustria che raggruppa i grandi gestori di carburante, definisce peraltro “incostituzionale” e “devastante per il mercato e per le pompe bianche”) era stato depositato in Parlamento ed ha fatto alcuni passi avanti prima di arenarsi su un binario morto: l’azione che il provvedimento creerebbe somiglia davvero molto a quanto il Mario Monti commissario Europeo promosse ai danni di Microsoft, accusato di abuso di posizione dominante; per questo non deve stupire che il professore della Bocconi si era trovato inizialmente d’accordo con la promozione di una misura del genere, liberalizzatrice e anti-monopolistica: un primo passo in questo senso era apparso nella bozza di manovra circolata giorni fa. Poi, è sparita: il ministro Passera, interrogato sul tema ieri a Porta a Porta, ha detto che il tema è “importante”, ma che ancora una volta non si è fatto in tempo ad inserirlo nelle misure approvate.

Il Ministro dello sviluppo economico , Corrado Passera, ha risposto – precisando di non voler scusarsi – che il tema della liberalizzazione della rete dei carburanti e’ ”talmente importante che ci torneremo di sicuro”, e ha aggiunto ”non tutti i dossier potevano essere realizzati perchè c’era un accumulo della legge sulla concorrenza che fortunatamente l’Antitrust e Catricalà avevano accumulato. Abbiamo fatto tutto in una settimana”. Ha poi concluso il Ministro Passera, ” Il tema sui carburanti è stato considerato ma non abbiamo potuto strutturarlo e approfondirlo sufficentemente un po per conto della strutturalità degli impianti in comodato e quindi non si poteva chiedere delle cose impossibili, però su questo ci torniamo sicuro.

Curioso, visto che si sarebbe trattato di una misura a costo zero e impatto immediato. Evidentemente, non si sono posti il problema.

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