Jobs Act, da oggi è in vigore il contratto a tutele crescenti

Jobs Act, il contratto a tutele crescenti è entrato da oggi in vigore. Da sabato 7 marzo, un anno dopo la presentazione in Consiglio dei ministri, i primi decreti attuativi della riforma del lavoro diventano effettivi con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Oltre al nuovo contratto, entrano in vigore anche il superamento dell’articolo 18 e il riordino degli ammortizzatori sociali.

Giulliano Poletti. LaPresse / Roberto Monaldo
Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. Photocredit: LaPresse / Roberto Monaldo

JOBS ACT, ADDIO ALL’ARTICOLO 18

Da oggi, come spiega il quotidiano “La Repubblica“, chi verrà assunto (anche passando da un’azienda a un’altra, ndr) non avrà diritto alle tutele dell’articolo 18, che resterà, invece, per tutti gli altri:

«Sull’effettiva efficacia della riforma il governo Renzi si gioca molta della sua credibilità. Il premier ha promesso il rilancio dell’occupazione e a cascata dei consumi, incassando i pareri positivi dell’Unione europea e le promesse di assunzione da parte delle grandi imprese. Renzi, però, si muove lungo un crinale pericoloso: il contratto a tutele crescenti cancella il diritto al reintegro in caso di licenziamento per motivi economici, anche quando sono illegittimi. Per i sindacati il rischio di licenziamenti a catena è dietro l’angolo, ma per il governo il paracadute dei sussidi alla disoccupazione estesi a tutti è più che sufficiente. Tutti gli imprenditori in queste ore premettono che “la scelta di assumere o licenziare dipende innanzitutto dal mercato e dalle commesse. Nessuno aumenta l’organico perché c’è una nuova legge”, ma le aziende di grandi dimensioni hanno già annunciato che intendono approfittare della nuova legge. A fine 2014 era stata Telecom a fare da apripista: “Con il Jobs Act assumeremo quattromila persone in due anni”, aveva detto l’ad della società, Marco Patuano. Pietro Salini, ceo di Salini-Impregilo, ha parlato di “2.500 assunzioni in Italia nei prossimi 12 mesi”. E Sergio Marchionne, al Salone di Detroit, aveva annunciato “1.000 nuove assunzioni a Melfi».

Come spiega il quotidiano diretto da Ezio Mauro, anche il mondo della piccola e medio impresa mostra ottimismo:

«Se io so che non sono vincolato a tenere a vita i miei dipendenti in azienda, posso rischiare anche un investimento che nella condizione precedente avrei giudicato imprudente ” dice Marco Gay, presidente dei giovani di Confindustria. Anche perché come segnala uno studio della Uil del dicembre scorso, conterà soprattutto quello che i giuristi chiamano il “combinato disposto “, tra l’abolizione dei contributi a carico delle imprese per i primi tre anni di assunzione e l’abolizione dell’articolo 18 sostituito con gli indennizzi previsti dal contratto a tutele crescenti. La simulazione dalla Uil spiega che gli sgravi fiscali previsti dalla legge di stabilità sono molto superiori agli indennizzi che le aziende sono obbligate a pagare in caso di licenziamento di un dipendente assunto con il contratto a tutele crescenti. Un vantaggio per le aziende che, nel caso di licenziamento senza giusta causa dopo tre anni, varia da 5 a 14 mila euro a seconda dell’inquadramento».

Secondo i dati forniti dalla Cgia di Mestre in tre mesi potrebbero arrivare circa «8mila nuove assunzioni». C’è poi anche la nuova Aspi. Questa durerà due anni e alla scadenza si potrà chiedere una proroga al sostegno.

«Non potrà superare i 1.300 euro al mese e verrà ridotta del 3% al mese dopo i primi quattro. Per quest’anno viene introdotta anche l’Asdi, l’assegno di disoccupazione che verrà riconosciuto a chi, scaduta la Naspi, non ha trovato impiego e si trovi in condizioni di particolare necessità. La durata dell’assegno, che sarà pari al 75% dell’indennità Naspi, è di 6 mesi e verrà erogato fino ad esaurimento dei 300 milioni del fondo specificamente costituito», si legge.

Per quanto riguarda il riordino delle tipologie contrattuali, è stato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti a precisare che per il contratto a tempo determinato resterà il limite attuale di 36 mesi: esclusa la riduzione a due anni (nonostante le pressioni della sinistra del Pd), allo stesso modo come non sarà prevista la diminuzione del numero possibile di proroghe (cinque).

Per i vecchi contratti di collaborazione co.co.pro, invece, dal 2016, scatteranno una serie di controlli per quelli già in essere: «Nei casi previsti dalla legge diventeranno lavoratori dipendenti (il governo Renzi intende per lavoro dipendente quello ripetitivo all’interno di un’azienda coordinato direttamente dal committente, chiarisce “La Repubblica”, ndr) La nostra scommessa è che l’assunzione a tempo indeterminato diventi la regola», ha rivendicato il ministro.

Nuovi controlli saranno previsti sulle false partite Iva, mentre restano in vigore le collaborazioni regolamentate da accordi collettivi, all’interno, però, della nuova normativa.

JOBS ACT, LE NUOVE NORME

Previsto con il Jobs Act anche il contratto di ricollocazione. Ovvero, un voucher da 7mila euro con quale ci si rivolge all’agenzia per trovare un nuovo posto di lavoro.  Sull’apprendistato, invece, diminuisce il costo della formazione a carico delle aziende del 10%. Aumenta anche la flessibilità sul part-time: «In caso di grave patologia, in aggiunta a quelle oncologiche già previste, si potrà trasformare il lavoro a tempo pieno in lavoro a tempo parziale. Lo stesso sarà possibile anche per i periodi di maternità o congedo parentale», ha precisato Poletti. Previsto ancora il contratto a chiamata se il tempo parziale avrà una maggior decontribuzione fiscale.

Su maternità e congedo parentale, infine, due saranno le novità previste dal decreto, spiega “La Repubblica”:

«Viene esteso dai tre ai sei anni del bambino il diritto ad usufruire del congedo parentale retribuito al 30%, mentre i permessi non pagati potranno essere richiesti fino ai 12 anni (oggi la norma prevede un limite a otto anni). In questo contesto vengono equiparati figli adottivi a quelli naturali. Sarà inoltre possibile optare per il part-time al posto del congedo di maternità»

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